CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18104 depositata il 14 settembre 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – RICORSO IN CASSAZIONE – CANONI ERMENEUTICI – LICENZIAMENTO – MOTIVI DELL’APPLICAZIONE DEL CCNL
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 26 novembre 2010 la Corte d’appello di Roma confermò la decisione del giudice di primo grado che, in parziale accoglimento della domanda proposta da M.E. avverso S.-Società Italiana degli Autori ed Editori – aveva dichiarato il diritto del ricorrente all’inquadramento nel terzo livello del Regolamento del personale S. a far tempo dal 29/10/1993 e all’inquadramento nel quarto livello dal 1/9/1999, condannando la S. alla ricostruzione della carriera e della posizione contributiva del ricorrente a fini pensionistici, nonché al pagamento delle differenze retributive a partire dall’11/10/2000, da liquidare in separato giudizio.
2.1 giudici del merito, sulla scorta delle risultanze istruttorie, avevano ritenuto che le mansioni espletate dall’E. richiedessero una professionalità ben diversa da quella propria del livello di inquadramento (impiegato di secondo livello), potendo essere ricondotte al suddetto livello solo attività semplici e non connotate da discrezionalità, da effettuarsi sulla base di norme, procedure e prassi prestabilite, laddove il ricorrente, sino a tutto il giugno 1999, aveva svolto mansioni che richiedevano un’approfondita conoscenza della materia contabile, mentre dal quel tempo in poi, a seguito dell’introduzione del sistema contabile SAP, era stato chiamato ad effettuare attività di formazione e di help desk costantemente e autonomamente, dimostrando in tal modo di possedere approfondita conoscenza del sistema e delle procedure, tale da giustificare l’inquadramento nel quarto livello rivendicato.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la S. sulla base di unico articolato motivo. Resiste il lavoratore con controricorso.
Motivi della decisione
1. La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli 115, 116, 437 c.p.c., 2103 e 2697 c.c. dell’allegato A del Regolamento del personale S. 9/9/1992.
Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su punti decisivi (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.). Osserva che la Corte territoriale ha valorizzato unidirezionalmente le risultanze della prova testimoniale, interpretandole anche in maniera totalmente errata. Rileva che l’inquadramento nel quarto livello è stato riconosciuto illogicamente e illegittimamente, poiché richiede il possesso di capacità professionali o specifiche competenze, con possibilità che il lavoratore sia chiamato al coordinamento operativo di un settore di lavoro e alla relativa responsabilità, requisiti del tutto assenti nella fattispecie. Evidenzia che nell’attribuzione sia del terzo che del quarto livello l’indagine non può essere perseguita attraverso la comparazione delle mansioni svolte con quelle svolte dai colleghi, donde l’irrilevanza dei riferimenti riguardo alla sostituzione nei compiti svolti da personale di livello superiore. Rileva che l’indagine doveva prendere le mosse dalle previsioni negoziali applicabili al rapporto di lavoro, le quali individuano il contenuto professionale dei vari livelli.
2. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente, lungi dall’indicare specificamente i profili di asserita violazione di legge in materia di regole che governano il regime della prova e di carenza e contraddittorietà della motivazione, si è limitata a proporre una valutazione delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella offerta in sentenza, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335. Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti). Con specifico riferimento alla prospettata violazione delle declaratorie contrattuali, rileva il collegio che la formulazione del motivo è carente delle necessarie allegazioni documentali, in ragione della mancata produzione, in violazione del disposto dell’art. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., dell’allegato A del regolamento del personale S. che il ricorrente invoca.
3. In base alle esposte ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3.600,00, di cui € 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori si legge.
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