CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 20166 depositata il 7 ottobre 2016
PROCESSO TRIBUTARIO – ATTO DI RIASSUNZIONE
Svolgimento del processo
A seguito di processo verbale di constatazione in data (OMISSIS) redatto dalla guardia di finanza a carico della contribuente s.r.l. (OMISSIS), con consegna di copia alla parte, l’agenzia delle entrate ha notificato alla società contribuente – nel frattempo sottoposta a fallimento – avviso di accertamento con rettifica dei redditi dichiarati a fini I.r.pe.f. e I.r.a.p. e determinazione di maggiori I.r.pe.g. e I.r.a.p., oltre sanzioni, per l’anno di imposta (OMISSIS).
Avverso l’accertamento ha proposto ricorso la curatela e la commissione tributaria provinciale di Bari lo ha accolto, annullando l’accertamento in quanto motivato con rinvio acritico al processo verbale di constatazione, il cui estratto la ricorrente aveva prodotto. La sentenza, appellata dall’agenzia, è stata confermata dalla commissione tributaria regionale della Puglia in Bari.
Con ordinanza n. 21008 del 2009 questa Corte di Cassazione, su ricorso dell’agenzia, ha annullato con rinvio la sentenza della commissione regionale. Il ricorso è stato ritenuto palesemente fondato, con assorbimento del ricorso incidentale relativo al governo delle spese, essendosi la commissione regionale discostata dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la motivazione degli atti di accertamento “per relationem” alle conclusioni contenute nel verbale della guardia di finanza non è illegittimo per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi acquisiti dai verbalizzanti, significando invece che l’ufficio ha inteso realizzare un’economia di scrittura che non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio.
La curatela ha depositato presso la commissione regionale “istanza di trattazione del processo a seguito di sentenza con rinvio pronunciata dalla Cassazione”.
Si è costituita l’agenzia deducendo la nullità dell’atto di riassunzione per mancanza di specifici motivi.
Con memoria depositata innanzi alla commissione regionale la curatela ha riproposto – tra l’altro – eccezione di nullità dell’avviso di accertamento perchè motivato “per relationem” a un processo verbale di constatazione non comunicato al curatore ma alla società “in bonis”.
Con sentenza n. 73/3/10 depositata il 23 settembre 2010 la commissione tributaria regionale della Puglia in Bari, pronunciando quale giudice di rinvio, ha confermato l’annullamento pronunciato dalla commissione provinciale e ha dichiarato compensate le spese dell’intero giudizio, ritenendo – in base al precedente di questa corte n. 8778 del 2008 – “viziato da carente motivazione l’avviso di accertamento notificato al curatore fallimentare e motivato mediante il rinvio ai contenuti di un processo verbale di constatazione reso noto all’imprenditore quando era “in bonis”, ma non al curatore medesimo”.
Avverso questa sentenza l’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, rispetto al quale la curatela contribuente resiste con controricorso contenente ricorso incidentale, affidato a un motivo.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63. Sostiene che, a fronte di detta norma che impone che la riassunzione, a seguito di rinvio dalla Corte di Cassazione, avvenga “nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili”, la commissione regionale aveva ritenuto erroneamente di poter superare l’eccezione di nullità sollevata dall’agenzia, per mancanza di motivi dell’atto riassuntivo, richiamando il precedente di questa Corte n. 2309 del 2007, secondo cui – posto che “nel giudizio di rinvio, le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza annullata, e ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse e, in genere, alle difese svolte, ha l’effetto di richiamare univocamente ed integralmente domande, eccezioni e difese assunte e spiegate nel giudizio originario” – “ai fini della validità dell’atto riassuntivo, non è indispensabile che in esso siano rigorosamente riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma è sufficiente che sia richiamato – senza necessità, cioè, di integrale e testuale riproduzione – l’atto introduttivo in base al quale sia determinabile “per relationem” il contenuto dell’atto di riassunzione nonchè il provvedimento in forza del quale è avvenuta la riassunzione medesima”.
Deduce l’agenzia delle entrate che il riferimento a tale sentenza non è pertinente, in quanto nel caso di specie manca perfino un generico richiamo ai motivi di gravame formulati nei precedenti gradi di giudizio.
