CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 24418 depositata il 13 giugno 2016
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – EFFETTO ESTINTIVO DELLA CONTRAVVENZIONE – PAGAMENTO DELLA SANZIONE
FATTO
1. S.M. ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento che lo ha condannato per una serie di violazioni in materia di sicurezza sul lavoro di cui al d.lgs. 8172008.
2. Con un unico motivo lamenta che il giudice non avrebbe applicato la causa estintiva di cui all’art. art. 21 del d. lgs. n. 758 del 1994. Infatti dagli atti emerge come l’imputato abbia adempiuto regolarmente alle prescrizioni imposte dall’organo accertatore, tale adempimento avendo fatto venire meno il carattere di offensività della condotta e attenendo il pagamento della somma prevista dal comma secondo unicamente alla sfera amministrativa; in altri termini, l’adempimento farebbe venire meno immediatamente l’illiceità penale della norma, che diverrebbe già in quel momento mero illecito amministrativo, con il conseguente obbligo di versare le somme determinate dall’art 21 cit..
DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato: il tenore del comma 1 dell’art. 24 del d. lgs. n. 758 del 1994, nel prevedere che “la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’art. 21, comma 2” è chiarissimo nel fare riferimento anche alla necessità del pagamento quale condizione, unitamente all’adempimento di quanto prescritto, per l’estinzione del reato. Ed infatti questa Corte ha già chiarito appunto che l’effetto estintivo consegue al verificarsi delle due condizioni previste dalla legge: l’osservanza delle prescrizioni imposte dall’organo di vigilanza ed il pagamento della sanzione e che quindi per la realizzazione dell’effetto estintivo il contravventore deve prima eliminare la violazione, secondo le modalità prescritte dall’organo di vigilanza e nel termine assegnatogli, e, una volta accertato l’adempimento delle prescrizioni, deve provvedere al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di giorni trenta. L’inosservanza dell’una o dell’altra condizione impedisce la realizzazione dell’effetto estintivo (tra le tante, Sez. 3, n. 12294 del 09/02/2005, P.G. in proc. Maratea, Rv. 231065; Sez. 3, n. 23921 del 30/05/2003, P.M. in proc. P., Rv. 224772; Sez. 3, n. 40576 del 03/12/2002 n. 40576, F., Rv. 222919). A nulla rileva, poi, che la previsione del termine per il pagamento non sia accompagnata da esplicite sanzioni di decadenza o di inammissibilità, perché, da un lato, tutto il procedimento di estinzione appare chiaramente improntato a passaggi successivi con caratteri di perentorietà, dall’altro, la mancata previsione discende dalla natura stessa della procedura di precondizione negativa dell’azione penale (nel senso che questa non viene esercitata solo se si sia perfezionata, in tutti i suoi estremi, la procedura di estinzione). A tale conclusione conducono, del resto, anche le considerazioni del carattere eccezionale della trasformazione di un illecito da penale in amministrativo e della complessiva ratio della fattispecie estintiva che, oltre che fondata sull’esigenza del sollecito ripristino delle condizioni di sicurezza sui posti di lavoro, ha anche chiari intenti deflativi. Tali considerazioni inducono a ribadire il principio in base al quale nei casi in cui, per la minore gravità degli illeciti commessi e/o anche per altri motivi connessi, lo Stato rinuncia a perseguire il colpevole consentendogli di provocare l’estinzione del reato con l’adempimento dell’obbligazione amministrativa, la trasformazione dell’illecito penale in illecito amministrativo può essere ammessa, appunto per il suo carattere eccezionale, solo se attuata nei termini previsti e,comunque, prima del processo, ma non più quando lo Stato, di fronte all’inerzia dell’interessato, ha ripreso il suo potere- dovere di perseguirlo.
4. Il ricorso è dunque inammissibile; alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.
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