CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 19543 depositata il 30 settembre 2016
ACCERTAMENTO FISCALE – INDAGINI BANCARIE – RECUPERO A TASSAZIONE DI COSTI RITENUTI NON DEDUCIBILI -ACCERTATO MAGGIOR VOLUME DI AFFARI AI FINI IVA
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 440 del 10 settembre 2009 la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente A.F., esercente attività edile, avverso un avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione finanziaria, sulla scorta delle risultanze di indagini bancarie compendiate in un p.v.c. redatto dalla G.d.F., aveva recuperato a tassazione costi ritenuti non deducibili ed aveva accertato un maggior volume di affari ai fini IVA relativamente all’anno di imposta 1996.
Sosteneva il giudice di appello, per quanto ancora qui di interesse, che .
2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimato non spiega difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate ricorrente deducendo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 39 e degli artt. 2697, 2724, primo comma, n. 3, e 2727 cod. civ., si duole del fatto che la Commissione di appello, confermando la sentenza di primo grado, abbia ritenuto illegittimo l’atto impositivo nonostante , con ciò ponendosi in contrasto con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui compete al contribuente dimostrare che gli elementi desunti dalle movimentazioni bancarie non siano riferibili ad operazioni imponibili, anche quando si sia verificata, come nel caso di specie, la perdita incolpevole dei documenti occorrenti alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, atteso che ciò autorizza soltanto il ricorso alla prova testimoniale, in deroga ai limiti per essa stabiliti.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., il vizio di insufficiente ed illogica motivazione della sentenza gravata, laddove la Commissione di appello, pur in presenza di scritture contabili inattendibili per omessa registrazione di tutti i movimenti transitati sui conti correnti bancari riferibili al contribuente ed in assenza di giustificazioni o di prove che il contribuente aveva omesso di fornire, sulla sola asserita impossibilità da parte di quest’ultimo di reperire la documentazione contabile oggetto di sequestro, aveva fatto discendere l’illegittimità dell’accertamento.
3. Il primo motivo è fondato e va accolto.
4. Decidendo analoghi ricorsi proposti dall’Agenzia delle entrate avverso sentenze emesse dalla stessa CTR nei confronti delle medesime parti ma con riferimento a diversi anni di imposta, questa Corte ha affermato (cfr. Cass. ord. n. 19956 del 2014; in senso analogo, Cass., ord. n. 16481 del 2011) che è errato sostenere, come ha fatto nella specie il giudice di merito, che il contribuente, per effetto dello smarrimento incolpevole della documentazione contabile, potesse considerarsi esonerato dall’onere di prova che gli incombe a mente del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 32, senza in alcun modo giustificare le ragioni per le quali […] detto smarrimento potesse effettivamente ritenersi incolpevole (né dagli atti di causa è possibile intendere se come e quando la documentazione di cui trattasi sia stata smarrita, mentre trovavasi nella materiale detenzione del contribuente medesimo o della GdF che l’aveva sottoposta a sequestro) e senza in alcun modo giustificare le ragioni per le quali il difetto oggettivo della documentazione in questione avrebbe dovuto considerarsi motivo di impedimento per la dimostrazione della natura delle movimentazioni bancarie considerate, anche in considerazioni dei riscontri che di dette movimentazioni non possono non essere stati indicati nel PVC della Guardia di Finanza acquisito al processo> e che .
5. Ritiene questo Collegio assolutamente condivisibili le argomentazioni svolte dalla Corte nelle citate pronunce, osservando che ragionare diversamente – come invece ha fatto la CTR sicula nella sentenza gravata – significar ebbe anche violare i canoni concernenti il riparto dell’onere probatorio, che, in ipotesi di accertamento fondato su verifiche di conti correnti bancari, è soddisfatto dall’Amministrazione finanziaria attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, ponendo gli artt. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, e 51, comma 2, n. 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 una presunzione legale di riferibilità all’attività economica del contribuente di tutti i movimenti registrati sui predetti conti, siano essi accrediti (e, quindi, ricavi) che addebiti (quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione), spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili (ex multis, Cass. n. 26111 del 2015; n. 20981 del 2015; n. 21303 del 2013; n. 18081 del 2010; n. 13818 del 2007; n. 1739 del 2007). Prova che, appunto, in ipotesi di perdita incolpevole della documentazione contabile da utilizzare a prova contraria, il contribuente avrebbe potuto e dovuto fornire ricorrendo ai più ampi poteri istruttori consentiti dall’art. 2724, primo comma n. 3, cod. civ. Il rilievo che nel caso di specie, trattandosi di movimentazione di conti correnti bancari, il contribuente avrebbe agevolmente potuto procurarsi presso i relativi istituti di credito documentazione idonea a dimostrare l’estraneità all’attività di impresa di tutti o alcuni dei movimenti bancari recuperati a tassazione, conforta la conclusione, cui si è pervenuti, di accogliere il motivo in esame, che comporta l’assorbimento del secondo, la cassazione della pronuncia impugnata ed il rinvio della causa al giudice del merito, affinché riesamini l’intera vicenda alla stregua dei principi giurisprudenziali sopra esposti e provveda anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione.
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