Corte di Cassazione sentenza n. 234 del 10 gennaio 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DA REATO DEGLI ENTI PUBBLICI – SOCIETA’ PER AZIONI
massima della sentenza
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La società d’ambito costituita nella forma di società per azioni per svolgere, secondo criteri di economicità, le funzioni in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasferite alla stessa da enti pubblici territoriali, è soggetta alla normativa in materia di responsabilità da reato degli enti.
Il D.lg. n. 231 del 2001, superando il principio societas delinquere non potest, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano un sistema di responsabilità di enti collettivi conseguente a reato, espressamente definita amministrativa. Quale che sia la natura giuridica di questa responsabilità “da reato”, è certo che in tutta la normativa (Convenzioni internazionali, legge di delegazione, decreto delegato) e, segnatamente, nell’art. 1, comma 1, del D.lg. n. 231 del 2001 essa è riferita unicamente agli “enti”, termine che evoca l’intero spettro dei soggetti di diritto metaindividuali, tanto che, come si è visto, i successivi commi della disposizione da ultimo menzionata ne specificano l’ambito soggettivo di applicazione (Cass. pen., Sez. VI, 3 marzo 2004, n.18941). Da ciò discende che la disciplina prevista dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità da reato delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, non si applica – Cass. pen., Sez. VI, 3 marzo 2004 – alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli enti collettivi.
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Fatto e Diritto
Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di Enna,in data 12 maggio 2010, con la quale è stata rigettata la richiesta diretta all’applicazione alla E. s.p.a. delle misure cautelari della sanzione interdittiva dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi e la revoca di quelli già concessi, ed in via subordinata della nomina di un commissario giudiziale per la durata di un anno e dell’ordinanza emessa dal g.i.p. del Tribunale di E. in data 24 marzo 2010 con cui è stato revocato il sequestro preventivo, funzionale alla successiva confisca, di somme di denaro, beni o altra utilità di E. E. s.p.a., fino all’ammontare di euro 8.915.010,88, disposto con decreto del medesimo G.I.P. in data 25 gennaio 2010, a seguito di responsabilità amministrativa per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p., art. 2622 ce, e 61, n. 9 c.p.; o, in via alternativa, per il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p., art. 2621 ce, art. 61, n. 9 c.p.; art. 110, 2632 ce, 61, n. 9 c.p., art. 110, 81 cpv., 640 bis, 61, n. 7 e 9 c.p.; art. 110, 81 cpv., 316 bis, 61 n. 9 c.p.; art. llo, 81 cpv. C.p., 2621 ce, 61 n. 9 c.p. art. e dei conseguenti illeciti amministrativi derivanti dai suddetti reati ex art. 24 e 25 ter d.lgs. n. 231/2001
A sostegno dell’impugnazione ha dedotto i seguenti motivi:
a) Violazione dell’art.1, comma 3, d.lgs. n. 231/2001
Il ricorrente lamenta che il Tribunale, pur riconoscendo alla E. E. s.p.a. la natura di ente pubblico economico, ha ritenuto la stessa non soggetta al d.lgs. n. 231/2001, attraverso un’erronea interpretazione dell’art. 1, comma 3 del d. lgs. N. 231/2001, basando l’esclusione con riferimento allo svolgimento di funzioni pubbliche proprie degli enti territoriali, a seguito del trasferimento da parte dei Comuni della provincia di Enna delle loro funzioni appunto all’A.T.O. Enna.
