CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 21570 depositata il 26 ottobre 2016
TRIBUTI – OMESSI PAGAMENTI ACCONTI DI IMPOSTA – CONSEGUENTI OMISSIONI SUI SALDI – SANZIONI CUMULO GIURIDICO
RITENUTO IN FATTO
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Veneto (n. 82/06/09, dep. 30.10.2009), relativa a cartella di pagamento notificata a P. srl il 23 gennaio 2007, per omesso versamento delle imposte IVA, Irpeg e Irap, oltre alle ritenute effettuate come sostituto d’imposta per l’anno 2003.
La CTP di Padova, su ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia P. spa, aveva riconosciuto il diritto all’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni, irrogate ai sensi dell’art. 12 comma 1 del d.lgs. 472/97, respingendo nel resto il ricorso.
La CTR ha respinto gli appelli interposti da tutte le parti (P. srl, Agenzia delle entrate; Equitalia Polis spa), sui punti di relativa soccombenza, confermando la decisione di primo grado.
In particolare, per quanto ancora rileva, la CTR ha affermato che «nella fattispecie in oggetto ricorre l’ipotesi di concorso formale eterogeneo, previsto dall’art. 12, comma 1 prima parte del d.lgs. 472/97», trattandosi di più omissioni relative al versamento di acconti, cui ha fatto seguito una serie di omessi versamenti dei saldi delle imposte dovute; fattispecie considerata compresa nella previsione della continuazione, di cui al comma 2 dell’art. 12 cit., data «la commissione in tempi diversi di più violazioni, che nella loro progressione (prima con gli omessi versamenti degli acconti e poi dei saldi) realizzano l’evasione d’imposta».
L’intimata non si è costituita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (art. 12, comma 1, d.lgs. 472/97), in relazione al cumulo giuridico delle sanzioni in ipotesi di plurime omissioni di versamenti, ritenendo invece che la fattispecie avrebbe dovuto essere ricondotta alla disciplina di cui all’art. 13 del d.lgs. 471/97.
2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge (art. 12, comma 2, d.lgs. 472/97), poiché in tema di illeciti tributari per le violazioni in materia di riscossione delle imposte trova applicazione l’art. 13 del d.lgs. 471/97.
3. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati e vanno respinti.
3.1. Occorre premettere che l’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 (come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 203 del 5 giugno 1998, e successivamente modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 99 del 30 marzo 2000) – ove è definito il concorso di violazione e continuazione nel sistema amministrativo e tributario – prevede, in linea generale, l’applicazione di una sanzione unica e ridotta (c.d. cumulo giuridico) in luogo di quella derivante dalla somma delle sanzioni relative ai singoli illeciti (c.d. cumulo materiale). In particolare la disposizione citata afferma che: “è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni, anche relative a tributi diversi” (comma 1, prima parte); e che soggiace alla stessa sanzione “chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo” (comma 2). La norma citata (art. 12, d.lgs n. 472/97), ha riformulato la disciplina generale dell’istituto della continuazione nell’illecito tributario, confermando ed ampliando il principio del cumulo giuridico delle sanzioni, reso obbligatorio e non più facoltativo (come invece disponeva l’art. 8, della precedente legge sulle sanzioni tributarie, n. 4/29), ed ha considerato specificamente l’ipotesi delle violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, stabilendo, per questa particolare fattispecie, regole di maggior rigore, fermo restando, tuttavia, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni (Cass. n. 7163 del 2002).
3.2. L’ art. 13 (ritardati o omessi versamenti diretti) del d.lgs. 471 del 1997 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662) statuisce che: «Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato..». Quest’ultima disposizione, erroneamente evocata dalla ricorrente amministrazione, identifica l’entità della sanzione in caso di versamenti periodici in acconto e a saldo, ma non esclude il cumulo delle sanzioni, di cui all’art. 12 d.lgs. 472/97, cit., che la CTR ha correttamente applicato, trattandosi di previsione di carattere generale, in quanto costituisce attuazione del principio del favor rei, introdotto dal combinato disposto degli artt. 3, comma 3, 25, comma 2, e 29, comma 1, del d.lgs. n. 472 e 16, comma 1, lett. a), del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (cfr. Cass. n. 411 del 14/01/2015; ex multis, Cass. nn. 2609 del 2000 e 7163 del 2002 emesse in tema di I.V.A.; n. 3265 del 02/03/2012 in tema di ICI).
3.3. Né questa conclusione può essere contrastata invocando la specificità della disciplina dettata dall’art. 48, d.p.r. n. 633/72, per le violazioni relative all’IVA, posto che quest’ultima disposizione è stata espressamente abrogata dall’art. 16, d.lgs. n. 471/97, entrato in vigore contemporaneamente al d.p.r. n. 472/97 (ndr d.lgs. n. 472/97), giacché la funzione dell’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni, che è quella di attenuare il maggior rigore del cumulo materiale, non consente proprio in ragione di tale principio che nell’applicazione concreta della continuazione venga comminata al contribuente una pena eguale o maggiore a quella che sarebbe derivata dalla somma delle singole pene irrogabili per ciascuna delle infrazioni (v. Cass. n. 7163/2002).
3.4. La nuova nozione di continuazione (recte, progressione) di cui all’art. 12 cit. costituisce in sintesi un superamento delle previgenti figure sotto diversi e rilevanti profili: quello dell’obbligatorietà (si chiarisce che la concessione del beneficio non è facoltativa per gli uffici); quello dell’elemento psicologico (non essendo richiesta una “medesima risoluzione”); quello temporale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); quello oggettivo (applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo).
3.5. Quanto all’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la fattispecie va ricompresa nell’ambito del «concorso formale eterogeneo» (nel quale con unica azione od omissione si violano più disposizioni, relative anche a tributi diversi), se ne rileva la erroneità, trattandosi invece di più violazioni – sia formali che sostanziali – tra loro connesse (integranti progressione) e non già di unico atto. La decisione è tuttavia conforme a diritto, e la sentenza va solo corretta in parte qua, in base al potere attribuito a questa Corte secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. (Cass. n. 23989 del 11/11/2014; n. 28663 del 27/12/2013; n. 8561 del 12/04/2006).
Va pertanto riconosciuta la continuazione nella fattispecie in esame nella quale, pur mancando un cumulo formale, sussistono tuttavia più violazioni fra loro connesse per le quali, in attuazione del principio del favor rei, è stato correttamente applicato il cumulo giuridico delle sanzioni.
4. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese, non essendosi l’intimata costituita.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
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