CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 26151 del 30 dicembre 2015
FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 7 ottobre 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.: “Il Tribunale di Bari ha accolto il ricorso proposto dalla C. B. C. s.r.l. nei confronti del’INPS e di Equitalia spa dichiarando l’inesistenza, per maturata prescrizione, del diritto di procedere in sede esecutiva sulla base del ruolo oggetto di causa (cartella esattoriale 014 2003 0009958525000), sul rilievo che la cartella era stata notificata il 5.2.2003, mentre l’intimazione di pagamento era stata notificata il 28.5.2009 quando era decorso il termine prescrizionale di cui all’art. 3 l. 335/95. Ha evidenziato, altresì, che il primo atto interruttivo della prescrizione era stato anch’esso compiuto il 29.1.2008, quando il suddetto termine era maturato. Accogliendo il secondo motivo di gravame della Equitalia Sud spa ed il gravame dell’INPS, la Corte di appello di Bari, con sentenza del 9.1.2014, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda dell’opponente, rilevando che il concessionario alla riscossione aveva prodotto estratto di ruolo, dal quale risultavano pregressi pagamenti parziali quietanziati relativi al periodo dal 4.8.2004 al 17.9.2008, nonché accordate sospensioni all’esecuzione, e che l’INPS aveva precisato che la C. B. C. aveva presentato diverse istanze di dilazione tutte revocate perché la società non era mai stata al corrente con i contributi successivi alla dilazione.
Osservava la Corte che l’eccezione di interruzione della prescrizione integrava un’eccezione in senso lato che poteva essere rilevata d’ufficio, sulla base di elementi probatori acquisiti agli atti, senza che il fatto interruttivo fosse stato dedotto formalmente dall’attore come contro eccezione, purchè la relativa prova fosse stata ritualmente introdotta in giudizio ed anche in mancanza di espresso esame dell’atto interruttivo nella precedente fase processuale.
Rilevava che l’appellata, nell’introdurre il giudizio in opposizione, aveva dedotto di avere eseguito dei versamenti successivamente alla notifica della cartella come pagamenti a titolo di acconto e che in data 29.2.2008 aveva presentato istanza di sospensione dell’esecuzione producendo documentazione dalla quale emergeva il residuo debito della società, sia che, con provvedimento del 29 febbraio 2008, l’INPS aveva disposto la sospensione della riscossione dei crediti iscritti a ruolo.
Ritenuta la legittimazione ad causam del concessionario, come tale legittimato a contraddire sull’avversa pretesa, il giudice del gravame evidenziava che la documentazione prodotta dall’INPS nel giudizio di appello corrispondeva a quella già prodotta in primo grado da Equitalia e che quindi potessero essere poste a fondamento della decisione prove proposte dalle parti qualunque ne fosse stata la provenienza, Ritenuta la legittimazione ad causam del concessionario, come tale legittimato a contraddire sull’avversa pretesa, il giudice del gravame evidenziava che la documentazione prodotta dall’INPS nel giudizio di appello corrispondeva a quella già prodotta in primo grado da Equitalia e che quindi potessero essere poste a fondamento della decisione prove proposte dalle parti qualunque ne fosse stata la provenienza. In particolare, tutte le quietanze erano state rilasciate con l’indicazione “in conto tributi” e le istanze di dilazione contenevano l’esplicito riconoscimento del debito contributivo denunziato. In ragione di tali considerazioni non poteva, secondo la Corte di Bari, ritenersi perfezionata la fattispecie estintiva del debito per prescrizione quinquennale. Per la cassazione di tale decisione ricorre la C. B. C. srl, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resistono, con separati controricorsi, l’INPS ed Equitalia.
Con il primo motivo, la ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., rilevando che la sentenza gravata ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, atteso che in sede di costituzione nel giudizio di gravame, ove era stata proposta impugnazione incidentale dall’INPS, era stata rilevata l’inammissibilità dell’appello dell’istituto anche per tardività della costituzione dello stesso in primo grado, che ne aveva comportato la decadenza dalla possibilità di produrre documenti e richiedere mezzi di prova. Osserva la ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità per tardivo deposito dei documenti, prodotti dall’INPS solo col proprio ricorso in appello, e riteneva che nella specie lo stesso giudice fosse incorso nel vizio di omessa pronuncia.
Con il secondo motivo, viene dedotta nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., falsa applicazione dell’art. 2944 c. c. e dei principi in tema di interruzione della prescrizione, violazione degli artt. 416 – 437 c.p.c. e dei principi in tema. di divieto di produrre nuovi documenti (precostituiti) in appello, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.. In particolare, la C. B. C.. s.r.l. si duole della ritenuta utilizzazione di documenti giammai prodotti in primo grado, che la difesa dell’INPS aveva depositato solo in allegato al ricorso in appello, nonostante che ne fosse stata eccepita l’inutilizzabilità ed inammissibilità quanto alla produzione in giudizio, in dispregio del principio secondo il quale ai sensi dell’art. 416, 3° comma, c.p.c., si determina la decadenza del diritto alla produzione di documenti prodotti oltre il termine ivi previsto, con preclusione rispetto alla produzione di nuovi mezzi di prova in sede di gravame.
