CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18790 depositata il 28 luglio 2017
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che ha accolto parzialmente l’appello di F. R. nel giudizio promosso con l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale, in conseguenza dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, e della presentazione della sola dichiarazione IVA per quell’anno, veniva determinato “il reddito d’impresa non dichiarato in euro 25.207, con conseguente rettifica delle relative imposte IRPEF, addizionale regionale, IRAP e IVA, pari al 30% delle operazioni attive esposte in euro 84.026, equivalenti ai ricavi conseguiti”.
Il giudice d’appello, premesso che l’accertamento induttivo del reddito d’impresa scaturiva dall’omessa dichiarazione, la quale, a norma dell’art. 39, comma 2, lettera a), del d.P.R n. 600 del 1973, consente di determinarlo prescindendo dalle scritture contabili, rilevava che sulla base dell’importo totale delle operazioni attive indicato dal contribuente, tenuto conto dell’incidenza dei costi, il detto reddito era stato determinato, secondo la percentuale di redditività, in euro 25.207, somma corrispondente al reddito imponibile ai fini IRPEF e al valore netto della produzione ai fini IRAP.
Ciò posto, riteneva che la doglianza, avanzata in subordine, “volta ad ottenere che il reddito determinato nell’accertamento nella misura del 30% del volume d’affari corrisponda alla base imponibile da assoggettare ad IVA andava accolta sul logico rilievo che il reddito da assoggettarsi ad IVA non poteva essere logicamente diverso da quello stabilito come reddito d’impresa”. Il contribuente resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, denunciando violazione dell’art. 13, 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, l’amministrazione ricorrente si limita a criticare l’ultima statuizione della sentenza impugnata, appena supra riprodotta, assumendo essere erroneo considerare elemento fondamentale per la determinazione dell’IVA il reddito d’impresa prodotto, facendo poi dipendere da questo l’imposta e dichiarando che è logico ritenere che il reddito da assoggettare ad IVA sia lo stesso stabilito quale reddito d’impresa. La determinazione dell’IVA non è invero legata al reddito prodotto, ma al numero delle cessioni e degli acquisti effettuati; proprio per questo il provvedimento per la ricostruzione dei ricavi ai fini IVA si è basato sul totale delle operazioni attive così come il contribuente ha determinato nelle dichiarazioni periodiche IVA.
La censura è fondata, in quanto a norma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l’imposta sul valore aggiunto si applica non sul reddito d’impresa – non essendo configurabile un “reddito da assoggettarsi ad IVA” -, ma “sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate” (art. 1), essendo costituita la base imponibile delle cessioni dei beni e delle prestazioni di servizi “dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti dal cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali” (art. 13, primo coma).
Il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in differente composizione, che procederà ad un nuovo esame di tale aspetto della controversia alla luce del principio enunciato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo come accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in differente composizione.
Così deciso in Roma il 20 gennaio 2017
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 marzo 2021, n. 7637 - In materia di impresa familiare, il reddito percepito dal titolare, che è pari al reddito conseguito dall'impresa al netto delle quote di competenza dei familiari collaboratori, costituisce un…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11722 depositata il 12 aprile 2022 - In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18332 - In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R.…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22590 depositata il 19 luglio 2022 - Le modalità attraverso le quali i suddetti contributi in conto capitale concorrono alla formazione del reddito di impresa si differenziano a seconda della tecnica adottata per la…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 dicembre 2020, n. 29908 - In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, primo comma, n. 2, del…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 28312 depositata il 28 settembre 2022 - In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, non è riferibile ai soli…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…