CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 276 del 12 gennaio 2016
FERIE NON GODUTE – PAGAMENTO DA PARTE DELL’AZIENDA DELL’INDENNITA’ PER MANCATA FRUIZIONE DELLE FERIE – SUSSISTE
In relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse. Ne consegue l’illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Roma ha accolto l’impugnazione di U. M. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale capitolino, che gli aveva accolto solo in parte la domanda volta alla condanna della societa’ Rai – Radiotelevisione Italiana s.p.a. al pagamento dell’indennita’ sostitutiva delle ferie non godute, ed in parziale riforma di tale decisione ha condannato l’appellata al pagamento del maggiore importo richiesto di Euro 53.502,26 in luogo di quello di Euro 17.527,00 liquidato dal primo giudice.
La Corte territoriale ha escluso che nella fattispecie fosse ravvisabile l’ipotesi del concorso di un fatto colposo del creditore nella determinazione del danno di cui all’art. 1227 c.c., posto che per la parte relativa allo smaltimento delle ferie non ancora godute dal personale giornalistico, di cui all’accordo del 18.7.1995 tra la RAI e l’associazione sindacale USIGRAI, la datrice di lavoro era rimasta inadempiente rispetto al disposto di cui al punto 9, nel senso che non aveva provveduto a collocare in ferie il ricorrente che non aveva presentato la relativa domanda. Inoltre, la societa’ non aveva negato quanto dedotto nel ricorso dall’ U. circa il ripetuto tentativo di far presente all’azienda il suo diritto a fruire delle ferie come tutti gli altri dipendenti, ricevendone per risposta che l’organico degli inviati era insufficiente e che non poteva essere sostituito nei momenti di grandi eventi, per cui il mancato godimento delle ferie da parte del ricorrente doveva essere addebitato esclusivamente alla datrice di lavoro.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a. con cinque motivi.
Resiste con controricorso l’ U..
Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la ricorrente deduce l’erroneo convincimento della Corte territoriale in ordine alla non rilevabilita’ d’ufficio dell’art. 1227 c.c., nell’ipotesi di concorso della responsabilita’ del lavoratore nell’omessa fruizione delle ferie.
Si sostiene in particolare che, a fronte della prospettazione aziendale della necessita’ di una attenuazione delle conseguenze risarcitorie del danno lamentato dall’ U. per non aver fruito di parte delle ferie, la Corte d’appello non avrebbe potuto esimersi da una valutazione ponderata, dovendo comunque verificare se ed in quali termini il comportamento del lavoratore avesse concorso a determinare la perdita patrimoniale dal medesimo subita.
2. Col secondo motivo, dedotto per violazione delle norme di cui agli artt. 2109, 1218, 1204 e 1205 c.c., la ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui e’ stata integralmente accolta la domanda sulla base della considerazione che l’indennita’ per mancato godimento delle ferie aveva natura retributiva, con conseguente inapplicabilita’ del principio del ridimensionamento del risarcimento riconducibile all’art. 1227 c.c.. In pratica, secondo la tesi difensiva della RAI, il lavoratore non aveva la possibilita’, a causa del decorso del tempo dal momento in cui era maturato il suo diritto alle ferie annuali, a ricostituire le proprie energie lavorative, per cui, considerato anche il maggior onere che ne derivava per la parte datoriale, il medesimo poteva vantare solo un diritto al risarcimento del danno che doveva essere, pero’, vagliato alla luce della verifica della sussistenza del concorso del fatto colposo del creditore.
3. Col terzo motivo la ricorrente, nel dolersi della violazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, lamenta l’insufficienza della motivazione, la mancata considerazione delle argomentazioni difensive anche di carattere istruttorie, l’erroneo convincimento dei giudici d’appello in ordine alla irrilevanza del comportamento dell’ U. nella autodeterminazione dei titoli di assenza dal lavoro, l’omesso esame delle prove testimoniali richieste in merito all’obbligo del dipendente di articolare, da buon padre di famiglie, il proprio impegno lavorativo ed all’accertamento dell’abuso compiuto dal medesimo nell’imputare ai permessi, anziche’ alle ferie, un numero abnorme di giornate.
4. Col quarto motivo la ricorrente denunzia la carenza e l’illogicita’ della motivazione per la ritenuta sussistenza di un diritto al risarcimento coincidente con l’integrale corrispettivo di 171 giorni lavorativi per l’affermata responsabilita’ aziendale, nonche’ l’omessa vantazione della eccepita corresponsabilita’ dell’ U. nella verificazione del danno. Al riguardo si contesta la valenza data dalla Corte d’appello al documento certificativo delle ferie spettanti al dipendente, in quanto si assume che tale documento era stato procurato dall’ U. nell’ambito della segreteria dal medesimo coordinata e nella quale confluivano acriticamente le indicazioni dei giornalisti, per cui non poteva essere attribuito allo stesso il valore di un riconoscimento aziendale.
5. Col quinto motivo si denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la mancata applicazione nella fattispecie dei principi di cui agli artt. 1227 e 1375 c.c..
Si sostiene, invero, che la Corte di merito non avrebbe fatto buon uso della norma di cui all’art. 1227 c.c., non attribuendo rilevanza, nella determinazione del danno, al comportamento dell’ U. che aveva contribuito alla sua determinazione non tentando nemmeno di recuperare le ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro.
