CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 2475 del 31 gennaio 2017
FATTI DI CAUSA
Su ricorso della Cooperativa P. a r.l., la Commissione Tributaria Provinciale di Bari annullava l’avviso di accertamento n. 884030200268/2009 emesso nei confronti della società per recupero IRES, IRAP e IVA 2004 conseguente a rettifica induttiva dei ricavi. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate, confermando l’inattendibilità dell’operazione ricostruttiva, già stigmatizzata dal primo giudice.
L’Agenzia ricorre per cassazione sulla base di due motivi.
La cooperativa resiste mediante controricorso.
Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per esser il giudice d’appello incorso in extrapetizione quando ha rilevato nell’accertamento induttivo una «doppia presunzione» mai censurata dalla contribuente.
1.1. Il motivo è infondato. L’extrapetizione ricorre qualora il giudice attribuisca alla parte un bene nemmeno implicitamente compreso nella domanda, non quando egli contiene la decisione nei limiti della pretesa pur fondandola su argomentazioni non prospettate dalla parte (Cass. 11 ottobre 2006, n. 21745, Rv. 592770; Cass. 31 gennaio 2011, n. 2297, Rv. 616336). Nella specie, la contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento per difetto di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni utilizzate dall’ufficio accertatore: la verifica sulla valenza inferenziale di ciascun indizio resta nell’àmbito del petitum, atteso che il divieto della doppia presunzione (praesumptio de praesumpto) null’altro è se non una regola di valutazione delle presunzioni semplici.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver il giudice d’appello ingiustificatamente negato l’obiettività di determinazione e l’esattezza di applicazione della percentuale di ricarico utilizzata nell’accertamento, senza aver egli neppure valorizzato quale indizio di evasione il riscontrato occultamento di un magazzino aziendale.
2.1. Il motivo è inammissibile. La denuncia ex art. 360 n. 5 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, successivo al d.lgs. n. 40 del 2006 e anteriore alla l. n. 134 del 2012) deve specificamente indicare il «fatto» controverso e decisivo in relazione al quale la motivazione si assume viziata, dovendosi intendere per «fatto» non una questione trattata o un punto deciso, ma un vero fatto, principale o secondario (Cass. 5 febbraio 2011, n. 2805, Rv. 616733; Cass. 27 luglio 2012, n. 13457, Rv. 623584). Nel caso in esame, la specificazione fattuale manca palesemente, giacché la doglianza investe il ragionamento decisorio nella sua complessità, ciò che tradisce l’attesa di una rivisitazione del materiale istruttorio preclusa al giudice di legittimità: proprio in tema di accertamento analitico-induttivo, si è chiarito che il controllo di logicità del giudizio di fatto ex art. 360 n. 5 c.p.c. non equivale a una rinnovazione del ragionamento decisorio, che sarebbe contraria alla funzione istituzionale della giurisdizione di legittimità (Cass. 28 marzo 2012, n. 5024, Rv. 622001).
3. Il ricorso deve essere respinto; le spese di questo giudizio seguono la soccombenza, con distrazione giusta istanza di controricorso.
4. Non ricorrono i presupposti dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, previsione inapplicabile agli enti pubblici ammessi alla prenotazione a debito (Cass. 14 marzo 2014, n. 5955, Rv. 630550; Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778, Rv. 638714).
P. Q. M.
Respinge il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla Cooperativa P. a r.l. le spese di questo giudizio, che liquida in C 5.600,00 per compensi, oltre accessori di legge, con distrazione in favore dell’Avv.
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