CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18491 depositata il 21 settembre 2016
RISCOSSIONE – INGIUNZIONE FISCALE – VALENZA
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. La società Mimosa Due S.r.l. impugnava l’ingiunzione di pagamento con la quale Esattorie S.p.A., concessionaria del servizio della riscossione nella provincia di Viterbo, aveva richiesto, nell’interesse del Comune di Viterbo, il pagamento dell’Ici per l’anno 2001. La Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte di Esattorie S.p.A., la Commissione Tributaria Regionale del Lazio lo accoglieva sul rilievo che era stato documentato che l’azienda concessionaria del servizio S.R.T. S.p.A. aveva trasferito alla società Esattorie S.p.A. il ramo d’azienda afferente la fiscalità locale. Inoltre l’ingiunzione fiscale era legittima non essendo prevista la pregressa formazione del ruolo.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi. La società Esattorie S.p.A. non si è costituita in giudizio.
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2697 cod. civ. e art. 115 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che nè il Comune, peraltro rimasto contumace nel giudizio di appello, nè Esattorie s.p.a. avevano prodotto in giudizio documento alcuno che dimostrasse l’affidamento dell’incarico di riscossione alla società privata Esattorie S.p.A. L’affermazione della Esattorie S.p.A., secondo la quale essa sarebbe stata costituita e avrebbe operato in forza della cessione di ramo d’azienda da parte della S.R.T. S.p.A. ai sensi del D.L. n. 203 del 2005, art. 3, comma 24, convertito dalla L. n. 248 del 2005, era rimasta del tutto priva di riscontro probatorio laddove, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., sarebbe stato suo onere dimostrare la fonte e l’esistenza dei propri poteri. E risultava violato l’art. 115 cod. proc. civ. giacchè, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non sussisteva agli atti alcun documento dell’Ufficio che comprovasse l’affidamento della riscossione a Esattorie S.p.A..
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 180, al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5, lett. b. Sostiene la ricorrente che dagli atti di causa non era dato comprendere in virtù di quale titolo Esattorie S.p.A. avesse esercitato l’attività di riscossione per conto del Comune di Viterbo, laddove, invece, sarebbe stato necessario che Esattorie S.p.A. desse conto di essere destinataria delle funzioni di riscossione, così come previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5, lett. b.
5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 6, al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2, convertito dalla L. n. 31 del 2008, al D.P.R. n. 602 del 1973, al R.D. n. 639 del 1910, al D.L. n. 203 del 2005, art. 24, convertito dalla L. n. 248 del 2005, all’art. 115 cod. proc. civ.. Sostiene la ricorrente che la società Esattorie S.p.A. non aveva provato che la sua dante causa, ovvero la società S.R.T. S.p.A., che aveva trasferito il ramo d’azienda a Esattorie S.p.A., fosse a sua volta concessionaria del Comune di Viterbo per la riscossione dei relativi tributi. In ogni caso, laddove la riscossione fosse stata affidata ad un concessionaria del servizio di riscossione, la riscossione stessa si sarebbe dovuta eseguire con la procedura della cartella di pagamento di cui al D.P.R. n. 602 del 1973 e non con quella dell’ingiunzione ex R.D. n. 639 del 1919 poichè Esattorie S.p.A. aveva affermato espressamente di essere sorta in forza del D.L. n. 203 del 2005, art. 3, comma 24, sicchè ad essa si imponeva di seguire la procedura di riscossione tramite cartella di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973. La possibilità di ricorrere alla procedura di cui al R.D. n. 639 del 1910 sussiste nel solo caso in cui ad agire sia il Comune personalmente o società diversa dal concessionario nazionale o suo cessionario.
6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 180, al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 5, lett. d, e comma 6, al D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2, convertito dalla L. n. 31 del 2008, al D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, convertito dalla L. n. 265 del 2002, al D.P.R. n. 602 del 1973, al R.D. n. 639 del 1910. Sostiene la ricorrente che l’ingiunzione di pagamento di che trattasi è nulla in quanto non è stato indicato il ruolo, ovvero l’ordine di incasso sotteso e propedeutico alla procedura di riscossione coattiva.
