CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 2647 del 10 febbraio 2016
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – INPS – PREVIDENZA – CONTRIBUTI OMESSI – SANZIONI – CARTELLA ESATTORIALE – IMPUGNATIVA – TERMINE
In tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali iscritti a ruolo, ove sia dedotta l’irregolarità formale della cartella, che, essendo un estratto del ruolo, costituisce titolo esecutivo ai sensi dell’art. 49 del d.p.r. 602/1973, l’opposizione deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi, per la quale è applicabile l’art. 29, comma 2, del d.lgs. 46/1999 (che rinvia, per la relativa regolamentazione, alle forme ordinarie), e non l’art. 24 del medesimo decreto (che prevede il diverso termine di quaranta giorni e riguarda l’opposizione, nel merito della pretesa azionata). Ne consegue che l’opposizione prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi entro cinque giorni dalla notifica della cartella, e che è irrilevante la mancata indicazione, nella cartella, del termine predetto, in quanto l’obbligo di indicazione dei termini e delle modalità di impugnazione della cartella, di cui all’art. 1, comma 2, del D.M. 28 giugno 1999, deve intendersi riferito solo alle impugnazioni sul merito della pretesa azionata.
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Svolgimento del processo
Con sentenza del 3 – 23.9.2008 il giudice del lavoro del Tribunale di Parma rigettò i ricorsi proposti da V.S. nei confronti dell’Inps, della società S.C.C.I. s.p.a. e di E.P. s.p.a. avverso le cartelle esattoriali notificatele nei giorni 8 e 10 settembre 2007 per il pagamento di contributi aziendali e relative sanzioni e, per l’effetto, ne confermò la validità.
Il giudice adito, dopo aver escluso che fosse scaduto il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 24, comma 5, del D.lgs n. 46/1999 per l’impugnativa delle cartelle esattoriali, in quanto il ricorso giudiziario era stato depositato trentadue giorni dopo la loro notifica, ritenne fondata l’eccezione dell’Inps in ordine all’inammissibilità della denunzia dei pretesi vizi formali delle stesse cartelle. Invero, secondo il giudicante, in base al disposto di cui al comma sesto della citata norma il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi di merito era regolato dagli artt. 442 e seguenti del codice di procedura civile, mentre nella fattispecie l’azione era da ritenere come opposizione agli atti esecutivi, disciplinata dall’art. 617 c.p.c., dal momento che le questioni poste attenevano esclusivamente alla validità formale delle cartelle. Inoltre, venne ritenuta infondata l’eccezione di genericità della motivazione degli atti impugnati, in quanto si considerò che questi contenevano l’indicazione del modello DM 10 per il quale era stato richiesto il pagamento con le dovute specificazioni, così come fu reputata infondata l’eccezione di nullità ricondotta alla supposta rinnovazione di altra cartella già oggetto di impugnazione. In merito a tale eccezione il giudice rilevò che se era vero che una cartella esattoriale era stata notificata alla società A.V. di V.G. e G. s.n.c., era altresì certo che l’opponente era socia della stessa ed in quanto tale era responsabile in solido, per cui del medesimo credito rispondevano in solido sia la società, col proprio capitale sociale, sia autonomamente i singoli soci, trattandosi di società di persone, con la conseguenza che il pagamento vantato dall’Inps, da qualunque soggetto posto in essere, veniva ad estinguere la pretesa creditoria.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso S.V. con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Resistono con controricorso l’Inps, anche quale mandatario della società S.C.C.I s.p.a, e l’E.E.N. s.p.a. (già E.P. s.p.a).
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 617 e 618-bis c.p.c., la ricorrente si duole del vizio di omessa pronunzia per il fatto che il giudice di merito, pur avendo qualificato correttamente la domanda come opposizione agli atti esecutivi tesa a far valere vizi di forma della cartella esattoriale o del procedimento di esecuzione, aveva, però, finito per dichiararla inammissibile in quanto introdotta ai sensi dell’art. 24, comma 6, del D.lgs n. 46/1999, con conseguente instaurazione di un giudizio di opposizione al ruolo per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva, anziché ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che disciplina la diversa procedura di opposizione agli atti esecutivi.
