CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18090 depositata il 14 settembre 2016
FALLIMENTO – CONCORDATO PREVENTIVO – ANNULLAMENTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO – INTERPRETAZIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTT. 186 E 138 L.FALL. – RIFERIMENTO AGLI ATTI DI FRODE DI CUI ALL’ART. 173 L.FALL. – AMMISSIBILITÀ – FONDAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 6-20/3/2015, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento del reclamo di C. s.r.l. in liquidazione, ha revocato il decreto di annullamento del concordato preventivo depositato dal Tribunale di Napoli il 10/11/2014 e la sentenza di fallimento del (OMISSIS), ed ha compensato le spese tra le parti.
La Corte di merito, nello specifico e per quanto ancora rileva, ha ritenuto la mancanza dei presupposti per la pronuncia di annullamento del concordato, possibile, ex art. 138 l.f., richiamato dall’art. 186 l.f., solo ed esclusivamente nelle ipotesi di dolosa esagerazione del passivo, ovvero di sottrazione o dissimulazione dell’attivo, ma non nel caso della dolosa sottoesposizione del passivo o di esposizione di attivo inesistente; ha rilevato che, nel caso, il sequestro penale dell’immobile sociale del 7/1/2014, all’interno di un procedimento per l’uso di fatture per operazioni inesistenti con la conseguente evasione di imposte, a fronte dell’omologazione del concordato col decreto del 30/10/2013, si palesava come un atto successivo, e comunque non rientrante nella tipologia di atto della parte; che nessun occultamento di poste attive era riscontrabile nei comportamenti che avevano dato causa al sequestro; che la dichiarazione di credito iva inesistente non dava causa ad occultamento dell’attivo o ad esagerazione dello stesso, cosi’ come l’avere nascosto i comportamenti evidenziati nei verbali di constatazione della Guardia di Finanza, relativi alla emissione ed all’uso di fatture per operazioni inesistenti, avvenuti negli anni dal 2009 al 2012.
Secondo la Corte d’appello, inoltre, mancava la prova del requisito soggettivo del dolo, ne’ era riscontrabile la dolosa sottrazione di parte rilevante dell’attivo, costituita dal “credito risarcitorio della societa’ nei confronti dei propri amministratori per i danni derivati dagli illeciti oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate”, trattandosi di credito subordinato all’esito delle vicende giudiziarie in corso, instaurate dopo l’omologazione del concordato, e comunque di una posta neutra, essendo il credito risarcitorio verso gli amministratori pari all’ammontare delle ulteriori passivita’.
Ricorre il Fallimento C. s.r.l. in liquidazione, sulla base di un unico motivo di ricorso.
Si difende con controricorso la societa’.
La controricorrente ha depositato, fuori termine, memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Con l’unico motivo di ricorso, il Fallimento si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 186 e 138 l.f..
Secondo il Fallimento, e’ erronea l’affermazione della Corte d’appello che il provvedimento di sequestro, nell’ambito del procedimento per l’uso di fatture per operazioni inesistenti e conseguente evasione di imposte, non potesse integrare la fattispecie di dolosa sottrazione o dissimulazione dell’attivo, ed a riguardo obietta che, alla data di presentazione della domanda di concordato, detto provvedimento era assolutamente prevedibile. Quanto ai comportamenti che hanno determinato il sequestro, gli stessi non sono stati dichiarati, cosi’ dolosamente orientandosi il consenso dei creditori e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti o ha sottratto attivo, se c’e’ stato il pagamento, o, in caso contrario, ha dolosamente esagerato il passivo.
Secondo la parte, vi sarebbe stato occultamento dell’attivo, in relazione al credito risarcitorio nei confronti dei propri amministratori e il dolo e’ in re ipsa, avuto riguardo all’entita’ delle risorse sottratte.
In linea generale, infine, il ricorrente prospetta che l’azione di annullamento del concordato si pone come una proiezione post omologazione della revoca dell’ammissione ex art. 173 l.f., da cui la possibilita’ di fare ricorso all’annullamento ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall’art. 138 l.f..
2.1.- Il motivo va accolto, per le ragioni di seguito esposte.
L’art. 186 l.f., nel prevedere la risoluzione e l’annullamento del concordato preventivo, all’ultimo comma dispone: “Si applicano le disposizioni degli artt. 137 e 138, in quanto compatibili, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale”.