Secondo il P.M. ricorrente in questo modo il Tribunale avrebbe ingiustificatamente ampliato il novero dei soggetti esclusi dall’applicazione del citato d.lgs. n. 231/01, in violazione dell’art. 15, comma 1 lett. a) d.lgs. citato,che prevede la possibilità di nomina dì un commissario giudiziale, nell’ipotesi in cui l’applicazione della misura interdittiva possa determinare una interruzione di un pubblico servizio o di un servizio di pubblica necessità con grave pregiudizio per la collettività;
sarebbe stato violato inoltre l’art. 45, comma 3, d.lgs. n. 231/2001 che disciplina l’applicazione di misure cautelari nei confronti di un ente che svolge un servizio pubblico o di pubblica necessità. L’articolo infatti richiama la disposizione contenuta nell’art. 15 d.lgs. citato, prevedendo la possibilità per il giudice, cui è stata richiesta una misura cautelare interdittiva, di nominare un commissario giudiziale, come richiesto in via subordinata dallo steso P.M., richiesta rigettata dal G.i.p. e dal Tribunale di Enna.
Il quadro normativo così ricostruito dimostrerebbe come la natura pubblica dell’attività esercitata dall’ente nei cui confronti si procede non comporta l’inapplicabilità delle disposizioni del d.lgs. n. 231/2001.
b) Violazione dell’art. 125, comma 3 c.p.p.
Il P.G. ricorrente censura, inoltre, la ritenuta insussistente attualità del pericolo di reiterazione dell’attività illecita da parte della soc. E. Uno s.p.a., poiché la società sarebbe attualmente gestita da amministratori nominati dalla Regione, i quali avrebbero come unica funzione quella dì gestire la liquidazione della società.
Questa motivazione sarebbe meramente apparente e smentita da numerosi elementi acquisiti in fase dì indagine dai quali emergerebbe come in realtà il collegio di “liquidazione” è stato autorizzato all’esercizio provvisorio dell’impresa, con indizione di gare d’appalto, completamento di procedure di compostaggio, rinnovo del parco macchine e mezzi; inoltre, fino a quando non diverranno operative le modifiche previste dalla l.r. n. 9/2010, concernenti la messa in liquidazione delle autorità d’ambito siciliane e l’affidamento a nuove società , da costituirsi, per le attività di gestione del sistema dei rifiuti, il pericolo di reiterazione deve ritenersi presumibile anche in base alla gravità degli illeciti ipotizzati e alla loro reiterazione nel tempo. Il ricorso è fondato.
In base al dato normativo una corretta lettura della disciplina concernente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica porta a ritenere che possano essere esonerati dall’applicazione del d. lgs. N. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni dì rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici (art. 1, u.c. d.lgs. 231/2001).
Appare dunque evidente che la natura pubblicistica dì un ente è condizione necessaria ma non sufficiente per l’esonero dalla disciplina in questione; deve necessariamente essere presente anche la condizione dell’assenza di svolgimento di attività economica da parte dell’ente medesimo.
Nel caso in questione appare pacifico lo svolgimento dell’attività economica da parte della soc. E.E. s.p,a.,che, anzi, proprio in ragione della sua struttura societaria evidenzia la presenza di una tale caratteristica.
Tale conclusione peraltro è condivisa dallo stesso Tribunale del riesame, che sottolinea come la soc. E.E. s.p.a. deve informare, tra l’altro, la propria attività a criteri di economicità consentendo la totale copertura dei costi della gestione integrata e integrale del ciclo dei rifiuti, con conseguente applicabilità, nei suoi confronti dell’art. 2201 del cc.
Ciò premesso però il Tribunale del riesame ha escluso l’applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. n. 231/2001 sulla base dell’avvenuto trasferimento di funzioni dall’ente territoriale Comune alla società d’ambito costituita in forma di s.p.a., a seguito del commissariamento emergenziale della regione Sicilia in materia di rifiuti,come imposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione civile. Proprio dal trasferimento delle funzioni dall’ente territoriale alla Società d’ambito deriverebbe l’impossibilità di applicare la disciplina del d.lgs. n. 231/2001.
Una tale conclusione non può essere condivisa.
La ratio dell’esenzione è infatti quella di escludere dall’applicazione delle misure cautelari e delle sanzioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 enti non solo pubblici, ma che svolgano funzioni non economiche, istituzìonalemente rilevanti, sotto il profilo dell’assetto costituzionale dello Stato amministrazione.