Inoltre, la quantificazione del danno, commisurato alle emerse corresponsabilita’ del dipendente che non si era attivato a chiedere le ferie, avrebbe dovuto essere eseguita in via equitativa in misura non superiore a quella stabilita dal primo giudice.
Osserva la Corte che il primo motivo, formulato per violazione di legge, il terzo e quarto motivo, proposti per vizio di motivazione, possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione in quanto introducono, sotto diversi aspetti, lo stesso tema della asserita corresponsabilita’ del lavoratore nella determinazione del danno derivatogli dal mancato godimento delle ferie.
Tali motivi sono infondati.
Invero, la decisione impugnata si basa sulla constatazione di fatto della provata inadempienza dell’azienda, inadempienza ravvisata nel mancato esercizio del potere datoriale di collocare il dipendente in ferie in caso di assenza di richiesta nei termini contrattuali, potere, questo, espressamente previsto al punto 9 dell’accordo sindacale del 18.7.1995 tra RAI ed USIGRAI in ordine allo smaltimento delle ferie non ancora godute dal personale giornalistico (la Corte ha rilevato che era pacifico che l’ U. fosse vice-capo redattore), per cui appaiono inconferenti i rilievi svolti sulla rilevabilita’ d’ufficio dell’ipotesi di cui all’art. 1227 c.c., sul concorso colposo del creditore nella determinazione del danno. In ogni caso un tale concorso e’ stato escluso dalla Corte in base alla considerazione, adeguatamente motivata ed esente da vizi logici e giuridici, che era stato proprio il comportamento inadempiente della datrice di lavoro a determinare i presupposti della mancata fruibilita’ delle ferie da parte del dipendente.
A tal riguardo la Corte di merito ha posto bene in evidenza che le allegazioni dell’ U., il quale aveva piu’ volte dedotto in causa di aver ripetutamente fatto presente all’azienda il suo diritto ad usufruire le ferie come tutti gli altri dipendenti, sentendosi opporre esigenze organizzative dovute all’insufficienza dell’organico degli inviati e all’impossibilita’ di una sua sostituzione come inviato nei momenti dei grandi eventi, non erano state contestate in maniera specifica dalla controparte, al punto da potersi ritenere come provate.
Tra l’altro, secondo la condivisa analisi condotta dai giudici d’appello, la suddetta previsione collettiva era significativa della necessita’ datoriale di regolare la disciplina delle ferie arretrate, proprio al fine di evitare che le esigenze aziendali si traducessero in un impedimento alla loro normale fruizione, diritto, questo, costituzionalmente garantito ed irrinunciabile.
Inoltre, il rimedio del collocamento forzoso in ferie, cosi’ come previsto dalla summenzionata fonte collettiva, era anche idoneo, se puntualmente esercitato, a privare di rilievo la mancata collaborazione del lavoratore che non presentava l’apposito piano di ferie.
Quanto agli aspetti del terzo e quarto motivo, riflettenti la lamentata ricorrenza di vizi della motivazione relativi al convincimento dei giudici d’appello sulla ritenuta sussistenza del diritto in esame ed alla valutazione delle argomentazioni difensive e di carattere istruttorio, si osserva che questa Corte ha gia’ avuto occasione di ribadire (Cass. Sez. Lav. n. 7394 del 26/3/2010) che “e’ inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e percio’ in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione”. (in senso conf. v. Cass. sez. lav. n. 6064 del 6.3.2008).
Egualmente infondati sono il secondo ed il quinto motivo, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto comportano la disamina della stessa questione della spettanza per intero dell’indennita’ dovuta al mancato godimento delle ferie alla luce dell’asserita mancata cooperazione della parte creditrice atta ad evitare il lamentato evento o l’aggravamento delle sue conseguenze.
Orbene, fermo restando quanto gia’ illustrato in ordine alla validita’ della decisione incentrata sulla rilevata insussistenza dei presupposti di cui all’art. 1227 c.c., atti a giustificare una mitigazione della predetta condanna, si rivela, altresi’, infruttuoso il tentativo della ricorrente di far discendere dalla prospettata natura risarcitoria dell’indennizzo in esame la necessita’ di una verifica dell’entita’ dell’importo oggetto di condanna.
Infatti, come questa Corte ha gia’ precisato, (Cass. Sez. Lav. n. 11462 del 9/7/2012) “in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost., e dall’art. 7, della direttiva 2003/88/CE (v. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06 della Corte di giustizia dell’Unione Europea), ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilita’ del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennita’ sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilita’ di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l’opportunita’ di svolgere attivita’ ricreative e simili) al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie e’ destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perche’ non solo e’ connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma piu’ specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attivita’ lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per se’ retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perche’ destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilita’ del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse. Ne consegue l’illegittimita’, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro.”(Sulla natura mista dell’indennita’ sostitutiva delle ferie v. in senso conforme Cass. Sez. Lav. n. 19303 del 25/9/2004 e Cass. Sez. Lav. n. 20836 dell’11/9/2013).
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 4000,00 per compensi professionali e di Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori.
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