CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18569 del 26 luglio 2017
Fatti di causa
1. Con sentenza depositata il 24 febbraio 2010 il tribunale di Verona ha rigettato ricorso ex art. 1137 cod. civ. avanzato da G. F., quale amministratore del condominio “Il giardino” in San B., e da L. B., R. S., M. B. e L. F. nei confronti di R. F., P. P., A. N., S. P., la N. s.n.c. di N. Luca & C., nonché C. G., quest’ultima quale amministratrice in carica del condominio stesso, avverso la delibera assembleare del 10 maggio 2005.
Gli attori avevano dedotto: di essere rispettivamente l’amministratore dell’epoca e condomini del condominio predetto; che l’assemblea in questione era stata convocata, in seconda convocazione, dallo stesso amministratore per l’esame e l’approvazione dei consuntivi gestione ordinaria 1 marzo 2003 – 28 febbraio 2004 e 1 marzo 2004 – 28 febbraio 2005, del consuntivo gestione straordinaria 1 marzo 2003 – 28 febbraio 2005, per la conferma e nomina dell’amministratore e per l’esame e l’approvazione del preventivo di gestione 1 marzo 2005 – 28 febbraio 2006; che erano presenti, oltre agli attori, anche i convenuti, proprietari di alcune unità immobiliari e dei garage di pertinenza di esse; che gli odierni appellanti avevano contestato in assemblea la partecipazione dei proprietari dei garage e la votazione in ordine alla nomina del presidente; che l’amministratore, ritenendo ingovernabile la assemblea, aveva chiuso il verbale alle ore 21,10 e sia gli attori che l’amministratore si erano allontanati dall’assemblea, l’amministratore portando con sé il relativo verbale; che ciononostante i convenuti avevano aperto un nuovo verbale di assemblea alle ore 21,15, deliberato su alcuni punti e chiuso il verbale alle 22,10.
2. Hanno proposto appello L. B., R. S., M. B. e L. F. e la corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata 1’8.1.2014, lo ha accolto, dichiarando invalide le delibere assunte nell’assemblea condominiale del 15.5.2005, dalle ore 21,15 in poi.
3. A sostegno della decisione, la corte d’appello, per quanto qui ancora rileva, ha considerato che:
1) l’assemblea oggetto di contestazione si era aperta alle ore 20,30, alla presenza dei condomini e dell’amministratore, e si era conclusa con la chiusura del verbale alle ore 21 ; 10;
2) l’attività compiuta successivamente da parte dei condomini non poteva ritenersi una prosecuzione di tale assemblea, perché il verbale era stato chiuso (tanto che la successiva verbalizzazione era avvenuta mediante un diverso e distinto verbale) e l’amministratore e parte dei condomini si erano allontanati;
3) tra l’inizio della assemblea convocata per le ore 20,30, conclusasi secondo il verbale alle 21,10, e quella successiva vi era un iato temporale e di composizione tali da non consentire parimenti di ritenere che la seconda fosse stata una prosecuzione della prima;
4) le delibere assunte successivamente, nella medesima serata, avrebbero richiesto la costituzione di una nuova assemblea con una nuova convocazione e avrebbero dovuto essere assunte con le maggioranze previste per la prima convocazione ex art.1136 c.c.; 5) pertanto, le delibere assembleari assunte in data 15.5.2005, dalle ore 21,15 in poi, erano invalide, perché adottate in carenza di convocazione e delle maggioranze previste per l’assemblea in prima convocazione.