Il motivo è infondato.
Invero, non sussiste il vizio di omessa pronunzia, così come denunziato ai fini dell’invocata nullità dell’impugnata sentenza, perché nel momento in cui la ricorrente si duole del fatto che il giudicante avrebbe ravvisato la ragione dell’inammissibilità nel fatto che l’azione era stata intrapresa ai sensi dell’art. 24 del d.lgs n. 46/1999, disciplinante il giudizio di opposizione al ruolo concernente il merito della pretesa contributiva dell’ente previdenziale, anziché in base all’art. 617 c.p.c. in materia di opposizione agli atti esecutivi, atto a far valere vizi formali, ammette indirettamente che una pronunzia, per quanto contestata, comunque è stata emessa.
2. Col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 24 della Costituzione e degli artt. 184 bis, 294 e 617 c.p.c., la ricorrente, nel dolersi del rilievo del giudice di merito circa la mancata osservanza del termine perentorio di venti giorni per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., nella disciplina successiva alla legge n. 80/2005, invoca il legittimo affidamento ingenerato dalla indicazione del termine per impugnare contenuto nella cartella esattoriale di cui all’art. 24 del d.lgs n. 46/1999 (40 gg.) e sostiene essere lesivo del diritto di difesa costituzionalmente garantito far soggiacere l’impugnazione ad un diverso termine più breve previsto da altra norma di legge (art. 617 c.p.c.). Inoltre, la ricorrente fa presente che all’udienza del 3/9/2008 aveva espressamente richiesto al giudice, nell’ipotesi di ritenuta applicabilità del più breve termine di cui all’art. 617 c.p.c., di essere rimessa nei termini in considerazione dell’errore determinato dall’amministrazione procedente.
Il motivo è infondato per le seguenti ragioni: -Occorre partire dalla considerazione che nella fattispecie la V. aveva fatto valere esclusivamente i vizi di forma rappresentati da quelli relativi all’attestazione dell’attività compiuta dal messo notificatore, alla nullità della cartella per mancata notifica dell’avviso bonario, alla mancata sottoscrizione degli atti impugnati ex art. 7 della legge n. 212/2000, alla mancata indicazione del responsabile del procedimento e alla mancanza dell’elemento soggettivo nella fattispecie sanzionatoria. Orbene, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. sez. lav. n. 25757 del 24/10/2008), “in tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali iscritti a ruolo, ove sia dedotta l’irregolarità formale della cartella, che, essendo un estratto del ruolo, costituisce titolo esecutivo ai sensi dell’art. 49 d.P.R. n. 602 del 1973, l’opposizione deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi, per la quale è applicabile l’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999 (che rinvia, per la relativa regolamentazione, alle forme ordinarie), e non l’art. 24 del medesimo decreto (che prevede il diverso termine di quaranta giorni e riguarda l’opposizione, nel merito della pretesa azionata). Ne consegue che l’opposizione prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi entro cinque giorni dalla notifica della cartella, e che è irrilevante la mancata indicazione, nella cartella, del termine predetto, in quanto l’obbligo di indicazione dei termini e delle modalità di impugnazione della cartella, di cui all’art. 1, comma 2, del d.m. 28 giugno 1999, deve intendersi riferito solo alle impugnazioni sul merito della pretesa azionata.”
