CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 1962 depositata il 25 gennaio 2017
IRPEG-Crediti maturati-Rimborso- Ritardato adempimento – Danno da svalutazione monetaria – Presupposti.
Massima:
In materia di rimborsi, qualora sia stata riconosciuta al contribuente la fondatezza della restituzione di crediti IRPEG, opera il principio secondo il quale, nel caso di ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria, può liquidarsi il danno da svalutazione monetaria, sempre che il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione.
In fatto e in diritto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza della CTR Lombardia indicata in epigrafe con la quale, confermando la decisione impugnata, il giudice di merito ha annullato la cartella emessa a carico della società S. L. I. M. srl per la ripresa di IVA relativa all’anno 2006. La CTR ha ritenuto che, in presenza della dichiarazione integrativa contenente i dati IVA presentata dalla contribuente il 28.2.2007, l’omessa presentazione della dichiarazione IVA unitamente al Mod. Unico 2006 relativo all’anno di imposta 2005 non impediva il riconoscimento del credito IVA indicato nella dichiarazione integrativa, non contestato nel corso del giudizio dall’Ufficio.
La società intimata ha depositato controricorso, eccependo l’inammissibilità e infondatezza della censura.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
Orbene, la censura proposta dall’Agenzia, ammissibile in rito in quanto sufficientemente articolata e prospettata sulla violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, è infondata.
Occorre premettere che la questione circa la possibilità di ottenere la detrazione di un credito IVA non indicato nella dichiarazione dell’anno al quale si riferisce la relativa pretesa è stata di recente decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte – sent. n. 17757/2016, depositata l’8.9.2016 – affermandosi il seguente principio di diritto: “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili”.
Ora, nel caso di specie la CTR, annullando la cartella che aveva disconosciuto il credito IVA della società contribuente in ragione della omessa presentazione della dichiarazione – Mod. Unico, ancorchè i dati IVA fossero stati comunicati all’Ufficio sia in epoca precedente che con successiva dichiarazione integrativa del 28 febbraio 2007 – ha deciso in sintonia con i principi anzidetti, riconoscendo la possibilità del contribuente di dimostrare comunque, nel procedimento dallo stesso promosso contro la cartella di pagamento che ha disconosciuto l’esistenza di un credito IVA, che tale pretesa era stata portata a conoscenza dell’ufficio al di fuori della dichiarazione IVA. Quanto al tema relativo all’onere della prova che il contribuente deve assolvere per giustificare, in assenza della dichiarazione, il diritto a detrazione del credito IVA sul quale si appunta altresì la censura, va detto che le S.U., nella sentenza suindicata, hanno chiarito che “…se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall’ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione (Cass. Sez. 5, n. 11168 del 2014 e n. 18924 del 2015; conf. Cass. Sez. 6-5, n. 17815 del 2015). Ovverosia il contribuente deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. Sez. 5, n. 7576 del 2015). Si tratta di circostanze che restano riservate a quell’accertamento in fatto da parte del giudice di merito (Cass. Sez. 5, n. 5072 del 2015), che è da compiersi con la latitudine suggerita, in tesi generale, dalla stessa Corte di giustizia (v. in causa Reisdorf).” Orbene, a tali principi si è attenuto il giudice di merito ritenendo, con valutazione non sindacabile in questa sede, che il credito IVA non fosse stato contestato dall’Agenzia. Da ciò è legittimamente conseguito l’annullamento della cartella che aveva disconosciuto detto credito.
Il ricorso va quindi rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio, in relazione all’intervento chiarificatore delle S.U..
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c..
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 7 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017
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