CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 17329 depositata il 25 agosto 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PROCEDURA DI MOBILITA’ – SPECIFICITA’ DELL’INDICAZIONE DELLE MODALITA’ DI APPLICAZIONE DEL CRITERIO DI SCELTA
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Roma, pronunciandosi sull’opposizione della S. s.p.a., confermava l’ordinanza ex art. 1, co.49, L.n. 9212, dello stesso Tribunale con la quale, in accoglimento del ricorso di C.R., era stata dichiarata l’illegittimità del licenziamento intimato alla stesso in data 11.11.13, all’esito di procedura di mobilità ed era stata disposta la reintegrazione del ricorrente e la condanna della società al pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento a quella della reintegra.
Avverso tale decisione la S. s.p.a. proponeva reclamo affidandolo a plurime censure; si costituiva il C. eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnazione per violazione dell’art. 342 c.p.c. e l’inammissibilità della nuova produzione documentale, nel merito contestando la fondatezza del reclamo di cui chiedeva il rigetto.
Con sentenza depositata il 1° aprile 2015, la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento del reclamo ed in riforma della sentenza impugnata, dichiarava risolto il rapporto di lavoro alla data del 12.11.13, condannando la E. s.p.a. (incorporante la S. s.p.a.), al pagamento dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva di €.73.530,04, pari a 20 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori dalla maturazione del credito al saldo; condannava il C. a restituire alla società reclamante il maggior importo percepito in base alla sentenza impugnata, oltre interessi legali dal pagamento.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la E. s.p.a., affidato a tre motivi.
Resiste il C. con controricorso.
Motivi della decisione
1. -Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c.; 1, commi 48-51, della L.n. 9212; 414 c.p.c.; 1, comma 59, L. n. 9212.
Lamenta che il lavoratore, a sostegno della sua domanda, aveva posto esclusivamente: a) la violazione dell’art. 4, commi 2 e 3, della L. n. 22391, e b) la violazione dei criteri dì scelta di cui all’art. 5 legge citata; non vi era dunque alcun riferimento alla inesistenza della comunicazione di cui all’art. 4, comma 9, secondo periodo, L. n. 22391, e cioè alle comunicazioni conclusive della procedura, invocando il lavoratore, soltanto nelle conclusioni del ricorso, la violazione delle procedure richiamate all’art. 4, comma 12, L. n. 22391.
Evidenzia che alla fine della fase (a cognizione) sommaria, l’ordinanza del Tribunale non prese correttamente in esame tale profilo; che solo nel corso del giudizio di opposizione, in sede di note difensive autorizzate (ai sensi del comma 57) il C. sollevò la questione della omissione della comunicazione dì cui all’art. 4, comma 9, L. n. 22391, cui la società si oppose. Lamenta che la sentenza impugnata decise irritualmente proprio sulla dedotta mancanza della comunicazione ex art. 4, comma 9, L. n. 22391.
2. – Con secondo, connesso, motivo la società lamenta che la domanda accolta dalla Corte di merito venne oggettivamente presentata per la prima volta in sede di note autorizzate in sede di opposizione.
3. – Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1, commi 48-51, della L. n. 9212 e dell’art. 414 c.p.c. che, a differenza dell’art. 125 c.p.c. (richiamato per la fase cd. sommaria), impone la chiara indicazione delle questioni in fatto ed in diritto su cui la domanda si fonda. Lamenta che nella fase di opposizione non possono introdursi questioni giuridiche nuove rispetto a quelle prospettate con il ricorso introduttivo della fase sommaria.
