CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 20390 depositata il 25 agosto 2017
FALLIMENTO – RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO – ORDINE DI DISTRIBUZIONE – CREDITORI PRIVILEGIATI – CREDITO DELLA CASSA EDILE – PRIVILEGIO EX ART. 2751 BIS C.C. – LIMITI
FATTO E DIRITTO
La Corte:
Rilevato che:
Con decreto depositato il 3/6/2015, il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione proposta dalla Cassa Edile del Molise nei confronti del Fallimento (omissis) srl, per ottenere, a fronte dell’ammissione in chirografo della somma di Euro 117.943,59 (di cui Euro 115.112,19 per sorte capitale ed Euro 2831,40 per spese legali liquidate dal Giudice del lavoro con i decreti ingiuntivi nn. 98/12 e 533/12), l’ammissione dell’integrale credito richiesto in via privilegiata ex art. 2751 bis c.c., n. 1 di complessivi Euro 138.413,27 (di cui Euro 98.529,00 per il mancato pagamento di accantonamenti, Euro 29741,43, per il mancato pagamento dei contributi dovuti, Euro 7311,44 per il mancato pagamento del conguaglio contributivo calcolato alla data del fallimento, Euro 2831,40, per le spese del monitorio) o in subordine per l’ammissione di detto importo ma con la collocazione al chirografo della somma relativa al mancato pagamento dei contributi.
Il Tribunale ha rilevato che il maggior credito vantato non trovava alcun riscontro né nei titoli giudiziali né altrimenti provato; che era corretta l’ammissione in chirografo del credito per il mancato pagamento dei contributi; che per il mancato versamento degli accantonamenti, le somme relative sono dovute ai lavoratori a titolo retributivo non incidendo a riguardo il fatto che alla riscossione i lavoratori provvedano per il tramite di un apposito organismo, nella specie la Cassa Edile, da cui in astratto la spettanza del privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 1, non riconoscibile peraltro nel caso, atteso che la Cassa Edile nei ricorsi per monitorio non aveva diviso le somme dovute per gli accantonamenti da quelle per contributi né tale distinzione era ritraibile dal prospetto in atti, a cui in ogni caso non poteva riconoscersi alcuna efficacia probatoria, dato che si trattava di documento ricavato dalla stampa di un file digitale predisposto unilateralmente e avente scopo meramente riepilogativo.
Ricorre avverso detta pronuncia la Cassa Edile, sulla base di quattro motivi.
Si difende il Fallimento con controricorso.
La Cassa Edile ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..
Considerato che:
Col primo motivo, la ricorrente si duole del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3, per il mancato riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 1 su tutte le somme richieste, in subordine, per il mancato riconoscimento del privilegio sulle somme richieste a titolo di accantonamenti. Il ricorrente individua gli accantonamenti (per ratei di ferie, gratifica natalizia e festività), il contributo APE (anzianità professionale edile) e il contributo Prevedi (previdenza complementare, fondo pensione), per poi esaminare la parte di credito di natura contributiva e sostenere la spettanza per l’intera somma del privilegio o quanto meno per il mancato pagamento degli accantonamenti.
Col secondo, sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. e vizio di nullità per la mancata pronuncia su parte delle richieste; deduce di avere prodotto non solo i due decreti ingiuntivi, ma anche i prospetti riepilogativi a firma del Direttore della Cassa, la domanda di iscrizione alla cassa della società (omissis), l’attestato del Direttore della debenza delle somme da parte della società per importi e causali indicati, conteggi analitici e riassuntivi; sostiene che deve riconoscersi efficacia probatoria alle attestazioni sub nn. 3, 5 e 12 e che con una semplice operazione matematica è ricavabile la somma dovuta per gli accantonamenti; si duole che il Tribunale non ha esaminato il credito di Euro 7.311,44, per il mancato pagamento del conguaglio contributivo (interessi) e di Euro 2.831,40 per le spese del monitorio.
Col terzo, sotto il profilo della violazione di legge si duole della ritenuta mancata distinzione tra contributi ed accantonamenti.
Col quarto, si duole della condanna alle spese, errata e sproporzionata, sostenendo che nessun ostacolo si frapponeva alla compensazione.