La ragione per la quale non rileva in contrario la mancata indicazione nella cartella del termine entro cui proporre l’opposizione agli atti esecutivi risiede nella constatazione che la prescrizione dell’indicazione delle “avvertenze relative alle modalità ed ai termini di impugnazione della cartella di pagamento” (D.M. 28 giugno 1999, art. 1, comma 2) deve intendersi riferita alle impugnazioni sul merito della pretesa azionata, come si evince dall’art. 2, comma 2, del medesimo decreto (“Per le entrate diverse da quelle indicate nel comma 1, che si riferisce alle entrate amministrate dal Ministero delle finanze, ciascun soggetto creditore provvede a fornire al consorzio nazionale fra i concessionari il contenuto delle avvertenze relative alle modalità ed ai termini di impugnazione afferenti alle proprie entrate, adottando un linguaggio il più possibile comprensibile ai debitori”).
Né rileva il richiamo al principio dell’affidamento in quanto l’indicazione del termine lungo di quaranta giorni per l’opposizione si riferiva a quello per l’impugnazione sul merito della pretesa contributiva, mentre nella fattispecie la ricorrente aveva scelto di attivare la procedura di opposizione agli atti esecutivi.
D’altra parte, anche laddove si è sostenuta la possibilità della contemporanea proposizione dell’opposizione per motivi di merito e per ragioni formali, si è precisato (Cass. sez. 6 – lav., ordinanza n. 15116 del 17/07/2015) che “in tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui all’art. 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sia un’opposizione agli atti esecutivi, inerente l’irregolarità formale della cartella, regolata dagli art. 617 e 618 bis cod. proc. civ., per il rinvio alle forme ordinarie operato dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999. Ne consegue che, qualora l’opposizione sia stata depositata entro il termine perentorio di quaranta giorni, di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, ma oltre quello di venti giorni, di cui all’art. 617 cod. proc. civ. (come modificato dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. in I. 14 maggio 2005, n. 80, vigente “ratione temporis”), va ritenuta la tardività delle eccezioni formali, ossia di quelle attinenti la regolarità della cartella di pagamento e della notificazione.”
3. Col terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 45, 49 e 50 del d.p.r. n. 602/73 e successive modifiche, in quanto contesta il fatto che il giudice di merito ha disatteso il motivo d’impugnazione concernente la circostanza per la quale la cartella notificatale quale socia della ditta A.V. di V.G. & G. s.n.c., recante il numero 07820060588888804/502 e gravata col ricorso contraddistinto dal numero di R.G. 826/07, non rappresentava altro che una mera rinotificazione e rinnovazione della stessa cartella esattoriale impugnata direttamente dalla società col ricorso, recante il numero di R.G. 689/07, proposto innanzi al Tribunale di Parma, che aveva sospeso tale cartella con provvedimento del 14.8.2007.
Quindi la questione disattesa sarebbe stata caratterizzata dal particolare che la notificazione della suddetta cartella sarebbe stata eseguita nei confronti della V. dopo che il Tribunale di Parma aveva sospeso la precedente cartella, di cui quella oggetto della presente causa costituiva una mera ripetizione, in costanza della sospensione giudiziale già disposta.
Osserva la Corte che il motivo è infondato in quanto la ricorrente non censura in maniera specifica la autonoma “ratio decidendi” sulla quale è basata a tal riguardo la motivazione dell’impugnata sentenza, che non rimane, pertanto, scalfita dalla esposta doglianza.
Infatti, con motivazione congrua ed immune da vizi di ordine logico-giuridico, il giudice di merito rilevò che se, per un verso, era vero che una cartella esattoriale era stata notificata alla società A.V. di V.G. e G. s.n.c., d’altro canto, era altresì certo che l’opponente era socia della stessa ed in quanto tale era responsabile in solido, per cui del medesimo credito rispondevano in solido sia la società, col proprio capitale sociale, sia autonomamente i singoli soci, trattandosi di società di persone, con la conseguenza che il pagamento vantato dall’Inps, da qualunque soggetto posto in essere, veniva ad estinguere la pretesa creditoria. Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo in favore di ognuno dei controricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore di ognuno dei controricorrenti delle spese del presente giudizio nella misura di € 6000,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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