In questo caso, infatti, verrebbero in considerazione ragioni dirimenti che traggono la loro origine dalla necessità di evitare la sospensione di funzioni essenziali nel quadro degli equilibri dell’organizzazione costituzionale del Paese.
Nella fattispecie in esame tuttavia proprio la preminente, se non esclusiva, attività di impresa che deve essere riconosciuta alla Società E.E. s.p.a. non può essere messa in dubbio dallo svolgimento di una attività, che ha sicuramente ricadute indirette su beni costituzionalmente garantiti, quali ad esempio il diritto alla salute (art. 32 cost.), il diritto all’ambiente (art. 9 cost.), ma che innanzitutto si caratterizza per una attività e per un servizio che, per statuto, sono impostati su criteri di economicità, ravvisabili nella tendenziale equiparazione tra i costì ed i ricavi, per consentire la totale copertura dei costi della gestione integrata ed integrale del ciclo dei rifiuti. Non si tratta dunque di avallare un criterio “formale” di applicazione della norma, ma dì individuare attraverso una lettura strutturale della norma medesima, il suo corretto ambito applicativo, quale emerge anche dal dato letterale.
L’attribuzione di funzioni di rilevanza costituzionale, quali sono riconosciute agli enti pubblici territoriali, come i comuni, non possono tralaticiamente essere riconosciute a soggetti che hanno la struttura dì una società per azioni, in cui la funzione di realizzare un utile economico,è comunque un dato caratterizzante la loro costituzione. Una conclusione diversa porterebbe all’inaccettabile conclusione, sicuramente al di fuori sia della volontà del legislatore delegante che del legislatore delegato, di escludere dall’ambito dì applicazione della disciplina in esame un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore dello smaltimento dei rifiuti,e quindi con attività in cui viene in rilievo, come interesse diffuso, il diritto alla salute e all’ambiente, ma anche là dove viene in rilievo quello all’informazione, alla sicurezza antinfortunistica, all’igiene del lavoro, alla tutela del patrimonio storico e artistico, all’istruzione e alla ricerca scientifica, in sostanza in tutti i casi in cui vengono ad essere coinvolti, seppur indirettamente, dall’attività degli enti interessati, i valori costituzionali di cui alla parte prima della Costituzione (v. anche Cass., sez. II, 9 luglio 2010, n. 28699, C.E.D. cass.,n. 247669).
Né, sulle base delle argomentazioni svolte dal P.M., può ritenersi corretta la ritenuta esclusione del pericolo concreto della reiterabilità della
commissione di illeciti analoghi a quelli per cui si procede.
In realtà la circostanza della nomina di amministratori scelti dalla Regione è di per sé circostanza neutra rispetto all’esigenza di escludere il pericolo di reiterazione dì condotte di rilevanza penale, in presenza di una attività di liquidazione, che non esclude, ma anzi richiede, sulla base del dato incontestabile dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio di impresa,e sulla base di documenti specificamente indicati dal p.m. ricorrente e provenienti dalla stessa società E.E. s.p.a., l’espletamento di gare di appalto, l’avviamento di impianti industriali (attività di compostaggio), procedure per il compostaggio domestico , addirittura rinnovo parco macchine e mezzi, la cui compatibilità con la procedura di liquidazione appare allo stato di non chiara interpretazione.
Il provvedimento impugnato dunque, non appare aver fatto corretta, applicazione del combinato disposto degli artt. 1, 15, 45 d.lgs. n. 231/2001,nel rigettare sia la richiesta principale dì applicazione della misura cautelare della sanzione interdittiva dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi e la revoca di quelli già concessi, che quella subordinata di nomina di un commissario giudiziale per la durata di un anno.
Deve dunque essere annullato l’impugnato provvedimento con rinvio al Tribunale di E. per nuovo esame
PQM
La Corte di cassazione, Sezione seconda penale, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Enna per nuovo esame Roma, 26 ottobre 2010
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