I primi tre motivi, strettamente collegati, unitariamente.
È infondata la tesi della spettanza del privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 1 per le somme dovute dal datore di lavoro alla Cassa Edile a titolo di contributi.
Questa Corte ha infatti affermato con le pronunce 10140/2014 e 6869/2012 che le somme che il datore di lavoro ha l’obbligo di versare alla Cassa Edile, quali accantonamenti destinati al pagamento di ferie, gratifiche natalizie e festività infrasettimanali, costituiscono somme spettanti ai lavoratori a titolo retributivo, configurandosi il rapporto con la Cassa Edile quale delegazione di pagamento, con la conseguenza che la stessa è obbligata nei confronti dei lavoratori solo a seguito del pagamento delle somme da parte del datore di lavoro: ne consegue che, se ben può agire il lavoratore nei confronti del datore per il pagamento delle somme dovute per ferie, festività e gratifiche natalizie, egualmente la Cassa ha l’obbligo di riscuotere le somme che il datore è tenuto a versare.
E sulla specifica questione che qui interessa, la pronuncia 26324/2006 ha affermato che gli accantonamenti, costituiti da importi corrispondenti a voci retributive (come ratei di ferie, gratifica natalizia e festività), sono poi erogati dalla Cassa ai lavoratori a scadenze prestabilite nella contrattazione collettiva, e che nell’erogare dette somme la Cassa assume il ruolo di soggetto intermediario nella erogazione di prestazioni, che altrimenti sarebbero dovute direttamente dal datore di lavoro in conseguenza e quale corrispettivo della prestazione lavorativa; che gli accantonamenti, quindi, hanno natura prettamente retributiva, dal che consegue l’applicabilità ad essi del privilegio previsto dall’art. 2751 bis c.c., n. 1; che diverso discorso deve farsi per ciò che concerne i contributi, dato che questi attengono a versamenti, in parte dovuti dai lavoratori, mediante trattenute operate dai datori di lavoro, ed in parte da questi ultimi, diretti a dotare le Casse delle disponibilità economiche necessarie per il conseguimento dei loro fini istituzionali;
che l’entità e le modalità di erogazione sono stabilite dalla contrattazione collettiva; che il credito delle Casse per i contributi a loro spettanti, pur consistendo in una somma di danaro che si identifica in una quota della retribuzione, ha natura diversa da questa, perché spetta a titolo di contributo e non di remunerazione dell’attività lavorativa, non costituendo la retribuzione oggetto della prestazione, ma soltanto la sua base di calcolo;
che, quindi, tale credito non può ritenersi assistito dal privilegio previsto dall’art. 2751 bis c.c., atteso che tale norma non menziona tra i crediti privilegiati quelli dovuti alle associazioni sindacali a titolo di contributo e che non è suscettibile, data la sua eccezionalità, di applicazione analogica.
Quanto alla pretesa intesa ad ottenere il maggiore importo richiesto rispetto a quanto riconosciuto dal G.D. e quanto alla deduzione della indicazione e della prova dell’importo richiesto a titolo di accantonamento, va rilevato che nella sostanza, la parte intende dolersi della valutazione della prova da parte della Corte d’appello, che sconta i ristretti limiti della denuncia del vizio di motivazione, essendo nella specie applicabile il disposto di cui all’art. 360 c.c., n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, atteso che, come ritenuto nella pronuncia delle Sez. U. del 2/4/2014, n. 8053, è oggi denunciabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, nei limiti in cui l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza in sé della motivazione, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto delle altre risultanze processuali (nelle ipotesi quindi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” di motivazione).
E sempre le Sez. U. nella pronuncia cit. hanno rilevato che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
È infine infondato il vizio di omessa pronuncia sulla richiesta del privilegio sulla somma già ammessa a titolo di spese legali, atteso che deve ritenersi che il Tribunale abbia, sia pure implicitamente, pronunciato sul punto, ritenendo corretta la collocazione al chirografo dell’intera somma ammessa al passivo.
È inammissibile il quarto motivo, non potendo la parte dolersi della mancata compensazione, che rientra nei poteri discrezionali del Giudice, nella ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 92 cod. proc. civ., nella formulazione ratione temporis applicabile.
Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 6200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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