CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 17967 depositata il 13 settembre 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – NON CONFERMA IN RUOLO – DISPENSA DAL SEVIZIO – MANCATO SUPERAMENTO DELLA PROVA – DIRIGENTE SCOLASTICO
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in data 29.1.2015 la Corte di Appello di Salerno in accoglimento del reclamo proposto dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza, pronunziata ex art. 1 c. 57 della legge 92 del 2012, del Tribunale di Salerno, ha respinto la domanda proposta da F.D.P. volta alla disapplicazione del provvedimento in data 24.7.2012 con il quale il Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo “C.B.” di Cogliate aveva disposto la non conferma in ruolo e la conseguente dispensa dal sevizio per mancato superamento della prova.
2. La Corte territoriale ha ritenuto che:
3. ai sensi dell’art. 14 del DPR 275/1999 e dell’art. 25 del D. Lgs 165/2001, era stato attribuito ai Dirigenti Scolastici il potere di adottare i provvedimenti inerenti alla gestione delle risorse e del personale, tra i quali dovevano ricomprendersi quelli direttamente incidenti sui rapporti di lavoro instaurati con i dipendenti.
4. Ha richiamato i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 9129/2008 in punto di abrogazione tacita, per effetto dell’art. 15 delle disposizioni della legge in generale, degli artt. 439 e sgg. del D. Lgs 297/1994 e della inesistenza di ulteriori specifiche disposizioni derogatorie.
5. Avverso detta sentenza la D.P. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.
Motivi della decisione
6. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 3 c.p.c., violazione degli artt. 437, 439 e 449 del D. Lgs 297/1994 e, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., omessa o insufficiente motivazione
7. Sostiene che, vertendosi in materia di dispensa dal servizio per mancato superamento della prova, la competenza ad adottare l’impugnato provvedimento spetterebbe all’Ufficio Scolastico Provinciale, previo parere del Consiglio Scolastico Provinciale, ai sensi dell’artt. 439 del D. Lgs 297/1994, deducendo che questa norma è stata abrogata dal DPR 275/1999.
8. Il ricorso è inammissibile nella parte in cui denuncia omessa e insufficiente motivazione in quanto la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile “ratione temporis perché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 29.1.2015) dispone che è deducibile esclusivamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, fatto che nel ricorso non viene indicato.
9. Le SSUU di questa Corte nelle decisioni n. 8053 e n. 8054 del 2014 hanno affermato che la nuova disposizione, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, vizi non rinvenibili nella sentenza impugnata.
10. Il ricorso è infondato nella parte in cui denuncia violazione degli artt. 437, 439 e 440 del D.Lgs. 297/1994.
11. L’art. 21 c. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nell’ambito della delega conferita al Governo volta al conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa, aveva previsto la progressiva attribuzione alle istituzioni scolastiche delle funzioni dell’Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementi comuni all’intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, rinviando a disposizioni regolamentari l’attuazione di questa disposizione.
12. A questa disposizione ha dato attuazione l’art. 14 del D.P.R. 275/1999 che, per quanto oggi, rileva ha previsto che “A decorrere dal 1 settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di competenza del l’amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all’amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base all’articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all’amministrazione centrale e periferica”.
13. L’esclusione prevista dall’art. 15 del citato DPR 275/1999 riguarda le funzioni in materia di personale o correlate ad ambiti territoriali più ampi della singola istituzione ovvero richiedenti particolari garanzie a tutela della libertà di insegnamento (formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica; reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato; mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del personale eccedente l’organico funzionale di istituto; autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un contingente nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo; riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto nell’articolo 14 comma).
14. L’art. 15 al comma 2 ha disposto espressamente che “Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario”.
15. Il D.Lgs. n. 165 del 2001 all’art. art. 25, comma 4, (con disposizione sostanzialmente sovrapponibile all’ art. 25-bis del d.lgs n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del d.lgs n.59 del 1998 ed all’ art. 25-ter del d.lgs n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del d.lgs n. 59 del 1998) prevede che, nell’ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale.
16. Le funzioni attribuite al Dirigente Scolastico sono, dunque, quelle di cui al D.P.R. n. 275 del 1999, art. 14, escluse quelle “…riservate, in base all’art. 15, o ad altre specifiche disposizioni, all’amministrazione centrale o periferica”.
17. Tra le competenze già di competenza dell’Amministrazione Statale attribuite alle istituzioni scolastiche deve ritenersi ricompresa anche la dispensa dal servizio per esito sfavorevole della prova (già prevista dall’art. 59 del DPR 417 del 1974), oggi disciplinata dall’art. 439 del D.Lgs 297/1994 e in origine attribuita alla competenza del Provveditore agli Studi, al pari della decadenza e della dispensa dal servizio prevista dall’art. 513 comma 3 del D. Lgs. 297/1994.
