CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18490 depositata il 21 settembre 2016
INGIUNZIONE FISCALE – ATTO AVENTE VALORE ACCERTATIVO – R.D. 639/1910 – NESSUN ATTO DI RISCOSSIONE -FORMAZIONE DI RUOLI DA RISCUOTERE – D.P.R. N. 43 DEL 20 GENNAIO 1988
Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione
1. La società P.H. S.r.l. impugnava l’ingiunzione di pagamento con la quale E. S.p.A., concessionaria del servizio della riscossione nella provincia di Viterbo, aveva richiesto, nell’interesse del Comune di Viterbo, il pagamento dell’Ici per l’anno 2001. La Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte di E. S.p.A., la Commissione Tributaria Regionale del Lazio lo accoglieva sul rilievo che era stato documentato che l’azienda concessionaria del servizio S.R.T. S.p.A. aveva trasferito alla società E. S.p.A. il ramo d’azienda afferente la fiscalità locale. Inoltre l’ingiunzione fiscale era legittima non essendo prevista la pregressa formazione del ruolo.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi. La società E. S.p.A. non si è costituita in giudizio.
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 2697 cod. civ. e 115 del cod. proc. civ,. Sostiene la ricorrente che né il Comune, peraltro rimasto contumace nel giudizio di appello, né E. s.p.a. avevano prodotto in giudizio documento alcuno che dimostrasse l’affidamento dell’incarico di riscossione alla società privata E. S.p.A. L’affermazione della E. S.p.A., secondo la quale essa sarebbe stata costituita ed avrebbe operato in forza della cessione di ramo d’azienda da parte della S.R.T. S.p.A. ai sensi dell’articolo 3, comma 24, del decreto legge 203/2005, convertito dalla legge 248/2005, era rimasta del tutto priva di riscontro probatorio laddove, ai sensi dell’articolo 2697 cod. civ., stato suo onere dimostrare la fonte e l’esistenza dei propri poteri. E risultava violato l’articolo 115 cod. proc. civ. giacché, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non sussisteva agli atti alcun documento dell’Ufficio che comprovasse l’affidamento della riscossione a E. S.p.A.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 180 del decreto legislativo 267/2000, all’articolo 52, comma 5, lett. b, del decreto legislativo 446/1997. Sostiene la ricorrente che dagli atti di causa non era dato comprendere in virtù di quale titolo E. S.p.A. avesse esercitato l’attività di riscossione per conto del Comune di Viterbo, laddove, invece, sarebbe stato necessario che E. S.p.A. desse conto di essere destinataria delle funzioni di riscossione, così come previsto dall’articolo 52, comma 5, lett. b, del decreto legislativo 446/1997.
5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 52, comma 6, del decreto legislativo 446/1997, all’articolo 36, comma 2, del D.L. 248/2007, convertito dalla legge numero 31/2008, al d.p.r. 602/1973, ai R.D. 639/1910, all’articolo 24 del D.L. numero 203/2005, convertito dalla legge 248/2005, all’articolo 115 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che la società E. S.p.A. non aveva provato che la sua dante causa, ovvero la società S.R.T. S.p.A., che aveva trasferito il ramo d’azienda a E. S.p.A., fosse a sua volta concessionaria del Comune di Viterbo per la riscossione dei relativi tributi. In ogni caso, laddove la riscossione fosse stata affidata ad un concessionaria del servizio di riscossione, la riscossione stessa si sarebbe dovuta eseguire con la procedura della cartella di pagamento di cui al d.p.r. 602/73 e non con quella dell’ingiunzione ex R.D. 639/1919 poiché E. S.p.A. aveva affermato espressamente di essere sorta in forza dell’articolo 3, comma 24, del decreto legge 203/2005 sicché ad essa si imponeva di seguire la procedura di riscossione tramite cartella di pagamento ai sensi del d.p.r. 602/73. La possibilità di ricorrere alla procedura di cui al R.D. 639/1910 sussiste nel solo caso in cui ad agire sia il Comune personalmente o società diversa dal concessionario nazionale o suo cessionario.
6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 180 del decreto legislativo 267/2000, all’articolo 52, comma 5, lett. d, e comma 6 del decreto legislativo 446/1997, all’articolo 36, comma 2, del decreto-legge numero 248/2007, convertito dalla legge numero 31/2008, all’articolo 4, comma 2 sexies, del decreto-legge numero 209/2002, convertito dalla legge 265/2002, al d.p.r. 602/73, al regio decreto 639/1910. Sostiene la ricorrente che l’ingiunzione di pagamento di che trattasi è nulla in quanto non è stato indicato il ruolo, ovvero l’ordine di incasso sotteso e propedeutico alla procedura di riscossione coattiva.