7. Osserva la Corte che il primo ed il secondo motivo di ricorso sono inammissibili. Invero si legge nella sentenza impugnata: “Da quanto premesso si rileva che la parte contribuente non ha provato quanto affermato (che invece è stato documentato dall’ufficio che ha affidato in gestione alle Esattorie s.p.a. il servizio di riscossione dei tributi locali) per cui la sua lamentela (riprodotta anche in questo grado di giudizio) si risolve in una mera affermazione di principio e come tale irrilevante ai fini del giudizio”.
La doglianza proposta dalla ricorrente, la quale assume che i documenti probanti la cessione del ramo di azienda ad Esattorie s.p.a. non sarebbero mai stati prodotti in giudizio, si concreta in una censura di errore di giudizio che è denunciabile con ricorso per Cassazione, nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non già per violazione di legge, donde l’inammissibilità dei motivi svolti.
8. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui si censura che la società Esattorie S.p.A. non ha provato che la sua dante causa, ovvero la società S.R.T. S.p.A., che aveva trasferito il ramo d’azienda a Esattorie S.p.A., fosse a sua volta concessionaria del Comune di Viterbo per la riscossione dei relativi tributi. Ciò in quanto la ricorrente non ha indicato di aver dedotto la relativa questione nei giudizi di merito.
9. Il quarto motivo deve essere esaminato assieme alla seconda parte del terzo motivo in quanto trattasi della medesima questione giuridica.
La CTR ha tratto la legittimità dell’ingiunzione emessa da esattorie S.p.A. dalla norma di cui al D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, convertito dalla L. n. 265 del 2002, secondo cui i comuni e i concessionari iscritti agli albi di cui al D.L. n. 446 del 1997, art. 53 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. n. 639 del 1910 secondo le disposizioni contenute nel titolo 2 del D.P.R. n. 602 del 1973, in quanto compatibili. Ha affermato la CTR che, alla luce di tali considerazioni, l’ingiunzione è legittima e nella specie non è prevista la formazione del ruolo.
Ora, a norma del D.P.R. 20 gennaio 1988, n. 43, istitutivo del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e degli altri enti Pubblici, tali tributi ed entrate vanno riscossi dai concessionari esclusivamente a mezzo ruolo. Fra l’altro, l’art. 130, comma 2, del d.p.r. cit. abroga tutte le disposizioni che regolano – mediante rinvio al R.D. n. 639 del 1910 – la riscossione coattiva. Da ciò consegue che l’Amministrazione finanziaria non può più procedere ad esecuzione sulla base di mera ingiunzione di pagamento, ma deve procedere alla formazione di ruoli da riscuotere ai sensi del D.P.R. n. 43 citato.
Tuttavia, secondo giurisprudenza consolidata della corte di legittimità (Cass. n. 14812 del 18/06/2010; Cass. n. 19194 del 06/09/2006; Cass. n. 20361 del 20/09/2006), che questo collegio condivide, l’ingiunzione fiscale, anche dopo l’entrata in vigore (1.1.1990) del D.P.R. n. 43 del 1988 e l’abrogazione, ad opera dell’art. 130, stesso D.P.R., delle disposizioni regolanti, mediante rinvio al R.D. n. 639 del 1910, la riscossione coattiva dei tributi, ha conservato una precipua funzione accertativa, integrando un atto complesso rivolto a portare la pretesa fiscale a conoscenza del debitore ed a formare il titolo, autonomamente impugnabile, per la successiva ed eventuale esecuzione forzata.
Al lume di tale principio va interpretata la norma di cui al D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, convertito, con modificazioni dalla L. 22 novembre 2002, n. 265, che prevede che i comuni ed i concessionari iscritti all’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639 secondo le disposizioni contenute nel titolo 2 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Ad essa, invero, non può essere attribuito altro significato se non quello secondo cui, fermo restando il valore meramente accertativo dell’ingiunzione fiscale, all’esecuzione si dovrà procedere a norma del D.P.R. n. 602 del 1973 previa iscrizione a ruolo delle somme dovute.
Ne consegue che non è richiesto che l’ingiunzione sia preceduta dall’iscrizione a ruolo poichè essa non è atto della riscossione.
Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in Euro 2.500, oltre alle spese prenotate a debito.
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