CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 21382 depositata il 24 ottobre 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – INPS – LAVORATORI DELL’EDILIZIA – TRATTAMENTO DI DISOCCUPAZIONE SPECIALE EDILE – CONTRIBUTI
Svolgimento del processo
1. – Con sentenza depositata in data 8 giugno 2010, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza con la quale il Tribunale di Messina, accogliendo il ricorso di G.S., aveva accertato il diritto di questo al trattamento di disoccupazione speciale edile e condannato l’INPS al versamento della relativa indennità. Ha poi accolto l’appello incidentale del lavoratore e ha rideterminato le spese processuali del giudizio di primo grado, nel rispetto delle tariffe professionali.
2. – La Corte d’Appello ha ritenuto che “ai fini del periodo contributivo minimo (…) necessario per l’attribuzione, a favore dei lavoratori dell’edilizia, del trattamento speciale di disoccupazione di cui alla L. 6 agosto 1975, n. 427, art. 9, comma 3, deve tenersi conto (…) anche dei periodi di assenza per malattia, nei limiti della durata del comporto ai sensi dell’art. 2110 c.c., non risultando ai fini anzidetti derogato il principio, presupposto dall’art. 37 del d.p.r. 26 aprile 1957, n. 818, dell’esonero del lavoratore, entro i suindicati limiti, dal rischio della mancata prestazione lavorativa”.
3. – Contro la sentenza, l’INPS ricorre per cassazione sulla base di un unico articolato motivo, illustrato da memoria, cui resiste con controricorso lo S.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico articolato motivo di ricorso l’Istituto censura la sentenza denunziando la “violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 1, della L. 23 luglio 1991, n. 223 (che ha sostituito i commi 2° e 3° dell’art. 9 della L. 6 agosto 1975, n. 427), nonché del combinato disposto degli artt. 15 e 17 della L. n. 427/1975, e 56, comma 1°, lett. c) del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827”.
Sostiene che – essendo risultati accreditati allo S. quarantuno contributi settimanali utili per il riconoscimento della prestazione richiesta, invece del cinquantuno pretesi dal lavoratore, – non sussistevano i presupposti necessari per il riconoscimento del trattamento speciale di disoccupazione in favore dei lavoratori licenziati da imprese dell’edilizia e affini. Non poteva infatti invocarsi l’istituto della contribuzione figurativa in relazione ai giorni nei quali era mancata la prestazione lavorativa ed era stato corrisposto il relativo trattamento, poiché, come si desume dall’art. 29, comma 1°, d.l. 23 giugno 1995, n. 244, convertito nella legge 8 agosto 1995, n. 341, l’integrazione aggiuntiva all’indennità di malattia non è erogata dal datore di lavoro, bensì dalla cassa edile mentre i contributi dovuti sono considerati contributi di solidarietà, che non concorrono ad incrementare la specifica posizione contributiva a favore del singolo assicurato.
Chiede che questa corte affermi se “ai fini del raggiungimento del periodo contributivo minimo necessario (43 contributi settimanali) per l’attribuzione in favore dei lavoratori dell’edilizia del trattamento speciale di disoccupazione di cui all’art. 9, comma 3°, legge n. 427/1975, debba tenersi conto dei soli periodi di lavoro per i quali persista a carico del datore di lavoro l’obbligo della retribuzione e della corrispondente contribuzione, e non dei periodi di assenza dal lavoro per malattia”.
2. – In via preliminare deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente, dal momento che il motivo di ricorso è fondato sull’asserita violazione di legge ed il vizio è stato dedotto mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate e delle specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo le affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie. Del resto, lo stesso controricorrente non specifica quali atti e documenti decisivi e rilevanti, posti a fondamento del motivo di impugnazione, non sarebbero stati indicati dall’Istituto ricorrente nel ricorso per cassazione, sì da violare il disposto dell’art. 366 c.p.c.
Anche le ulteriori eccezioni di inammissibilità sollevate dall’intimato sono infondate, giacché, stando anche a quanto riportato nel controricorso, non si ravvisa alcuna modificazione tra la posizione assunta dall’INPS in sede di appello e quella delineata con il ricorso per cassazione. Il nodo centrale della controversia, così come emerge dalla sentenza impugnata, riguarda la computabilità del periodo di malattia nella determinazione della contribuzione minima necessaria per l’attribuzione della provvidenza. Le ulteriori argomentazioni addotte dall’istituto previdenziale sul diverso regime del trattamento economico di malattia nel settore edilizio rispetto a quello industriale non sono altro che tesi difensive volte a confutare la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente, anche nel settore dell’edilizia, il principio dell’equivalenza dei contributi effettivi e di quelli figurativi, e dunque a supportare il motivo di gravame, non già ad introdurre nuove questioni rispetto a quelle delineate nelle precedenti fasi.
