CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 17829 depositata il 9 settembre 2016
CREDITO D’IMPOSTA – RICHIESTA DI RIMBORSO – CREDITO ESPOSTO NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI
Ritenuto in fatto
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata dichiarata l’illegittimità del rigetto parziale della richiesta di rimborso di un credito d’imposta (pari a circa £. 913.398.000) esposto nella dichiarazione dei redditi dell’anno 1991 dalla (…) s.p.a., credito del quale si era resa cessionaria la (…) s.p.a.
In particolare, l’Ufficio, in data 27 novembre 2004, aveva emesso, in favore della cessionaria, un avviso di pagamento di €. 341.333,34 (pari a £. 660.913.506), senza motivare in ordine al mancato rimborso dell’importo residuo, di €. 130.397,35 (pari a £. 252.484.477).
Il giudice d’appello ha ritenuto illegittimo il comportamento dell’Ufficio, che si era limitato a ridurre l’importo del credito risultante dalla dichiarazione (per carente documentazione delle ritenute subite sugli interessi attivi bancari) senza effettuare alcuna comunicazione né richiesta di documenti alla contribuente: e ciò in violazione sia degli artt. 36 bis e 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973, sia dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
2. La (…) s.p.a. resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1.1. Con l’unico motivo, l’Agenzia ricorrente denuncia la violazione degli artt. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, 13 e 16 del d.lgs. n. 241 del 1997, 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 e 1 del d.lgs. n. 32 del 2001.
Formula il quesito se, in caso di disconoscimento di un credito di imposta esposto nella dichiarazione ai fini IRPEG 1991, “all’esito della liquidazione formale della suddetta dichiarazione, l’ufficio sia tenuto a comunicare al contribuente il risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione – ai sensi del terzo comma dell’art. 36 bis DPR 600/73, come modificato dall’art. 13 L. 241/1997 – pur trattandosi di dichiarazione presentata prima del 1° gennaio 1999 e non dopo, a mente dell’art. 16 L. 241/97”; e se tale obbligo “possa scaturire dalla previsione degli art. 6, comma 5, L. 212/2000 e 1, comma I, lett. a) e b), DLGS 32/2001, entrati in vigore successivamente alla liquidazione della dichiarazione”.
1.2. Il motivo è infondato, in quanto deve ritenersi sussistente la violazione del citato art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), il quale prevede che «prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta», aggiungendo, per quanto qui rileva, che «la disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minore rimborso di imposta rispetto a quello richiesto». E’ infine disposto che «sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma».
Al riguardo, non è condivisibile il principio affermato da Cass. n. 25002 del 2009, secondo cui la norma, di natura procedimentale, non ha efficacia retroattiva e quindi non può trovare applicazione con riferimento all’attività accertativa dell’amministrazione finanziaria relativa a precedenti anni d’imposta: proprio, infatti, la natura procedimentale, e precettiva, della disposizione la rende – non retroattivamente, ma – immediatamente applicabile anche in relazione a rapporti già insorti (in assenza di disciplina transitoria), risultando, pertanto, irrilevante l’anno di imposta cui il procedimento si riferisce.
Ne consegue che, nella fattispecie, poiché, da un lato, il rimborso parziale del credito a seguito dell’attività di liquidazione – e, quindi, il rigetto della richiesta per la parte non rimborsata (da uh., Cass. n. 8195 del 2015) – è stato effettuato nel 2004, e, dall’altro, non è contestalo che si trattasse di un aspetto rilevante della dichiarazione, il provvedimento deve ritenersi affetto da nullità per l’omesso invito alla contribuente a produrre la documentazione mancante.
2. Il ricorso va, in conclusione, rigettato.
3. La peculiarità della fattispecie induce a disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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