2. – Con il secondo motivo, l’agenzia delle entrate denuncia, in relazione sempre all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24. Sostiene che, a fronte di detta norma – applicabile al giudizio di rinvio – che impone che le memorie possano essere solo illustrative, la commissione tributaria regionale aveva affermato che il vizio denunciato dell’istanza di riassunzione si potesse ritenere superato per effetto del deposito della cennata memoria, contenente la specificazione dei motivi riproposti in sede di rinvio.
3. – I due motivi, strettamente connessi tra loro, vanno esaminati congiuntamente. Invero, la stessa commissione tributaria regionale ha chiarito che l’eccezione di nullità dovesse essere ritenuta infondata “per due concorrenti ragioni”, oggetto della duplice impugnativa come sopra proposta dalla difesa erariale.
4. – Al riguardo, tenuto conto dell’interrelazione logico-giuridica tra le due “concorrenti ragioni” considerate dalla commissione regionale, va esaminato astrattamente il primo motivo, in quanto la sua delibazione prepara il substrato logico per l’esame del secondo. In tale prospettiva, potrebbe apparire effettivamente fondato tale primo motivo di ricorso, per avere fatto il giudice del rinvio applicazione di un principio giurisprudenziale fuori dal caso da esso contemplato: invero la sentenza sez. 3 n. 2309 del 2007, preceduta da numerose altre (e in materia tributaria, ove rileva la disciplina processuale speciale, v. sez. 5 n. 1461.6 del 2003) nonchè ribadita – per quanto occorra – da sez. 1 n. 23073 del 2014, ritiene valido l’atto riassuntivo che, pur non riproducendo tutte le originarie domande della parte, faccia un riferimento complessivo all’atto introduttivo congiuntamente al richiamo del provvedimento in base al quale avviene la riassunzione; invece, l’atto riassuntivo, nel caso di specie, come riprodotto nel ricorso, richiama la “sentenza” – “rectius” ordinanza – in forza della quale si riassume il giudizio, ma in nessun modo – salvo che per l’identificazione delle parti, insufficiente allo scopo – rinvia all’atto introduttivo originario. Ne deriva l’originaria nullità dell’atto riassuntivo, ciò che impone di passare ad esaminare il secondo motivo.
Ciò posto, al fine di esaminare il secondo motivo, va richiamato che la commissione regionale ha statuito che “in ogni caso la curatela fallimentare ha delimitato l’oggetto del giudizio di rinvio (riproponendo tutti i motivi di opposizione già fatti valere nei giudizi di primo e secondo grado) con la memoria difensiva depositata il 25.6.2010”, memoria che – nell’insindacabile apprezzamento della commissione di merito – “ben può essere ritenuta un valido atto di riassunzione, essendo intervenuta tempestivamente, prima che spirasse il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte Suprema di Cassazione”.
Al riguardo, rileva la corte che la riassunzione ai sensi dell’art. 125 disp. att. c.p.c. e artt. 392 e 394 c.p.c., oltre che della norma speciale del processo tributario del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, prevalente sulle norme codicistiche (v. sez. 5, n. 14616 del 2003 cit.), si pone, nel giudizio di rinvio, non già come una nuova impugnazione, ma come impulso processuale volto a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata, essendo l’atto sufficiente a ricollocare le parti nella posizione che avevano assunto nel giudizio conclusosi con la sentenza annullata.
Stante dunque il carattere non impugnatorio dell’atto riassuntivo a seguito del rinvio dalla cassazione (v. ad es. sez. 3 n. 538 del 2000), le carenze dell’atto di impulso possono sicuramente essere colmate per sanatoria, seppure “ex nunc” (ciò che era ammesso già anteriormente alla riforma dell’art. 164 c.p.c., allorchè peraltro questa corte riteneva che l’atto riassuntivo in sede di rinvio fosse di instaurazione di una fase processuale non meramente prosecutoria e dovesse contenere tutti gli elementi della citazione).
In tale ottica, e prescindendo da ogni valutazione circa l’eventualmente già avvenuta sanatoria “ex nunc” mediante mera costituzione dell’agenzia – ciò che non è affrontato nella sentenza impugnata e che può essere compatibile con la natura prosecutoria del giudizio di rinvio -, deve ritenersi che correttamente la sentenza impugnata abbia ritenuto intervenuta la sanatoria (almeno) con il deposito di memoria contenente le domande originarie, verificando nel contempo la tempestività della riassunzione con riferimento al momento della fattispecie sanante, in coerenza con la natura “ex nunc” anzidetta.
In assenza di ciò, del resto, sarebbe spettato al giudice – ove ancora non elasso il termine per la riassunzione – disporre la sanatoria mediante rinnovazione.