Per contro, deve ritenersi nuova la questione prospettata nel controricorso, secondo cui il periodo di assenza dal lavoro per malattia non è “incontroverso”, e ciò a fronte dell’esplicita affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui “il periodo di assenza dell’appellato e l’ascrivibilità a malattia risultano incontroversi” (pag. 3 della sentenza).
Era dunque onere della parte al fine di evitare che eventuali accertamenti di fatto a sé sfavorevoli possano essere valorizzati dalla Corte di cassazione ai fini della definizione della controversia ex art. 384 c.p.c., di interporre ricorso incidentale (sul punto v. Cass., 13 giugno 2008, n. 15986), onde evidenziare l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha ritenuto provato o incontroverso il fatto decisivo (ossia I’assenza per malattia che avrebbe determinato la carenza contributiva), a fronte di prove o di altri elementi di giudizio (come la non contestazione) deponenti in senso contrario. Sotto quest’ultimo profilo, invece, il controricorso è del tutto carente di autosufficienza (principio cui deve essere informato anche il controricorso: v. Cass. 28 maggio 2010, n. 13140; Cass., 7 marzo 2006, n. 4840), avendo la parte omesso non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente, in che termini ed in quale fase processuale ciò sarebbe avvenuto (Cass., 18 ottobre 2013, n. 23675).
Conseguentemente sono inammissibili, in quanto nuove, tutte le questioni sollevate nel controricorso ed i documenti prodotti a corredo, relativi alle modalità di accertamento del meccanismo di rimborso del trattamento economico di malattia ad opera della Cassa edile, involgendo questioni niente affatto affrontate nella sentenza di merito.
Altrettanto priva di autosufficienza è l’eccezione di inammissibilità della produzione documentale dell’Inps nel giudizio di appello, della quale non vi è cenno nella sentenza impugnata.
3. – La questione è stata già oggetto di numerose decisioni di questa Corte, che, a partire da Cass. 7 ottobre 2004, n. 20004, – che ha modificato la soluzione adottata da alcune sentenze precedenti (la 4159 del 1993 e la 9233 del 1994) – ha enunciato il seguente principio di diritto: “Ai fini dell’accertamento del requisito contributivo previsto dalla L. 6 agosto 1975, n. 427, art. 9, comma 3, per l’attribuzione del trattamento speciale di disoccupazione a favore dei lavoratori dell’edilizia, non possono essere computati come lavoro prestato i periodi di assenza dal lavoro per malattia, considerato che – come si desume dal D.L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 29, comma 1, convertito nella L. 8 agosto 1995, n. 341 – l’integrazione aggiuntiva all’indennità di malattia non è erogata, per tale categoria di lavoratori, dal datore di lavoro, bensì dalla Cassa edile, mentre i contributi dovuti – nella misura del quindici per cento del loro ammontare – ai sensi del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 9, convertito nella L. 1 giugno 1991, n. 166, sono da comprendere tra i cosiddetti contributi di solidarietà, che operano in funzione di finanziamento degli istituti previdenziali a vantaggio della collettività dei lavoratori e sono privi di effetti in relazione ai singoli assicurati, nel senso che non concorrono ad incrementare la loro specifica posizione contributiva”. Questo orientamento è stato successivamente confermato da Cass., 6 ottobre 2009, n. 21299; Cass., 5 ottobre 2009, n. 21219, ed il collegio, non ravvisando ragioni per discostarsene, ritiene di dovervi dare continuità.
L’applicazione di tale principio al caso in esame comporta l’accoglimento del ricorso dell’INPS e quindi la cassazione della sentenza impugnata. Non sono necessari ulteriori accertamenti di merito, in quanto la decisione impugnata si fonda sul presupposto che i contributi figurativi siano necessari per il raggiungimento della contribuzione minima e sul punto non è stata oggetto di impugnazione specifica. Il problema si risolve tutto nella questione di diritto esaminata e non richiede giudizio di rinvio.
La domanda del lavoratore deve pertanto essere respinta. In considerazione della obiettiva controvertibilità della questione, come attestata dall’esito dei giudizi di merito favorevole al lavoratore e dai contrasti giurisprudenziali esistenti al momento dell’introduzione del giudizio, sussistono i presupposti per compensare per intero tra le parti le spese dei giudizi di merito. Quanto alle spese del giudizio di legittimità, esse vanno poste a carico del controricorrente, in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da G.S..
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 1800,00, di cui € 100 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e altri accessori di legge. Compensa interamente tra le parti le spese dei giudizi di merito.
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