4. – Con il quarto motivo la società denuncia la violazione dell’art. 1, comma 59, della L. n. 9212, lamentando che pur erroneamente ritenuta proponibile la questione dell’avvenuta comunicazione ex art. 4, comma 9, L. n. 22391, il giudice dell’opposizione non ritenne necessaria la documentazione al riguardo esibita dalla società, mentre la Corte di merito stralciò tale documentazione ritenendola tardiva, giungendo a fondare la decisione sull’inesistenza della comunicazione (di cui all’art. 4, comma 9, L. n. 22391) che pure aveva visionato. Evidenzia che l’art. 1, comma 59, pur stabilendo che nella fase di reclamo non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, fa salva l’ammissione, anche d’ufficio, dei documenti indispensabili ai fini della decisione, evidenziando che solo a seguito delle note difensive autorizzate dal giudice dell’opposizione (per l’udienza del 4.12.04), la società non aveva alcuna contezza di contestazioni in ordine all’avvenuta comunicazione ex art. 4, comma 9, sicché la relativa documentazione avrebbe dovuto essere ammessa ed esaminata dalla corte territoriale.
5. L’intero ricorso è inammissibile, per le seguenti, assorbenti, considerazioni.
La sentenza impugnata ha infatti fondato la sua decisione, oltre che sulla mancata rituale prova della comunicazione in questione (ex art. 4, comma 9, L. n. 22391), anche sulla incompletezza comunque di detta comunicazione, e della stessa comunicazione ex art. 4, comma 2, L. n. 22391, in particolare (ex art. 4, comma 3) quanto alla indicazione delle modalità di applicazione del criteri di scelta dei lavoratori licenziandi, nonché della platea dei lavoratori all’interno dei quali procedere a tale scelta (pagg. 4 e 5 sentenza impugnata), concludendo che “pertanto si deve escludere che la detta comunicazione contenesse elementi sufficienti ai fini dell’individuazione delle posizioni o profili professionali in esubero, non bastando di certo la mera indicazione di impiegati amministrativi, che erano almeno 11 nello stabilimento di Roma cui era adibito il ricorrente” (pagg.5-6 sentenza impugnata).
Deve allora considerarsi che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza, Cass. n. 3386 del 11/02/2011, Cass. sez. un, n. 7931 del 29/03/2013, Cass. n. 4293 del 04/03/2016.
6. – Il ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile.
7. – Per completezza espositiva può aggiungersi che, come già osservato da questa Corte con sentenza n. 2504615, nel rito di cui all’art. 1, commi 48 e segg., della L. n. 92 del 2012, l’eccezione di decadenza dall’impugnativa del licenziamento (e lo stesso vale per altre eccezioni teoricamente idonee a paralizzare la domanda avversaria introducendo nel giudizio un nuovo e (diverso thema decidendum -quale, nella specie, l’eccezione inerente la mancata comunicazione ex art. 4, comma 9, L. n. 22391, in materia di licenziamento collettivo) può essere proposta per la prima volta nella fase di opposizione, che non ha natura impugnatoria ma si pone in rapporto di prosecuzione, nel medesimo grado di giudizio, con la fase sommaria, tanto che il ricorso che la introduce deve contenere gli elementi indicati dall’art. 414 c.p.c., ossia quelli idonei a delimitare il tema della decisione nel giudizio di cognizione ordinaria. Ne consegue che, nel rispetto dei principio esposto, se tale eccezione può essere proposta in sede di opposizione ex art. 1, comma 51, L. n. 9212 attraverso il ricorso avente i requisiti, certamente non più modificabili giusta la disciplina di tale atto, di cui all’art. 414 c.p.c., essa non possa più proporsi successivamente (nella specie solo in sede di note difensive autorizzate ex art. 1, comma 57, da depositarsi sino a dieci giorni prima dell’udienza fissata per la decisione dell’opposizione), introducendo un nuovo thema decidendum e modificando in sostanza l’oggetto del giudizio.
8. – Tali considerazioni non possono modificare il giudizio di inammissibilità del presente ricorso per la decisività delle considerazioni svolte ai punti 5 e 6.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 1152, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228 deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.100,00 per esborsi, €.5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e c.p.a.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 1152, nel testo risultante dalla L 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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