Deve quindi ritenersi che, essendo astrattamente fondato il primo motivo, ma infondato il secondo motivo, come detto volto a criticare la seconda delle “concorrenti ragioni” mediante le quali il giudice di merito ha ritenuto di dover superare l’eccezione di nullità, questa seconda statuizione in effetti impedisce l’accoglimento del ricorso sul punto della nullità (come è tipico delle “rationes” concorrenti oggetto di separati motivi), per cui dall’infondatezza del secondo motivo consegue l’assorbimento del primo.
5. – Con il terzo motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 (rectius art. 6), comma 1. Sostiene che, a fronte di detta norma in materia di comunicazione degli atti tributari al destinatario, la sentenza impugnata, dichiarando invalido l’atto impositivo, ha ritenuto presupposto di validità dell’atto stesso la sua ulteriore comunicazione al curatore fallimentare, ritenendo non sufficiente la comunicazione al rappresentante della società a suo tempo “in bonis”; ciò senza tener conto del fatto che il curatore non è soggetto estraneo alla società fallita, con evidente aggravio per l’amministrazione creditrice, che in virtù di tale regola sarebbe tenuta a rinnovare tutti gli atti già ritualmente compiuti ove subentri una procedura concorsuale.
6. – Con il quarto motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e art. 10, comma 1. Sul punto, l’agenzia denuncia anche insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Deduce che, sia dal punto di vista della violazione di legge che dell’insufficienza motivazionale, la sentenza impugnata non aveva tenuto conto che comunque il curatore era a conoscenza del contenuto del processo verbale di constatazione, come si evinceva dal testo del ricorso introduttivo e dall’allegazione ad esso di documento, con inutilità comunque della sua comunicazione, alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e art. 10, comma 1, che, in tema di allegazione di atti, impone di allegare solo gli atti non noti.
7. – Il terzo motivo è fondato, con assorbimento del quarto. Invero, nell’affermare con la sentenza del luglio 2010 che, “per giurisprudenza consolidata” e citando all’uopo massima giurisprudenziale del (OMISSIS), è viziato da carente motivazione l’avviso di accertamento notificato al curatore fallimentare e motivato mediante il rinvio ai contenuti di un processo verbale di constatazione reso noto all’imprenditore quando era “in bonis”, ma non al curatore medesimo, la commissione tributaria regionale non ha potuto far applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale successivamente evolutosi e consolidatosi nel diverso senso – cui invece va data continuità – che è legittimo l’avviso di accertamento notificato al curatore del fallito, motivato “per relationem”, mediante rinvio al pubblico verbale di constatazione precedentemente notificato al contribuente ancora “in bonis”, non comportando la dichiarazione di fallimento il venir meno dell’impresa, ma solo la perdita della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare ed il subentro del curatore fallimentare nella sua posizione, con la conseguenza che gli atti del procedimento tributario formati in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente sono opponibili alla curatela (cfr. sez. 5 nn. 2806 e 11784 del 2010, nonchè n. 24254 del 2015 con cui si sottolinea che l’obbligo di consegna al curatore della documentazione amministrativa dell’impresa fallita lascia ritenere, con presunzione “iuris tantum”, che anche il verbale di constatazione, notificato al fallito quando era “in bonis”, sia pervenuto nella disponibilità del curatore e sia stato dallo stesso conosciuto).
8. – Passando al ricorso incidentale contenuto nel controricorso della curatela della s.r.l., esso ha ad oggetto la statuizione sulle spese processuali resa dalla commissione regionale, integralmente citata nel testo del motivo. Con esso, in particolare, la curatela deduce violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata, nonostante la soccombenza dell’ufficio attestata nello stesso provvedimento, disposto la compensazione delle spese dell’intero giudizio per un “giusto motivo” ravvisato nella “particolarità della fattispecie e la complessità delle questioni giuridiche trattate”.
9. – L’esame del motivo è assorbito. Invero, per effetto della cassazione per altra via della sentenza impugnata, il regime delle spese va integralmente governato “ex novo”, con conseguente caducazione della statuizione impugnata.
10. – L’impugnata sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale.
Segue il rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, in diversa composizione, per l’esame dei motivi di ricorso sollevati dalla curatela non già trattati. La commissione si adeguerà ai principi esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti il primo e il quarto del ricorso principale nonchè il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Puglia in Bari in diversa composizione.
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