CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 20120 depositata il 7 ottobre 2016
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – AMMISSIONE AL PASSIVO – DICHIARAZIONI TARDIVE – DOMANDA CD. SUPERTARDIVA – CONOSCENZA DELLA PENDENZA DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE DA PARTE DEL SOCIO AMMINISTRATORE DI SOCIETÀ DI PERSONE – IMPUTABILITÀ ALLA SOCIETÀ – ASSENZA DI LIMITAZIONI AI POTERI DI AMMINISTRAZIONE – APPLICABILITÀ DELL’ART. 1391 C.C.
RITENUTO IN FATTO
Rilevato che:
1. La G. C., in data 30 marzo 2012, formulava domanda di rivendica e restituzione L.Fall., ex artt. 93 e 103, di un fabbricato dalla stessa edificato su una porzione di area industriale – artigianale, sita in comune di (OMISSIS) che la societa’ (OMISSIS) s.r.l., con contratto di comodato, le aveva concesso in godimento al fine di costruirvi un immobile adibito all’esercizio della propria impresa. La ricorrente, in particolare, chiedeva al Giudice Delegato di disporre la restituzione del bene rivendicato o la sospensione della vendita se gia’ disposta, e, in via subordinata, chiedeva il riconoscimento del diritto ad un equo indennizzo per tutti i costi sostenuti per la realizzazione dell’immobile e per l’anticipata interruzione del godimento del bene.
2. Con Decreto del 27 giugno 2012 il Giudice Delegato del Tribunale di Lecce ha ritenuto che il signor C.G., socio accomandatario e legale rappresentante di s.a.s. G. C., ben conoscesse la data del fallimento e la pendenza della procedura e pertanto la domanda, da considerarsi ultratardiva, non poteva essere accolta.
3. La s.a.s. G. C. ha proposto opposizione L.Fall., ex artt. 98 e 99, allo stato passivo assumendo che, non avendo la societa’ mai ricevuto la comunicazione L.Fall., ex art. 92, la propria domanda doveva ritenersi pienamente ammissibile non rilevando comunque la conoscenza della procedura fallimentare da parte del C.;
4. Con Decreto del 6 novembre 2014 il Tribunale ha rigettato l’opposizione richiamando la giurisprudenza secondo cui il mancato avviso L.Fall., ex art. 92, non integra una causa di non imputabilita’ al creditore del ritardo nella presentazione dell’istanza di ammissione al passivo se il curatore fallimentare dimostra che il creditore era comunque informato della pendenza della procedura concorsuale e ha ritenuto che, nella specie, dovendosi ritenere riferibili alla societa’ di persone gli stati soggettivi dei suoi amministratori, la conoscenza incontestata della procedura fallimentare da parte del C. equivale a conoscenza dell’apertura del fallimento da parte della societa’ di cui egli e’ socio e amministratore.
5. La G. C. di C.G. s.a.s. ricorre per Cassazione deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1391 e 2315 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui esclude la non imputabilita’ del ritardo a causa dell’effettiva conoscenza della pendenza della procedura da parte del legale rappresentante della societa’ di persone. La societa’ ricorrente ritiene, contrariamente alla decisione del Tribunale di Lecce, che, gli stati psicologici astrattamente riferibili all’amministratore di una societa’ di persone non possono essere imputati alla societa’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che:
6. La eccezione di inammissibilita’ del ricorso appare infondata (cfr. Cass. civ. sez. 2, n. 6237 del 15 marzo 2010).
7. Il ricorso e’ infondato dovendosi applicare anche alle societa’ di persone la giurisprudenza che ritiene attribuibile, giusta il principio stabilito dall’art. 1391 c.c., la conoscenza di un fatto di pertinenza della societa’ sulla base dell’atteggiamento psichico delle persone fisiche che la rappresentano (Cass. civ. sezione 1, n. 5106 del 29 marzo 2012, n. 23891 del 22 ottobre 2013, n. 8735 del 9 aprile 2009 e Casa. civ. Sez. 3, Sentenza n. 15265 del 4 luglio 2006). Per altro verso appare fondato il rilievo del Tribunale, ripreso nelle sue difese dalla curatela fallimentare, secondo cui, nella specie, non risultano limitazioni statutarie o assembleari dei pieni poteri di amministrazione e rappresentanza dell’unico socio accomandatario con la conseguenza dell’applicabilita’ dell’art. 1391 c.c., anche a prescindere dal riferimento alla immedesimazione organica fra societa’ e amministratori.
8. Il ricorso va pertanto respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 7.200 Euro di cui 200 Euro per spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, dell’art. 13.
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