CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 20516 depositata il 12 ottobre 2016
ICI – AVVISO DI ACCERTAMENTO – IMMOBILE APPARTENENTE ALL’ENTE RELIGIOSO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini ICI per l’anno 2003 in relazione al quale veniva escluso il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs, n. 504 del 1992, per la mancata utilizzazione nell’annualità indicata di un immobile appartenente all’ente religioso, il quale, opponendosi, eccepiva che l’esenzione spettasse anche in difetto di un effettivo utilizzo del bene, sostenendo altresì che un utilizzo vi fosse comunque stato, offrendo documentazione a riprova.
La Commissione adita rigettava il ricorso ritenendo che il mancato utilizzo escludesse l’esenzione e che in ogni caso la documentazione offerta non avesse il necessario valore probante. La decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe, avverso la quale l’ente religioso propone ricorso per cassazione con due motivi. Il Comune di Terni non si è costituito.
MOTIVAZIONE
1. Con i due motivi di ricorso che possono essere esaminati congiuntamente, per ragioni di connessione logica, l’ente religioso contesta che il supposto – ma in realtà insussistente, come dimostrerebbe la documentazione prodotta in atti ed erroneamente ritenuta insufficiente sotto il profilo probatorio dal giudice di merito (secondo motivo) – mancato utilizzo dell’immobile possa escludere il diritto all’esenzione in contrasto con la previsione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 (primo motivo).
2. Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di cui alle seguenti considerazioni.
3. Può dirsi ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento che vede il riconoscimento del diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 condizionato alla verifica di due requisiti che debbono necessariamente coesistere:
– un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento delle attività previste come esenti dalla norma da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia);
– un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile delle predette attività, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente (e seguendo ove occorra le indicazioni della circolare ministeriale n. 2/DF del 2009) che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (v. tra le più recenti, Cass. n. 14226 del 2015; 13970 del 2016).
3.1. Non contraddice siffatto orientamento la sentenza n. 9948 del 2008 di questa stessa Corte alla quale parte ricorrente si richiama insistendo nell’interpretare tale pronuncia come coerente con un irrilevanza del non utilizzo dell’immobile ai fini della spettanza del diritto all’esenzione.
3.2. In verità la sentenza n. 9948 del 2008 ha ad oggetto una fattispecie del tutto peculiare la cui considerazione non può essere pretermessa laddove si voglia comprendere il principio affermato, che dalla particolarità della fattispecie non può prescindere: in quel caso era in discussione un atto impositivo ai fini ICI con il quale il Comune negava ad un ente “non commerciale” ai sensi dell’art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (si trattava della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro) il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1992 relativamente ad un immobile pacificamente destinato dall’ente in questione allo svolgimento di una delle attività “protette” dalla norma agevolatrice per una annualità immediatamente precedente l’anno di inizio di effettivo utilizzo dell’immobile (altrettanto) pacificamente inagibile per l’annualità in contestazione.
3.3. E’ con specifico riferimento a detta fattispecie che la Corte, nella richiamata sentenza, ha affermato il seguente principio: «l’esenzione dell’Imposta prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, spetta anche nel caso in cui la relazione tra l’immobile ed il soggetto passivo del tributo sia di detenzione e non di possesso, con la conseguenza che il soggetto no profit ha diritto all’esenzione prevista dall’articolo richiamato anche se il terreno non è stato effettivamente utilizzato (perché nella specie inagibile), purché sia stato nella sua disponibilità», La ratio della decisione è espressa nelle conclusioni della citata sentenza, laddove, a seguito di una lettura integrata dei commi 1 (in particolare lettera i) e 2 dell’art. 7, d.lgs. n. 504 del 1992, si stabilisce che «l’esenzione non spetta qualora l’immobile perda il carattere di strumentalità all’esercizio delle attività considerate oppure esca dalla sfera di disponibilità del soggetto non profit»: è su questa base, e in difetto di un accertamento di fatto che autorizzi una diversa opinione, che la Corte ritiene corretta quella espressa dal giudice di merito che ha ritenuto che ai fini dell’esenzione «debba (comunque) prevalere la destinazione, restando irrilevante l’eventuale impossibilità temporanea di utilizzo effettivo».
4. Ciò significa che il mancato utilizzo effettivo dell’immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell’esenzione di cui si discute, deve avere una “causa” che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all’esercizio delle attività protette: il giudice di merito, nel caso qui in esame, ha del tutto omesso questo accertamento manifestando la convinzione che il mancato utilizzo – peraltro supposto, per quanto poi si dirà – determini di per sé, astrattamente considerato e indipendentemente dalle ragioni che possano averlo provocato, un conseguente mancato riconoscimento dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lettera S), d.lgs. n. 504 del 1992.
4.1. Invece, pur essendo vero che la “destinazione” dell’immobile, per “prevalere” ai fini del riconoscimento dell’esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene.
5. Nel caso di specie il giudice di merito, prescindendo come si è detto da un doveroso accertamento sulle ragioni effettive dell’affermato “mancato utilizzo” dell’immobile, finisce per riconoscere che, invece, nell’annualità di riferimento, un utilizzo del bene vi sia effettivamente stato, escludendo, tuttavia, che lo stesso potesse ritenersi significativo «rispetto alla dimensione e capienza dell’immobile».
5.1. In tal modo il giudice di merito ha introdotto, come elemento discriminante ai fini del riconoscimento dell’esenzione, un “concetto quantitativo di utilizzo”, che appare estraneo al contenuto normativo della norma agevolatrice, senza peraltro offrine una motivazione convincente e capace di ovviare alla possibile arbitrarietà di una definizione dei confini di adeguatezza dell’effettività dell’utilizzo dell’immobile affidata al giudice al di fuori di una predeterminata regola di legge.
6. Pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in altra composizione, che provvederà anche per le spese relative alla presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione.
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