CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 20132 depositata il 7 ottobre 2016
ACCERTAMENTO – DISCRIMINE TRA L’ACCERTAMENTO CONDOTTO CON METODO CD. ANALITICO EXTRACONTABILE E L’ACCERTAMENTO CONDOTTO CON METODO INDUTTIVO PURO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di tre motivi, nei confronti di Z.B. (che resiste con tempestivo controricorso), per la cassazione della sentenza n. 32/50/10 della CTR di Milano, in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento per Irpef, addizionale regionale, Irap, contributo INPS, oltre sanzioni, relativo all’anno di imposta 2004.
La sentenza di secondo grado, pronunziando sull’appello principale del contribuente e sull’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, impugnazioni con le quali era stata investita la decisione di primo grado esclusivamente in punto di determinazione dell’ammontare dei ricavi, ha annullato l’avviso di accertamento “quanto alla ricostruzione dei ricavi”e compensato le spese di lite.
Il giudice di appello, premesso che le censure del contribuente erano incentrate esclusivamente sulla modalità della ricostruzione effettuata dall’Ufficio, non contestandosi la sussistenza dei presupposti per il ricorso all’accertamento induttivo, ha rilevato che, per come pacifico, in tale ricostruzione l’Ufficio aveva fatto riferimento ai prezzi esposti in negozio al momento della verifica, avvenuta nell’anno 2007; ciò in assenza di prova (e prima ancora di allegazione) in merito all’impossibilità di effettuare un riscontro sulla base degli scontrini dell’anno 2004, la cui mancanza non risultava, peraltro contestata nel processo verbale di constatazione che aveva dato origine all’accertamento confluito nell’atto impugnato. Ha quindi ritenuto che la ricostruzione induttiva dei ricavi doveva effettuarsi non sulla base di elementi noti all’Amministrazione “purchessia”, ma di elementi il più omogenei possibili con i ricavi da ricostruire; il riferimento ai prezzi dell’anno 2007 non appariva, pertanto, giustificato, nè da un giudizio di omogeneità con quelli praticati nell’anno 2004 nè dalla impossibilità di disporre degli scontrini relativi a quest’ultimo anno. Da quanto rilevato, secondo la sentenza impugnata, scaturiva la complessiva inattendibilità della operata ricostruzione dei ricavi e tale valutazione di inattendibilità risultava rafforzata dalla considerazione che per la determinazione dei prezzi di acquisto era stato fatto riferimento a soli due mesi dell’anno 2004, laddove sarebbe stata possibile un’analisi ben più completa sulla base dei dati disponibili, dovendosi riservare all’induzione solo ciò che i dati non manifestavano immediatamente ma consentivano di ricavare secondo criteri di attendibilità statistica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto censurando la decisione sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti dell’accertamento induttivo. Richiamati i principi affermati dal giudice di legittimità in tema di accertamento induttivo, parte ricorrente si duole che la sentenza impugnata, pur ritenendo incontestata la legittimità del ricorso a tale modalità di verifica, abbia attribuito rilievo alla mancata utilizzazione di tutti i dati dei quali l’Ufficio doveva ritenersi in possesso, così pretendendo una ricostruzione documentata del reddito laddove, ai sensi dell’art. 39, comma 2, D.P.R. cit., una volta accertata la esistenza delle incongruenze che legittimavano il ricorso all’accertamento induttivo, il controllo del giudicante avrebbe dovuto investire esclusivamente la coerenza intrinseca della valutazione espressa dall’Amministrazione.
Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e dell’art. 2967 c.c.. Sostiene che l’errore di diritto nel quale era incorso il giudice di secondo grado, per avere preteso di adottare uno schema di controllo dell’operato dell’Ufficio, estraneo al procedimento di accertamento induttivo, si era si era tradotto in un’inammissibile violazione della regola dell’onere probatorio di cui all’art. 2967 c.c.. Invero, tema di accertamento induttivo ex art. 39, D.P.R. cit., l’onere probatorio è posto a carico del contribuente il quale, allorchè intenda contestare la capacità dimostrativa dei fatti posti a base della ricostruzione reddituale dell’Ufficio oppure sostenere l’esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, è tenuto a dimostrare a sua volta gli elementi sui quali tali eccezioni si fondano (Cass. n. 13509 del 2009). Nel caso di specie la sentenza non si era attenuta a tale principio posto che aveva posto a carico dell’Ufficio la prova del quantum del reddito oggetto di accertamento.
Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente deduce che la sentenza è viziata da motivazione insufficiente, sotto il profilo dell’omesso esame di argomenti decisivi. Sostiene che la CTR avrebbe dovuto quanto meno esplicitare le ragioni per le quali i prezzi dei prodotti dell’anno 2007, rilevati in sede di p.v.c., non erano idonei a dare contezza dei prezzi dell’anno 2004, essendo notorio che i prezzi dei prodotti ittici non avevano subito nel periodo considerato evoluzioni rilevanti; parimenti, non erano esplicitate le ragioni per le quali doveva ritenersi inadeguato l’accertamento dei prezzi di acquisto dei prodotti calcolati con riferimento a soli due mesi dell’anno 2004, corrispondenti rispettivamente a quello di maggiore rendimento (periodo natalizio) e di minore rendimento (il mese di gennaio, in corrispondenza del periodo di fermo biologico).
I motivi, trattati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono infondati.
Occorre premettere che l’accertamento del quale si controverte è stato effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d), e non ai sensi del comma 2.
E’ noto che il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo cd. analitico extracontabile (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d)) e l’accertamento condotto con metodo induttivo puro (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 lett. d), analogamente in materia di imposte indirette: D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 2, n. 3)), va ricercato rispettivamente nella “parziale od assoluta” inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili. Nel primo caso la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da non consentire di prescindere dalle scritture contabili essendo legittimato l’Ufficio accertatore a “completare” le lacune riscontrate utilizzando ai fini della dimostrazione della esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati ovvero della inesistenza di componenti negativi dichiarati anche presunzioni semplici (praesumptio hominis) rispondenti ai requisiti previsti dall’art. 2729 c.c.. Nel secondo caso invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare la attendibilità – e dunque la utilizzabilità, ai fini dell’accertamento anche degli “altri” dati contabili (apparentemente regolari), con la conseguenza che in questo caso la Amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto od in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed e legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. (v., tra le altre, Cass. n. 17952 del 2013).
Tanto premesso la decisione impugnata non appare censurabile laddove ha fondato l’accoglimento dell’appello del contribuente sulla circostanza che la ricostruzione dei ricavi era avvenuta sulla base di elementi che sostanzialmente prescindevano dalle scritture contabili relative all’anno 2004, scritture contabili delle quali, per come pacifico, l’Ufficio aveva la disponibilità.
Il sindacato del giudice di merito, così come le conclusioni attinte all’esito dello stesso, risultano coerenti con il tipo di accertamento – D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, – alla base dell’atto impugnato, alla stregua del quale non era dato all’Ufficio di prescindere dai dati contabili del contribuente dei quali era in possesso ma, solo, di procedere ad un “completamento” degli stessi mediante ricorso a presunzioni semplici idonee ad evidenziare componenti positive occultate o inesistenza di componenti negativi dichiarati.
In base alle considerazioni che precedono i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, all’evidenza sviluppati nell’ottica del presupposto di un accertamento induttivo puro, ex art. 39, comma 2, D.P.R. cit., si rivelano inidonei a inficiare le ragioni alla base della decisione impugnata.
A tanto consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 7.000,00 per compensi professionali.
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