Aggiunge che, a seguito della verificatasi decadenza, non sono neanche invocabili i poteri officiosi del giudice, che non possono essere esercitati per recuperare le decadenze in cui sia incorsa la parte. La doglianza di cui al secondo motivo investe sia il profilo della nullità della sentenza che abbia ritenuta raggiunta la prova dell’intervenuta interruzione della prescrizione utilizzando documenti tardivamente ed irritualmente depositati dall’INPS per la prima volta in appello, sia quello della violazione dell’art. 2944 c.c. nella parte in cui, una volta espunti tali documenti, la sentenza ha ritenuto che la copia dell’estratto di ruolo riferito alla cartella presupposta dall’impugnata intimazione di pagamento assuma il valore di riconoscimento del debito e di atto avente valida efficacia interruttiva della prescrizione,
Il ricorso è infondato.
Nel processo del lavoro, la costituzione del convenuto avvenuta oltre il decimo giorno antecedente la prima udienza, e cioè oltre il termine imposto dall’art. 416 cod. proc. civ., pur non essendo nulla, ne’ inammissibile, va considerata come costituzione tardiva, che comporta che la parte tardivamente costituita, ferma la decadenza ex art. 416 citato per le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, deve accettare il processo nello stato in cui si trova.
Nella specie la decisione del giudice del gravame, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, non ha omesso di pronunciare sull’eccezione di tardività della costituzione dell’istituto, ma. implicitamente ne ha ritenuto la fondatezza seppure la irrilevanza ai fini di causa, laddove, nel ricostruire il quadro probatorio, ha dato atto della natura di eccezione in senso lato della eccezione di interruzione della prescrizione, rilevabile come tale d’ufficio sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti (in tal senso cfr., tra le altre, Cass. 25213/2009, Cass. 16542/2010 e, da ultimo, Cass. 1.2.2013 n. 2420 sul potere di rilevamento anche d’ufficio delle eccezioni in senso lato solo sulla base di elementi probatori ritualmente e tempestivamente allegato dalle parti), ed ha osservato come nel giudizio di opposizione alla pretesa esecutiva la stessa parte opponente aveva dedotto di avere eseguito versamenti a titolo di acconto, di avere presentato istanza di sospensione dell’esecuzione all’INPS, corroborando tali affermazioni con pertinente documentazione. Tra la documentazione considerata ritualmente prodotta in causa è stata, poi, indicata quella prodotta da Equitalia (estratto del ruolo dal quale risultavano pregressi pagamenti parziali dal 2004 al 2008, accordate sospensioni dell’esecuzione), sicchè, sulla base anche dell’assunto dell’INPS, secondo cui erano state presentate dalla società diverse istanze di dilazione, in modo affatto conforme ai principi processuali è stato dato ingresso in sede di gravame all’ulteriore documentazione di provenienza INPS in coerenza con la prevista possibilità del giudice di attivare i poteri di cui all’art. 421 c. p.c.
A tale riguardo è stato, invero, ritenuto che l’eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi, diversamente dall’eccezione di prescrizione, come eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo, ma sulla base di allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e, in ordine alle controversie assoggettate al rito del lavoro, sulla base dei poteri istruttori legittimamente esercitabili anche di ufficio ai sensi dell’art. 421, secondo comma, cod. proc. civ., dal giudice, tenuto, secondo tale norma all’accertamento della verità dei fatti rilevanti ai fini della decisione. Pertanto, in presenza di un quadro probatorio che non consenta di ritenere sicuramente insussistente un fatto costitutivo od impeditivo l’esercizio di tali poteri istruttori è doveroso ove l’incertezza possa essere rimossa con opportune iniziative istruttorie sollecitate dal giudice (cfr. Cass. 14.7.2010 n. 16542). Tra la documentazione che aveva trovato ingresso in causa, sia pure tardivamente, ma in virtù dell’attivazione di tali poteri di ufficio, come ribadito legittimamente esercitati, risultavano istanza di dilazione del 19.4.2006 e del 28.2.2008, nonché quietanze di pagamento corrispondenti per date ed importi a quelle già risultanti dall’estratto di ruolo ritualmente e tempestivamente prodotto da Equitalia, nelle quali vi era un esplicito ed incondizionato riconoscimento del debito contributivo da parte della società con riferimento al debito risultante dalla cartella ed una rinuncia ad ogni eccezione al riguardo.
Quanto alla censura espressa nel secondo motivo, è sufficiente osservare che il riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2944 cod. civ. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma costituisce un atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, il quale non richiede, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un fatto e non all’applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al giudice del merito, ed è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della correttezza logica e giuridica della motivazione (cfr. Cass. 24555/2010, Cass. 23.2.2010 n. 4324, Cass. 7.9.2007 n. 18904). In definitiva, il datore di lavoro, che richieda con varie istanze la rateazione del versamento di contributi assicurativi e nuovi termini di dilazione, pagando poi in tempi diversi vari acconti, riconosce i diritti dell’istituto previdenziale ed interrompe la prescrizione per i crediti ancora non prescritti, mentre rinuncia a valersi della prescrizione già maturata per quelli già prescritti. L’indagine circa il riconoscimento e la rinuncia predetti, che possono risultare da qualsiasi concludente manifestazione di volontà, il cui accertamento di fatto, come già chiarito, è insindacabile in Cassazione, se la motivazione sia immune da vizi logici e giuridici.
Per le esposte considerazioni, si propone, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., il rigetto del ricorso”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. La società C. B. C. a r. l. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis, 2° comma, c.p.c.
Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto dello stesso.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate, in favore di ciascuno dei contro ricorrenti, nella misura indicata in dispositivo.
La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento alle parti controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna di esse, in euro 100,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7.10.2015
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