CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 2328 del 5 febbraio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO – LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – GRAVITA’ DELL’ILLECITO DISCIPLINARE – RECESSO INDIVIDUALE
Il principio di proporzione tra la gravità dell’illecito disciplinare e la relativa sanzione, che trova applicazione non soltanto al recesso intimato ai sensi dell’art. 2119 c.c., comporta che il giudice debba valutare non solo il comportamento previsto dalla norma, di contratto o di altra fonte, come punibile con il licenziamento, ma anche l’inserimento eventuale di esso nella vicenda caratterizzata da altri e sia pur meno gravi illeciti disciplinari.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Ancona con sentenza del 22.10.2012 rigettava l’appello proposto da D.A.G. nei confronti della Soc. P.C. e S.E.I. s.r.l. avverso la sentenza del tribunale di Ascoli Piceno del 18.10.2011. La Corte di appello dava atto che si trattava dell’impugnazione di un licenziamento disciplinare da parte di un dipendente operaio sorpreso addormentato sul posto di lavoro (con macchinario da monitorare) nonché renitente, sebbene recidivo, ad adeguarsi ai richiami ed agli ordini del suo superiore gerarchico, licenziamento ritenuto legittimo dal Giudice di prime cure. Circa la doglianza in ordine alla tardività del recesso la Corte osservava che il termine di dieci giorni fissati dal CCNL era stato rispettato in quanto la lettera di recesso era stata timbrata il 2 Agosto a fronte delle giustificazioni che erano pervenute il 23 Luglio; in ogni caso la norma contrattuale si riferiva solo alla sanzioni non espulsive. La contestazione doveva ritenersi provata alla luce delle dichiarazioni rese dal teste B. circa il secondo episodio che aveva riferito di aver trovato il lavoratore seduto su di uno sgabello a circa 7/8 metri dalla macchina avvolgitrice e di aver sentito la reazione offensiva del lavoratore al rimprovero verbale del direttore. Tale dichiarazione riscontrava la deposizione del direttore V. circa il primo episodio che aveva trovato la mattina il D.A. a dormire su una sedia senza operare alcun controllo sul macchinario. La sanzione irrogata era legittima anche alla luce dell’art. 53 del CCNL considerata anche la reiterazione dell’abbandono nella stessa giornata da parte di un lavoratore già recidivo per infrazioni plurime, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D.A. con tre motivi; resiste controparte con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si allega la violazione dell’art. 53 comma sesto CCNL applicabile, nonché dell’art. 7 L. n. 300/70 e degli artt. 1334 e 1135 c.c. e degli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c. Il provvedimento di recesso era tardivo perché era stato ricevuto dopo il termine di 10 giorni stabilito dal CCNL.
Il motivo appare inammissibile in quanto non censura le due rationes decidendi poste a fondamento del capo della sentenza impugnata sul punto della tardività del recesso. Si assume che il recesso sarebbe stato comunicato oltre il decimo giorno, ma la Corte di appello ha anche ritenuto con una intera pagina di motivazione che la norma contrattuale si applicasse solo alla sanzioni non espulsive, il che non viene in nulla contestato. In ogni caso dalla stessa formulazione dell’art. 53 CCNL riportata al motivo risulta che il provvedimento di applicazione della sanzione deve essere “emanato entro i 10 giorni” dalle giustificazioni non “comunicato”.
Con il secondo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; nonché la violazione dell’art.2797 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. Il ricorrente si trovava solo a tre metri dalla macchina sia nel primo che nel secondo episodio ed aveva risposto educatamente alle contestazioni del direttore come confermato da numerosi testi; era una prassi consentita quella di sedersi a breve distanza dalla macchina anche per la temperatura e non era stato procurato alcun danno all’azienda. La ricostruzione degli episodi fatta in sentenza non corrispondeva al reale andamento dei fatti.
Con il terzo motivo si allega la violazione dell’art. 2106 c.c. e dell’art. 7 L. n. 300/70, e degli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c. Non era stata dimostrata o sufficientemente argomentata la proporzione tra i fatti commessi e la sanzione applicata.
I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, appaiono fondati e pertanto vanno accolti. La sentenza impugnata non offre una ricostruisce organica e puntuale dei due episodi contestati. La sentenza parla di “precise, coerenti e concordanti deposizione dei testimoni” ( pag. 4), ma di tali dichiarazioni sono state riportate poche frasi del teste B. che costruirebbero- secondo la Corte- un riscontro logico alla deposizione del direttore V., le cui dichiarazioni non sono neppure sintetizzate. Emerge invece che furono sentiti numerosi altri testi la cui versione non viene menzionata così come non viene neppure esaminata la tesi del lavoratore per cui per prassi veniva tollerato che il lavoratore sedesse a breve distanza dalla macchina per la temperatura elevata e che una breve distanza non faceva perdere il controllo sul macchinario. Questa carenza motivazionale e ricostruttiva è peraltro replicata in ordine alla gravità del fatto in relazione al quale, a parte la citazione di massime della Corte di cassazione, si richiama la disposizione dell’art. 55 CCNL che si riferisce però all'”abbandono del posto di lavoro”, circostanza che non sembra essersi verificata né nel primo che nel secondo episodio.
Pertanto si impone l’accoglimento del secondo e del terzo motivo; ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle spese, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione che provvederà ad esaminare compiutamente l’istruttoria espletata con riferimento a tutti i testi esaminati e con verifica della tesi difensiva del lavoratore e provvederà, una volta ricostruiti i fatti, a valutare la proporzionalità tra gli stessi e la sanzione espulsiva irrogata.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione anche in ordine alle spese.
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