CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 332 del 12 gennaio 2016

ACCERTAMENTO FISCALE – SOTTOSCRIZIONE DI UN FUNZIONARIO – ESERCIZIO DEL POTERE SOSTITUTIVO – DELEGA A SOTTOSCRIVERE

Osserva

La CTR di Firenze ha respinto l’appello di C.V., appello proposto contro la sentenza n.309/03/2010 della CTP di Arezzo che aveva già integralmente respinto il ricorso del predetto contribuente contro avviso di accertamento relativo ad IRPEF anno 2004, avviso con il quale l’Agenzia aveva accertato maggiori redditi da plusvalenza realizzata per effetto della cessione onerosa (contratto registrato il 3.7.2004) di un terreno edificabile non meglio specificato in atti.

L’adita CTR -dopo avere dato atto che la parte contribuente aveva contestato che si trattasse di terreno edificabile- ha argomentato nel senso che “la legge non prevede che l’utilizzabilità a scopo edificatorio debba essere effettiva al momento dell’imposizione fiscale”, mentre invece “conta la potenzialità di edificazione”, giacché “l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica consente la lievitazione del valore venale di un’area e determina, conseguentemente, una trasformazione economica del suolo”. Nella specie, l’area era da considerare edificabile in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, ancor prima dell’approvazione da parte della regione e dell’adozione dello strumento attuativo. La CTR ha inoltre disatteso più minute censure, di cui oltre si dirà.

La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

L’Agenzia si è difesa con atto finalizzato alla sola conservazione della facoltà di partecipare all’udienza di discussione.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Con i motivi di impugnazione primo, quarto e quinto (rispettivamente centrati su: “Motivazione inesatta e/o travisamento dei fatti….”; “Mancanza o contraddittoria motivazione su un punto decisivo”; “violazione di legge per carente motivazione della sentenza impugnata”) la parte ricorrente si duole -rispettivamente- di quanto segue:

a) che alla data di stipula della compravendita il terreno di cui trattasi non aveva ancora ricevuto il crisma dell’edificabilità ma solo quello della previsione di edificabilità nel nuovo Piano Strutturale, non ancora approvato alla data del 3.7.2004 ed approvato invece alla data del 12.7.2007. La doglianza appare inammissibilmente proposta, siccome non contenente censura alcuna nei confronti delle ragioni per le quali la controversia è stata decisa in grado di appello, ma consistente nella mera riproposizione dei fatti storici già prospettati avanti al giudice del merito;

b) che il C. aveva reso, anche per conto degli altri comproprietari, la dichiarazione di cui alla legge n. 448/2001 “completa dell’apposita perizia di stima redatta dal tecnico abilitato”, intendendo “avvalersi della norma agevolativa richiamata”. Si era però verificata una circostanza (afferente allo stato di salute del C.) che di fatto ha dato luogo al mancato versamento della rata determinante entro la data del 30 settembre 2004. Il C. aveva però “ritenuto in buona fede che l’irregolarità compiuta si riferisse alle somme di danaro non versate” e che si potesse procedere, “appena ricevuto l’avviso dell’Ufficio, al pagamento pro-quota” con la sanzione di legge. Anche detto motivo di censura appare inammissibilmente formulato per la stessa identica ragione indicata con riferimento al motivo che precede.

c) che la CTR di Firenze ha espresso il proprio convincimento senza palesare la normativa di legge posta a fondamento dello stesso, né ha considerato gli argomenti svolti, “con grave nocumento circa l’intelligibilità della motivazione, mancante di un dato essenziale per il diritto di difesa”. Anche detto motivo appare inammissibilmente formulato, dovendolosi riferire, ratione temporis, alla formula dell’art. 360 c. 1 n.5 cpc che risulta dalla novella introdotta dal D.L. 83/2012. Ed invero, la parte ricorrente non ha identificato alcun fatto decisivo di cui può assumersi che il giudicante abbia omesso integralmente l’esame, essendosi limitata ad affermare (in concreto) che il giudicante avrebbe eluso gli argomenti logici formulati a sostengo delle censure.

Con il secondo motivo di impugnazione (improntato alla “violazione di legge per omessa indicazione del responsabile dell’elaborazione dati”) la parte ricorrente si duole che la CTR di Firenze abbia ritenuto che “all’epoca dei fatti nessuna norma disponeva a pena di nullità l’esplicita indicazione del Responsabile dell’elaborazione dati,…risultando esplicitati il Responsabile dell’istruttoria e del procedimento”. A tal proposito la parte ricorrente evidenzia che l’art. 11 comma 5 della legge n. 241/1990 già all’epoca di adozione del provvedimento qui impugnato prevedeva l’obbligo di indicazione dell’anzidetto responsabile, a pena di nullità del provvedimento medesimo.

Il motivo appare infondato e da disattendersi.

Codesta Corte ha già numerose volte ribadito (a proposito di questione del tutto simile a quella ora in rassegna) che:”La cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore al 1° giugno 2008, pur essendo in violazione dell’art. 7, comma 2, lett. a) della legge 27 luglio 2000, n. 212, non è affetta né da nullità, atteso che l’art. 36, comma 4-ter, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, né da annullabilità, perché, essendo la disposizione di cui all’art. 7 della legge n. 212/2000 priva di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in questione sui diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione l’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4516 del 21/03/2012).

La menzione del predetto principio di diritto -puntualmente riferibile anche alla specie di causa- esime da ulteriori argomenti per motivare l’infondatezza del mezzo di impugnazione.

Con il terzo motivo di impugnazione (improntato alla “violazione di legge per omessa allegazione all’avviso di accertamento dell’atto di delega”) la parte ricorrente si duole del fatto che CTR abbia ritenuto che “l’atto di delega al capo area controllo costituiva documento interno agli atti dell’Ufficio”, e ciò in violazione del principio di diritto affermato dalla Suprema Corte secondo cui “l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’Ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Circa l’appartenenza alla carriera direttiva del soggetto che aveva sottoscritto l’atto nulla era dato di sapere, nel mentre la CTR aveva eluso la questione assumendo che la delega fosse semplice atto interno.

Il motivo di impugnazione in rassegna appare inammissibilmente proposto, non avendo la parte ricorrente indicato con la necessaria specificità quale sia la norma di legge che assume sia stata violata dal giudice del merito, per non avere quest’ultimo ritenuto necessaria l’allegazione al provvedimento di accertamento della delega al capo area controllo. D’altronde, il principio di diritto attribuito dal ricorrente a Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14626 del 10/11/2000 (che, per migliore evidenza, si trascrive:”L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20, comma primo, lett. a) e b) del d.P.R. 8 maggio 1987 n. 266, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio”) non può essere affatto inteso nel senso che sia obbligo dell’amministrazione allegare al provvedimento il formale atto di delega, ma nel senso che incombe all’Amministrazione dimostrarne i contenuti ove ciò sia contestato.

D’altronde, non è neppure possibile intendere quale sia stata l’esatta censura sulla quale il giudice dell’appello si è pronunciato nei modi di cui si è detto, non avendone fatto il ricorrente sufficiente specificazione, in ossequio all’onere di autosufficienza, sicché non è neppure possibile intendere se la “contestazione” sia stata fatta nei puntuali termini di cui si è detto.

Non resta che concludere che il ricorso è da rigettarsi nella sua interessa.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità ed infondatezza.

Roma, 30 marzo 2015

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR n.115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.