CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 16683 depositata il 9 agosto 2016
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI (RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972) – IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO (I.V.A.) – BASE IMPONIBILE – CORRISPETTIVI – LOCAZIONE D’IMMOBILE DA PARTE DELL’IMPRENDITORE EDILE – ATTO RICOMPRESO NELL’ATTIVITA’ D’IMPRESA – LIMITI
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza n. 165/21/09 del 13.7.2009 con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia, accogliendo l’appello dell’imprenditore edile C.G., ha riformato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Enna (parzialmente favorevole al contribuente) ed ha dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento emesso a titolo di Irpef, Irap ed Iva per l’anno di imposta 2003, nel quale l’amministrazione aveva contestato, tra l’altro, come ricavi le rimanenze finali di immobili ultimati e non venduti, ma locati a terzi, in quanto ritenuti estranei all’esercizio dell’impresa.
I giudici d’appello hanno affermato: 1) che l’attività di un’impresa di costruzioni, normalmente diretta alla vendita degli immobili, non esclude la possibilità della loro locazione; 2) che in tal caso non si versa nelle ipotesi di autoconsumo secondo le ipotesi previste dall’art. 2, p.to 5, D.P.R. n. 633/72; 3) che la locazione di immobili da parte di un’impresa edile non comporta automaticamente e necessariamente la destinazione del bene a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, potendo essere invece destinata a conseguire utili da impiegare nell’esercizio dell’impresa medesima; 4) che nel caso in esame gli immobili locati sono strumentali per natura, non essendo suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, risultano iscritti nell’inventario e quindi, per il combinato disposto degli artt. 43 e 65, D.P.R. n. 633/72, sono beni appartenenti all’impresa e non destinati all’autoconsumo.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2, numero 5, D.P.R. 633/1972, in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.».
2. Osserva l’amministrazione ricorrente che – a fronte della contestazione dell’Ufficio per cui «la locazione dei fabbricati ultimati e non venduti dalla Ditta di costruzione e vendita immobili di sua titolarità rientrava tra le finalità estranee all’esercizio dell’impresa, con conseguente assoggettabilità ad IVA, ai sensi dell’art. 2, numero 5 del d.P.R. 633/1972» – la C.T.R. avrebbe «statuito apoditticamente che l’appartenenza degli immobili locati all’impresa sia fattore idoneo e sufficiente a escludere che la locazione avesse finalità estranee all’esercizio dell’impresa», così però errando, «in quanto la soggezione o meno della locazione all’imposta deve essere affermata in base a una concreta valutazione – cui la CTR si è sottratta – delle peculiarità del singolo contratto, con particolare riferimento alla durata del rapporto di locazione e alla destinazione dei ricavi».
3. Il motivo merita accoglimento.
4. Per consolidato orientamento di questa Corte, infatti, “ricadono nella nozione di attività propria dell’impresa ai fini della riduzione percentuale dell’ammontare detraibile dell’IVA, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 26.10.1972 n. 633 per effetto del compimento di operazioni “attive” esenti, non solo gli atti che tipicamente esprimano raggiungimento del fine produttivo dell’impresa individuale o collettiva, come definito nel negozio costitutivo, ma anche gli ulteriori atti che configurino strumento normale per il conseguimento di quel fine secondo parametri di regolarità causale, o siano comunque ad esso legati da un nesso di carattere funzionale non meramente occasionale. Ne consegue che la locazione di un fabbricato o di una sua porzione da parte dell’imprenditore che lo ha realizzato e che si prefigga l’obiettivo di venderlo devesi qualificare, ai fini previsti dalla norma citata, atto compreso nell’attività d’impresa, se rimane sul piano della gestione conservativa durante un periodo di stasi del mercato”, ovvero in attesa del momento più proficuo per la vendita, ivi compresa “l’opzione della temporanea devoluzione del godimento del bene a terzi, dietro corrispettivo, in relazione a valutazioni imprenditoriali sui tempi prevedibili per l’alienazione e sui vantaggi dell’una e dell’altra alternativa” (Cass., sez. V, nn. 6194/01, 9762/03, 11073/06; cfr. Cass. sez. V, nn. 912/06, 6574/08, 5970/14; conf., da ultimo, Cass. sez. V, n. 4613/16).
5. I giudici d’appello non si sono attenuti ai suddetti principi, essendosi limitati ad esprimere sostanzialmente un giudizio di compatibilità – in astratto – tra la locazione di immobili e l’esercizio di un’impresa edile, trascurando la necessaria valutazione – in concreto – delle caratteristiche della locazione posta in essere, per verificare se si tratti di operazione effettivamente riconducibile alla specifica attività d’impresa.
6. In conclusione, la sentenza va cassata e la causa va rimessa al giudice d’appello che, in diversa composizione, provvederà a verificare le peculiarità della fattispecie concreta, alla luce del principio di diritto sopra richiamato, nonché a regolare le spese processuali del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
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