L’art. 138 l.f., che disciplina l’annullamento del concordato fallimentare, al comma 1 dispone: “Il concordato omologato puo’ essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che e’ stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Non e’ ammessa alcuna altra azione di nullita’. Si procede a norma dell’art. 137”.
La Corte del merito, nella sentenza impugnata, ha ritenuto di revocare il decreto di annullamento del concordato preventivo, non rientrando l’attivita’ fraudolenta posta in essere dagli amministratori della societa’, che aveva determinato un incremento del passivo, nella tipologia esattamente tipizzata dal legislatore come “dolosa esagerazione del passivo” o “dolosa sottrazione o dissimulazione rilevante dell’attivo”.
A tale interpretazione, che assegna natura tassativa alla indicazione delle fattispecie la cui ricorrenza rende ammissibile l’annullamento del concordato preventivo, e che e’ anche seguita da parte della dottrina, non puo’ prestarsi adesione.
La stessa formulazione letterale del rinvio agli artt. 137 e 138 l.f., nei limiti della compatibilita’, e’ indice della sensibilita’ del legislatore del correttivo della non adeguatezza di un rinvio “secco” alla disciplina di un procedimento, il concordato fallimentare, diverso da quello regolato, e comunque deve richiamare l’interprete all’esigenza di privilegiare ed applicare i principi propri dell’istituto disciplinato.
Cio’ posto, nell’ottica di ricostruire e valorizzare la disciplina propria del concordato preventivo, va evidenziato che l’art. 173 l.f., nel prevedere le fattispecie la cui ricorrenza comporta la revoca dell’ammissione al concordato, fa riferimento all’occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, alla dolosa omissione di denuncia di uno o piu’ crediti, all’esposizione di passivita’ insussistenti o “altri atti di frode”; detta norma e’ stata interpretata nel senso che gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneita’ a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purche’ siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarieta’ della condotta, di cui, invece, non e’ necessaria la dolosa preordinazione (cosi’ la pronuncia 17191 del 2014, in senso conforme alla precedente 9050/2014).
Ora, e’ di chiara evidenza come sussista l’eadem ratio tra le fattispecie legittimanti la revoca dell’ammissione al concordato e quelle che determinano l’annullamento dell’omologazione del concordato; e, sul piano dei fatti, sarebbe davvero di difficile comprensione come determinate condotte, unificate dall’essere atti di frode aventi valenza decettiva, possano assumere una diversa rilevanza, a seconda del momento in cui vengano ad emersione.
Proprio nell’ottica unificatrice della disciplina del concordato preventivo nella ricorrenza degli atti di frode di portata decettiva, la giurisprudenza di questa Corte si e’ espressa nel senso di ritenere che, nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, il controllo della regolarita’ della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilita’ della procedura gia’ scrutinate nella fase iniziale, dell’assenza di atti o fatti di frode ed, infine, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla piu’ consapevole ed adeguata informazione, da cio’ conseguendo che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dall’art. 173 l.f., il tribunale deve respingere la domanda di omologazione nonostante la mancata apertura del relativo procedimento (cosi’ la pronuncia 10778/2014). A tale visione unificatrice si allinea pertanto l’esegesi qui proposta della normativa ex art. 186 l.f., proprio
nella individuazione della identita’ della ratio, dall’iniziale revoca dell’ammissione al concordato, alla reiezione della omologazione sino all’annullamento del concordato omologato.
Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto:
“L’annullamento del concordato preventivo omologato, ex art. 186 l.f., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, e’ un rimedio concesso ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell’effettiva situazione patrimoniale della societa’ proponente, in base alla quale il concordato e’ stato approvato dai creditori ed omologato dal tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell’omessa denuncia di uno o piu’ crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilita’ e sulla convenienza del concordato proposto”.
Va infine evidenziato che la diversa prospettiva interpretativa qui accolta incide necessariamente anche sulla valutazione dell’elemento soggettivo, si’ che anche sotto profilo va accolta la censura svolta nel motivo.
3.1.- Conclusivamente, va accolto il ricorso e, cassata la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che si atterra’ a quanto sopra rilevato, ed alla quale si demanda anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.