7. Osserva la Corte che il primo ed il secondo motivo di ricorso sono inammissibili. Invero si legge nella sentenza impugnata: “Da quanto premesso si rileva che la parte contribuente non ha provato quanto affermato (che invece è stato documentato dall’ufficio che ha affidato in gestione alle E. s.p.a. il servizio di riscossione dei tributi locali) per cui la sua lamentela (riprodotta anche in questo grado di giudizio) si risolve in una mera affermazione di principio e come tale irrilevante ai fini del giudizio.
La doglianza proposta dalla ricorrente, la quale assume che i documenti probanti la cessione del ramo di azienda ad E. s.p.a. non sarebbero mai stati prodotti in giudizio, si concreta in una censura di errore di giudizio che è denunciabile con ricorso per Cassazione, nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. e non già per violazione di legge, donde l’inammissibilità dei motivi svolti.
8. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui si censura che la società E. S.p.A. non ha provato che la sua dante causa, ovvero la società S.R.T. S.p.A., che aveva trasferito il ramo d’azienda a E. S.p.A., fosse a sua volta concessionaria del Comune di Viterbo per la riscossione dei relativi tributi. Ciò in quanto la ricorrente non ha indicato di aver dedotto la relativa questione nei giudizi di merito.
9. Il quarto motivo deve essere esaminato assieme alla seconda parte del terzo motivo in quanto trattasi della medesima questione giuridica.
La CTR ha tratto la legittimità dell’ingiunzione emessa da E. S.p.A. dalla norma di cui all’articolo 4, comma 2 sexies, del decreto legge 209/2002, convertito dalla legge 265/02, secondo cui i comuni e i concessionari iscritti agli albi di cui all’articolo 53 del decreto legge 446/97 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 639/1910 secondo le disposizioni contenute nel titolo 2 del d.p.r. 602/73, in quanto compatibili. Ha affermato la CTR che, alla luce di tali considerazioni, l’ingiunzione è legittima e nella specie non è prevista la formazione del ruolo.
Ora, a norma del d.P.R. 20 gennaio 1988, n. 43, istitutivo del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e degli altri enti Pubblici, tali tributi ed entrate vanno riscossi, dai concessionari, esclusivamente a mezzo ruolo. Fra l’altro, l’art. 130, secondo comma, del d.p.r. cit. abroga tutte le disposizioni che regolano – mediante rinvio al R.D. n. 639 del 1910 – la riscossione coattiva. Da ciò consegue che l’Amministrazione finanziaria non può più procedere ad esecuzione sulla base di mera ingiunzione di pagamento, ma deve procedere alla formazione di ruoli da riscuotere ai sensi del d.p.r. n. 43 citato.
Tuttavia, secondo giurisprudenza consolidata della corte di legittimità (Cass. n. 14812 del 18/06/2010; Cass. n. 19194 del 06/09/2006; Cass. n. 20361 del 20/09/2006), che questo collegio condivide, l’ingiunzione fiscale, anche dopo l’entrata in vigore (1.1.1990) del D.P.R. n. 43 del 1988 e l’abrogazione, ad opera dell’art. 130, stesso D.P.R., delle disposizioni regolanti, mediante rinvio al R.D. n. 639 del 1910, la riscossione coattiva dei tributi, ha conservato una precipua funzione accertativa, integrando un atto complesso rivolto a portare la pretesa fiscale a conoscenza del debitore ed a formare il titolo, autonomamente impugnabile, per la successiva ed eventuale esecuzione forzata.
Al lume di tale principio va interpretata la norma di cui all’art. 4, comma 2 sexies, del decreto-Legge 209/2002 convertito, con modificazioni dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, che prevede che i comuni ed i concessionari iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910 n. 639 secondo le disposizioni contenute nel titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Ad essa, invero, non può essere attribuito altro significato se non quello secondo cui, fermo restando il valore meramente accertativo dell’ingiunzione fiscale, all’esecuzione si dovrà procedere a norma del d.p.r. 602/73 previa iscrizione a ruolo delle somme dovute.
Ne consegue che non è richiesto che l’ingiunzione sia preceduta dall’iscrizione a ruolo poiché essa non è atto della riscossione.
Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in euro 2.500, oltre alle spese prenotate a debito.
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