4. Per la cassazione della sentenza propongono ricorso R. F., P. P., A. N., S. P. e la N. s.n.c. di N. Luca & C., sulla base di due motivi. L. B., R. S., M. B. e L. F. resistono con controricorso, proponendo, a loro volta, ricorso incidentale condizionato basato su cinque motivi, illustrati da memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 cod. civ., con riferimento alle disposizioni in tema di valida costituzione dell’assemblea di seconda convocazione e conseguente validità delle delibere (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, cod. proc. civ.), per aver la corte territoriale considerato invalide le delibere, nonostante fosse indubbio che sussistesse il quorum costitutivo dell’assemblea, che la nomina del presidente dell’assemblea non fosse prevista a pena di nullità (essendo sufficiente, per la validità delle deliberazioni, la maggioranza prescritta dalla legge), che fossero state ampiamente rispettate le maggioranze di cui al terzo comma dell’art. 1136 cod. civ., essendosi in seconda convocazione, e che l’amministratore non fosse abilitato a dichiarare unilateralmente (in mancanza di una delibera ad hoc) chiusa l’assemblea per il solo fatto che una parte di condomini si fosse allontanata (e condomini rappresentanti comunque la maggioranza fossero rimasti), con la conseguenza che si sarebbe dovuta reputare la seduta subito riaperta come una prosecuzione.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136, commi 3 e 5, cod. civ., con riferimento al sussistere del quorum deliberativo ed alla corretta convocazione di tutti i condomini (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.), per non aver la corte locale ritenuto che la mancanza di accordo per la nomina del presidente dell’assemblea non è impeditiva per gli altri condomini del proseguire la riunione.
3. I motivi, strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente. Essi si rivelano inammissibili.
3.1. In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., Sez. U, 05/05/2006, n. 10313 e, di recente, Cass. 11/01/2016, n. 195).
3.2. Ciò posto, nel caso di specie nella sentenza impugnata non si rinviene alcuna erronea ricognizione delle fattispecie astratte recate nelle disposizioni indicate dell’art. 1136 cod. civ. Invero i ricorrenti, piuttosto che censurare una errata interpretazione o applicazione dell’art. 1136 cod. civ., intendono – mediante il richiamo dei molteplici elementi fattuali dinanzi riepilogati, valutati dalla corte territoriale quali idonei a far ritenere la chiusura dell’assemblea originariamente convocata, cui ha fatto seguito una adunanza priva dei connotati per essere qualificata prosieguo della prima assemblea – sollecitare una rivalutazione delle risultanze istruttorie, coordinando i predetti molteplici elementi in maniera diversa, quale auspicata dai ricorrenti.
3.3. Ad analogo risultato si perviene ove, invece di considerare la riconduzione alla fattispecie dei fatti predetti, si tenga conto delle conseguenze giuridiche tratte dalla corte di merito dai fatti stessi. Difatti, esclusa la possibilità di scrutinare anche in tale ambito sul piano motivazionale la sentenza, si deve rilevare che la corte di merito, una volta ritenuto che la seduta ulteriore non rappresentasse una mera prosecuzione della precedente, è inevitabilmente pervenuta alla conclusione che la successiva dovesse essere considerata una nuova assemblea e che, per l’effetto, occorresse una nuova convocazione di tutti i condomini (ivi compresi coloro che si erano allontanati) e dovessero essere osservati i quorum costitutivi e deliberativi prescritti per la prima convocazione. Anche in tal guisa la sentenza impugnata non incorre in alcuna violazione dell’art. 1136 cod. civ.
4. Quanto al ricorso incidentale condizionato, deve richiamarsi che la parte vittoriosa in appello non ha l’onere di proporre ricorso incidentale per far valere in sede di legittimità le domande o le eccezioni non accolte dal giudice di merito, rispetto alle quali siano pregiudiziali o preliminari o alternative le questioni sollevate con il ricorso principale, in quanto, in mancanza di una norma analoga a quella di cui all’art. 346 cod. proc. civ., l’accoglimento di quest’ultimo ricorso, ancorché in mancanza di quello incidentale, comporta la possibilità che tali domande o eccezioni siano riproposte nel giudizio di rinvio (cfr. ad es. Cass. 25/05/2010 n. 12728 e di recente 05/01/2017, n. 134). Ciò posto, il ricorso è comunque assorbito, stante il mancato accoglimento di quello principale. 5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 si deve dar atto del sussistere dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 3.000 per compensi ed euro 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 si dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del co. 1-bis dell’art. 13 cit.
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