Corte di Cassazione sentenza n. 25391 depositata il 25 ottobre 2017
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Preso atto che:
il Consigliere relatore Dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo il ricorso infondato giusti i principi espressi da questa Corte di Cassazione con Ordinanza n. 7750 del 05/04/2011 e perchè non viene censurata l’effettiva ratio della sentenza impugnata.
La proposta del relatore è stata notificata alle parti.
Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.
Il Collegio premesso che:
1.- La società S.A.I.T.T., con ricorso del 27 aprile del 2016 ha chiesto a questa Corte la cassazione della sentenza n. 625 del 2015 (non notificata), con la quale la Corte di Appello di Bologna riformava la sentenza del Tribunale di Rimini, il quale, con sentenza del 30 agosto 2006 aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo emesso a carico di B.R.P. per un importo di Lire 42.312.000 oltre interessi, perchè tardiva, aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva di R.N. e aveva rigettato la domanda della società SAITT a carico dell’opponente. Secondo la Corte di Appello di Bologna l’opposizione di cui si dice non era tardiva perchè era stata correttamente proposta con atto notificato il 30 marzo 2000, entro il termine ordinario di quaranta giorni dalla notifica del ricorso per, dichiarazione di fallimento avvenuta il 24 febbraio 2000. Nel merito l’opposizione era fondata e andava accolta perchè la parte opposta non aveva dato prova del fatto costitutivo della pretesa creditoria. La cassazione della sentenza è stata chiesta per due motivi: 1) per violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 2, n. 3, dell’art. 650 c.p.c., laddove ha ritenuto ammissibile l’opposizione tardiva, pur non sussistendo la prova della mancata conoscenza dell’ingiunzione da parte della B.. 2) per violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, art. 2697 c.c. e degli artt. 115, 116 e 132 c.p.c., per non aver dato ingresso alle prove orali che la società SAITT aveva ritualmente riproposto in secondo grado. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
2.- Con il primo motivo di ricorso la società SAITT si duole del fatto che la Corte felsinea abbia ritenuto legittima l’opposizione tardiva proposta dalla B., adducendo che il luogo di notifica non fosse collegato, altrimenti, a quello di residenza della B. e fosse assodata la falsità della sottoscrizione apposta sulla cartolina di ricezione dell’atto ingiuntivo non tenendo conto che la B. si era sempre difesa, sostenendo che l’atto era stato ritirato dalla madre con cui non era convivente senza comprovare che l’atto era stato indirizzato in luogo diverso dalla sua residenza e in un posto privo di un qualsivoglia collegamento con la sua persona. Il Giudice del merito, secondo la ricorrente, avrebbe manifestamente derogato al principio dettato dall’art. 650 c.p.c., che impone la prova rigorosa in capo all’opponente del quando e del come l’opponente ha avuto conoscenza della notifica irregolare del decreto.
2.1.- Il motivo è infondato. Come ha già detto questa Corte in altre occasioni, in tema di notifica effettuata a mani di un familiare del destinatario, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui questa sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, con conseguente nullità della notifica stessa, non sanata dalla conoscenza “aliunde” della notificazione dell’atto di citazione, non accompagnata dalla costituzione del convenuto. (Ordinanza n. 7750 del 05/04/2011). In termini analoghi Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6817 del 02/07/1999: “In tema di notifica effettuata a mani di un familiare del destinatario, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui la notificazione sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, in tal caso non potendosi ritenere avverato il presupposto della frequentazione quotidiana, sul quale si basa l’ipotesi normativa della presumibile consegna”.
Pertanto, correttamente, la Corte di Appello di Bologna ha rilevato che “(….) il fatto che la raccomandata sia stata ritirata dalla madre dell’appellante non sana il vizio della notifica, nè rileva il precedente ritiro da parte della madre dell’appellante di corrispondenza indirizzata sempre a (OMISSIS) trattandosi di una raccomandata specifica il 4 ottobre 1997 prima che l’appellante trasferisse la propria residenza e d’altro lato, nessun valore può rivestire dopo la cancellazione del registro delle imprese avvenuta nel marzo del 1999 (….) La cessazione di ogni collegamento tra l’appellante ed il luogo ove è avvenuta la notifica del decreto ingiuntivo è ulteriormente confermata dall’esito negativo del tentativo di notifica, presso lo stesso indirizzo, del ricorso per dichiarazione di fallimento.
2.2.- Sotto altro aspetto va osservato che, come ha affermato la Corte felsinea, la B. ha correttamente dimostrato la non tempestiva conoscenza del decreto a causa dell’invalidità della notifica, avendo dato prova del quando e del come ne sia venuta a conoscenza. È orientamento pacifico della Corte di Cassazione che in tema di presupposti di ammissibilità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo la conoscenza “non tempestiva” del decreto ingiuntivo per effetto della irregolarità della sua notificazione non si identifica con una conoscenza avvenuta il giorno successivo a quello della decorrenza del termine per la proposizione dell’opposizione tempestiva, bensì con una conoscenza acquisita o dopo la scadenza di detto termine o, prima di essa, in un momento nel quale l’opposizione non può più essere predisposta e proposta in modo adeguato per lo sviluppo e l’approfondimento delle difese dell’ingiunto. Tale principio (che è ispirato ad una logica non dissimile da quello di cui all’art. 294 c.p.c., comma 1, ed all’art. 327 c.p.c., comma 2) comporta che la prova della non tempestiva conoscenza può essere fornita a mezzo di presunzioni ed, in particolare, trattandosi di fatto negativo, attraverso la dimostrazione del fatto positivo costituito dal modo e dal quando la conoscenza sia avvenuta.
3.- Con il secondo motivo la ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettuale abbia ritenuto che le richieste istruttorie formulate in primo grado non fossero state riproposte nel giudizio di appello e che fossero irrituali. Piuttosto la società SAITT ha ripresentato le richieste istruttorie che si manifestavano pertinenti e rilevanti poichè finalizzate a dimostrare che la merce era stata ritualmente ordinata dalla B. ed alla medesima consegnata ed ancora che al pagamento aveva proceduto il sig. G.M., consegnando due assegni andati, successivamente, insoluti e protestati.
3.1. – Il motivo è infondato perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi e, soprattutto, la ricorrente non ha censurato in sede di appello, come avrebbe dovuto fare con idoneo motivo di appello, le ragioni per le quali il Tribunale aveva respinto le istanze istruttorie, perchè non ritualmente formulate. E, comunque, La Corte distrettuale riconferma la decisione del Tribunale in ordine al rigetto delle istanze istruttorie e tale motivazione non sembra sia stata oggetto di alcuna censura, essendosi la ricorrente limitata a censurare l’affermazione di mancata riproposizione delle istanze istruttorie, che è altra e diversa ragione rispetto alla prima.
In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
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