18. Se è vero che l’art. 17 del D.P.R. n. 275 del 1999, nell’esercizio della delega di cui all’art. 21 c. 12 della L. 59/1997, ha effettuato la ricognizione delle disposizioni legge abrogate e che tra queste non figura l’art. 439 del D. lgs 297/1994, tanto non consente di escludere l’abrogazione dell’art. 439 e sgg, del D.Lgs. 297/1994, quanto alla individuazione dell’organo competente.
19. In continuità con il condivisibile orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 9129/2008, deve, infatti, ritenersi che la locuzione “… o ad altre specifiche disposizioni”, di cui al all’art. 14 del D.P.R. n. 275 del 1999, debba essere letta in relazione all’art. 15, nel senso cioè di altre disposizioni normative che, al pari dell’anzidetto art. 15, specificamente escludano l’attribuzione alle amministrazioni scolastiche – in materia (per quanto qui rileva) di stato giuridico dei personale – di determinate funzioni già di competenza dell’amministrazione centrale e periferica, e non, come mostra di ritenere la ricorrente, nel senso di qualsivoglia precedente disposizione attributiva di determinate funzioni all’amministrazione centrale e periferica. A tanto conduce l’interpretazione letterale della norma, dovendo essere le funzioni previste da altre specifiche disposizioni esse pure “riservate” e, come tali, escluse dalla generale attribuzione alle istituzioni scolastiche. Ma alle stesse conclusioni si perviene anche attraverso una interpretazione sistematica.
Deve infatti considerarsi che le funzioni e i poteri delle amministrazioni centrale e periferica erano state necessariamente attribuite loro in forza di disposizioni di carattere normativo, cosicché, ove si seguisse l’opzione ermeneutica prospettata in ricorso, pressoché la totalità di tali funzioni finirebbe per essere esclusa, in palese contrasto con la generale previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, dall’attribuzione alle amministrazioni scolastiche e, al contempo, la stessa ricognizione delle “competenze escluse” di cui all’art. 15, verrebbe ad essere sostanzialmente pleonastica.
20. Come è già stato osservato nella decisione sopra richiamata, non può, d’altra parte, ritenersi privo di significato il fatto che l’art. 15, al comma 2, abbia previsto che “Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario”, escludendosi con ciò dalle attribuzioni delle istituzioni scolastiche taluni provvedimenti (quali la destituzione) rientranti fra quelli di gestione del personale e implicanti la risoluzione del rapporto di lavoro, ma non i provvedimenti, parimenti determinanti la cessazione del rapporto (collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, accettazione delle dimissioni, decadenza, dispensa dal servizio); sicché la mancata contemplazione di questi ultimi fra quelli rientranti tra le “competenze escluse” costituisce indiretta conferma della loro ricomprensione fra le attribuzioni delle istituzioni scolastiche.
21. La circostanza che l’art. 17 del D.P.R. n. 275 del 1999 non ha ricompreso l’art. 439 del D.Lgs. n. 297 del 1994, fra le norme abrogate, non può ritenersi decisiva.
22. Da un lato perché il predetto art. 17, pur avendo natura ricognitiva (giusta la previsione della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 21, comma 13), non ha valenza esaustiva, stante l’espressa previsione ivi contenuta secondo cui “Resta salva la facoltà di emanare, entro il 1 settembre 2000 regolamenti che individuino eventuali ulteriori disposizioni incompatibili con le norme del presente regolamento”.
Dall’altro, e soprattutto, perché la ricognizione effettuata con il regolamento delegato non impedisce il verificarsi dell’abrogazione tacita per effetto del disposto di cui all’art. 15, delle disposizioni sulla legge in generale, cosicché le previsioni dell’art. 439 D.Lgs. n. 297 del 1994, concernendo funzioni non espressamente escluse dalle attribuzioni delle amministrazioni scolastiche, devono ritenerci abrogate per incompatibilità con la generale disposizione di cui al combinato disposto del D.P.R. n. 275 del 1999, art. 14, e D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 bis, comma 4, aggiunto dal D.Lgs. n. 59 del 1998, art. 1, ed oggi dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, comma 4.
23. Deve, in conclusione, ritenersi che la risoluzione del rapporto per mancato superamento del periodo di prova, compendiandosi in un atto gestionale del rapporto di lavoro (Cass. 16224/2013) rientra nella competenza del dirigente scolastico al quale, come sopra evidenziato, l’art. 25 del D. Lgs 165/2001 attribuisce l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale.
24. Le deduzioni relative alla carenza di motivazione del provvedimento risolutivo del rapporto di lavoro sono inammissibili.
25. Questa Corte ha costantemente affermato (ex multis, Cass. 6542/2004, 23675/2013), che, qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità della censura per novità della questione, ha l’onere non solo di allegare la sua avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
26. Nella fattispecie la ricorrente non ha specificato se ed in quale atto processuale la questione della carenza di motivazione del provvedimento risolutivo del rapporto, non esaminata dalla Corte territoriale, sia stata prospettata nei giudizi di merito.
27. Il ricorso, sulla scorta delle considerazioni svolte, deve essere rigettato.
28. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.
29. Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, spese liquidate in complessivi € 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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