CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 17970 depositata il 13 settembre 2016

LAVORO – LAVORO AUTONOMO – PREVIDENZA ED ASSISTENZA – RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI – PENSIONE – RILIQUIDAZIONE – REQUISITO DELLA CANCELLAZIONE DALL’ALBO PROFESSIONALE

Svolgimento del processo

1. Con ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Roma, F. E., titolare di pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per i Ragionieri ed i Periti commerciali (CNPR) con decorrenza dal 10.07.03, ritenendo di aver maturato il diritto a pensione antecedentemente, avendo presentato la domanda il 12.06.02, chiedeva che la Cassa fosse condannata, in applicazione del criterio del pro rata previsto dall’art. 3, c. 12, della l. 8.08.95, a riliquidare il trattamento pensionistico secondo le modalità anteriori alla delibera adottata dal Comitato dei delegati della Cassa il 22.06.02. Costituitasi in giudizio, CNPR contestava che il diritto a pensione fosse maturato il 12.06.02, essendo all’epoca richiesto anche il requisito della cancellazione dall’albo professionale, e negava l’applicabilità del principio del pro rata.

2. Accolta la domanda e proposto appello dalla Cassa, la Corte d’appello di Roma con sentenza del 18.10.10 accoglieva l’impugnazione. Riteneva la Corte che la pensione non poteva ritenersi maturata alla data in cui era stata presentata la domanda e che il pro rata invocato dall’assicurato non era applicabile al caso di specie.

3. F. ricorre per cassazione, la Cassa risponde con controricorso e ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

4. I motivi del ricorso principale possono essere sintetizzati come segue.

4.1. Con il primo motivo l’assicurato sostiene che, in forza del regolamento transitorio della Cassa (art. 1), a decorrere dal 7.06.03 la mancata cancellazione dall’albo non preclude l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità, dato che la prestazione non è incompatibile con lo svolgimento dell’attività professionale. Era stata, inoltre, la stessa Cassa con una comunicazione inviata all’istante, ad affermare che la mancata cancellazione non acquistava rilievo ai fini della prestazione. L’omessa considerazione, da parte sia della Cassa che del giudice, di tali circostanze aveva causato l’equivoco di spostare la decorrenza della prestazione al 10.07.03.

4.2. Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 3, c. 12, della l. 8.08.95 n. 335, come modificato dall’art. 1, c. 763, della I. 27.12.06 n. 296, contestandosi la tesi esposta dalla CNRP, secondo cui la riscrittura dell’art. 3, c. 12, nel legittimare la riforma radicale del sistema pensionistico mediante la generalizzazione del metodo contributivo in alternativa a quello retributivo, aveva consentito la riforma in peius dello stesso sistema con effetto retroattivo, consentendo di aggredire anche le anzianità già maturate alla data delle delibere con cui gli organi della Cassa avevano adottato gli adeguamenti regolamentari imposti dalla legge.

5. In via incidentale la Cassa di Previdenza richiede di affermare che la disposizione dell’art. 1, c. 763, della legge n. 296 del 2006, nel fare salva l’applicazione dei regolamenti approvati dai Ministeri vigilanti fino al 31.12.06, determina la salvezza della disciplina indicata dalla delibera 22.06.02, anche nel caso che si voglia ritenere che essa fosse stata adottata dall’Istituto eccedendo dall’autonomia conferita dal legislatore alle gestioni previdenziali.

6. Anticipando per ragioni di consequenzialità logica la trattazione del secondo motivo del ricorso principale, deve rilevarsi che la Corte d’appello, a proposito dell’applicazione dell’art. 3, c. 12, della I. 335 del 1995, ha fatto riferimento ad una sentenza della Corte di cassazione (25.06.07 n. 14701) che riteneva inapplicabile al sistema di calcolo della pensione il principio del prò rata. Tale impostazione, del tutto isolata, è stata superata dalla giurisprudenza successiva, che si è attestata sui temi oggi sollevati dalle parti ed è pervenuta ai seguenti principi, enunziati dalle Sezioni unite con le sentenze 8.09.15 e 16.09.15 n. 18136 a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto nell’ambito della Sezione ordinaria.

A) Nel regime dettato dalla I. 8.08.95 n. 335, art. 1, c. 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportare dalla I. 27.12.06 n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 1, c. 763, alla disposizione dell’art. 3, c. 12 della legge di riforma, e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 1° gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del prò rata – il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex d.lgs. 30.06.94 n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.12.03), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera – per il calcolo della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006 – il principio del prò rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione.

B) Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 1° gennaio 2007 trova applicazione il medesimo art. 3, comma 12, della I. n. 335 del 1995, ma nella formulazione introdotta dal citato L. n. 296 del 2006, art. 1, c. 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del prò rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla I. 27.12.13 n. 147, art. 1, c. 488 (disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 1° gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.11.03)”.

Avuto riferimento a tali principi, considerato che per il ricorrente il trattamento pensionistico è maturato in data antecedente al 1°.01.07, il motivo deve ritenersi fondato. L’accoglimento di tale mezzo di impugnazione comporta l’assorbimento del motivo di ricorso incidentale.

7. Con la memoria presentata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la Cassa di Previdenza -inquadrando la questione nel contesto appena delineato – chiede alla Corte di cassazione di dare interpretazione all’art. 53, c. 4, del regolamento di esecuzione del 2004 (testo introdotto dalle delibere 7.06.03 e 20.12.03), nella parte in cui prevede che la quota retributiva delle pensioni di anzianità, così come fissata dal precedente art. 50, sia ridotta mediante l’applicazione del coefficiente di neutralizzazione fissato in relazione all’età compiuta dall’assicurato. Tale richiesta riprende un passo del ricorso per cassazione, inserito nella trattazione del terzo motivo di impugnazione, ove è compiutamente descritta la dinamica dell’applicazione del coefficiente in questione (capo n. 46), La questione, tuttavia, non è stata oggetto di trattazione nella sentenza di appello e nello stesso ricorso per cassazione non è posta a base dell’impugnazione, costituendo il riferimento all’art. 50 del regolamento ivi contenuto un mero passaggio dell’esposizione della complessa normativa applicabile al trattamento pensionistico applicabile agli iscritti alla CNRP.

Al riguardo deve rilevarsi che nel giudizio civile di legittimità le memorie di cui all’art. 378 c.p.c. sono destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, ma non possono integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state prospettate o sviluppate con l’atto introduttivo, né possono dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, in quanto ne risulterebbe violato il diritto di difesa della controparte (S.u. 15.05.06 n. 11097 e, a sez. semplice, 28.08.07 n. 18195). Ne consegue che con la memoria è stata dedotta una questione nuova, inammissibilmente proposta ed estranea al presente giudizio di legittimità.

8. Con il primo motivo di ricorso, fino ad ora accantonato, parte ricorrente chiede fissarsi la data di decorrenza della richiesta prestazione, che a suo avviso dovrebbe essere fissata dal 12.06.02 (rectius 1.07.02), essendo irrilevante ai fini del godimento della pensione di anzianità la circostanza della mancata cancellazione dall’albo professionale.

Al riguardo deve rilevarsi che la l. 30.12.91 n. 414, avente ad oggetto la riforma della Cassa di Previdenza ora in causa, all’art. 3, nel regolamentare la pensione di anzianità, testualmente afferma che “la corresponsione della pensione di anzianità è subordinata alla cancellazione dall’albo professionale ed è incompatibile con l’iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente o associato”. Tale disposizione era testualmente ripresa dall’art. 50 del Regolamento di esecuzione della Cassa approvato nel 1997 ed in vigore fino al 30.06.03, prima delle modifiche apportate dalla delibera del Comitato dei delegati del 7.06.03.

Alla data in cui il rag. F. presentò la domanda di pensione (12.06.02), il requisito della cancellazione dall’albo era dunque ancora operante e l’assicurato non godeva dei requisiti previsti dalla legge e dal Regolamento all’epoca vigente per l’attribuzione della pensione di anzianità. Correttamente, pertanto, la pensione fu concessa con decorrenza 1.07.03, quando, ferma restando l’originaria domanda, grazie alla disciplina introdotta dalla delibera 7.06.03 l’erogazione del trattamento in questione divenne compatibile con la iscrizione nell’albo professionale.

Il primo motivo e, dunque, infondato.

9. In conclusione, rigettato il primo motivo di ricorso, accolto il secondo ed assorbito il ricorso incidentale, deve essere cassata la sentenza impugnata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà a nuovo esame facendo applicazione del principio di diritto superiormente indicato sub 6.A, procedendo altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.