CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 3449 del 22 febbraio 2016
FALLIMENTO – AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE IN CRISI – INSOLVENZA DELL’ENTE CONCESSIONARIO PER LA RISCOSSIONE TRIBUTI – INSINUAZIONE AL PASSIVO DELL’ENTE IMPOSITORE – CREDITO PER IL RISCOSSO NEI CONFRONTI DEI CONTRIBUENTI – NATURA PRIVILEGIATA – FONDAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che il Tribunale di Roma, ha accolto l’opposizione allo stato passivo fallimentare della Nettuno Servizi srl in A. S. proposta dal Comune di Nettuno ed ha stabilito che il credito dell’ente locale verso la concessionaria della riscossione dei propri tributi, in relazione alle somme riscosse dai contribuenti, ha natura tributaria e, pertanto, privilegiata ai sensi dell’art. 2752 c.c.;
che, secondo il Tribunale, le somme riscosse dal concessionario formerebbero oggetto di un credito tributario da parte dell’ente impositore quand’anche tali somme siano ancora in disponibilita’ del concessionario, trattandosi di una detenzione nell’interesse della P.A., per il tempo strettamente necessario a completare l’iter amministrativo di rimborso all’Amministrazione destinataria di quell’importo, che non inciderebbe sulla natura del credito;
che, inoltre, quanto agli interessi essi andavano ammessi, nella misura convenzionalmente pattuita, come interessi moratori (ed esclusione di quelli legali), dal di’ del dovuto sino alla data della verifica;
che, avverso tale decisione la soccombente A. S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi con il quale lamentai violazioni di legge (l’art. 2752 c.c. e artt. 12 e 14 disp. gen., e l’art. 2749 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3);
che il Comune resiste con controricorso.
Considerato che, con il primo dei due mezzi di ricorso (Violazione e falsa applicazione dell’art. 2752 c.c. e artt. 12 e 14 disp. gen.), la ricorrente ha censurato la decisione del Tribunale in quanto avrebbe fatto applicazione analogica della norma contenuta nell’art. 2752 c.c., non consentita dalla previsione dell’art. 14 disp. gen., in quanto – in mancanza di una specifica norma di legge e di una apposita disciplina contrattuale, idonea a garantire l’ente locale dal caso dell’insolvenza del concessionario -, avrebbe dimenticato
che l’obbligazione del concessionario avrebbe natura contrattuale essendo la risultante finale di operazioni di rendicontazione del quantum dell’imposta, avente natura privilegiata, delle sanzioni, che tale natura non avrebbero, e degli interessi, aventi tale natura solo entro certi limiti temporali, al netto del corrispettivo aggio spettante al concessionario, come pattuito negozialmente; che, pertanto, in tal modo, il debito tributario si verrebbe a confondere con il patrimonio del concessionario e renderebbe impossibile la conservazione di una diversita’ di disciplina rispetto alle singole voci che compongono il debito fiscale;
che con il secondo motivo (Violazione e falsa applicazione dell’art. 2749 c.c.), la ricorrente ha censurato la decisione del Tribunale in quanto avrebbe violato il diritto vivente (riferimento a Cass. n. 16084 del 2012) ammettendo il credito da interessi convenzionali e moratori, interamente in privilegio;
che il primo motivo non ha pregio in quanto, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, “impure in materia di opere pubbliche (Sez. 1, Sentenza n. 4214 del 2012)” che con riguardo al rapporto che s’instaura tra il concedente ed il concessionario, “non e’ configurabile un rapporto di mandato”; che, infatti, come insegna la dottrina piu’ autorevole, i provvedimenti concessori hanno ad oggetto interessi a beni della vita che non possono formare oggetto degli atti di autonomia privata, in quanto sono riservati a pubblici poteri; che l’incardinazione del privato nell’amministrazione e’ piu’ intensa con riguardo alle “concessioni di funzioni” che, in senso lato, potrebbero ricondursi alla figura della “concessione di pubblico servizio in senso soggettivo”, dal momento che – in tali casi – ci si trova dinanzi a funzioni di cui l’ente pubblico e’ titolare per legge e per cui viene conferita la titolarita’ ad un imprenditore esterno il quale “diviene un elemento che compone, per i profili soggettivi, una struttura amministrativa”, com’e’ proprio il caso della “concessione esattoriale” ove, com’e’ stato detto, “il concessionario diviene titolare di un’attivita’ pubblica, nel senso di appartenente all’ente pubblico” essendo la potesta’ impositiva “una potesta’ connessa alla potesta’ sovrana, quindi per definizione spettante allo Stato” sicche’, in questi casi, in sostanza, si verifica “una sorta di incardinazione del concessionario nell’apparato amministrativo dell’amministrazione concedente “;
che, peraltro, la riforma della riscossione, attuata con il D.P.R. n. 43 del 1988, ha ampiamente dilatato la sfera delle funzioni di riscossione coattiva demandate ai concessionari e consentito (art. 68) ai concessionari di ottenere anche la funzione di procedere alla riscossione coattiva dei tributi locali, onde la riforma attuata con il menzionato D.P.R. n. 43 del 1988 ha segnato il passaggio dal “sistema esattoriale al sistema dei concessionari”;
che, ancor oggi, l’esazione continua ad espletarsi sempre tramite l’affidamento del compito ad un concessionario in forza di un atto amministrativo avente natura di concessione, a cui sono stati attribuiti finanche poteri investigativi e di autotutela esecutiva, al punto che la riscossione delle entrate oggi – secondo una acuta dottrina – si situerebbe nella fase di “applicazione” della norma tributaria;
che, pertanto, non puo’ essere accolta la tesi del ricorrente secondo cui quanto riscosso dal concessionario delle imposte comunali si sarebbe disperso nell’attivo patrimoniale della societa’ e, percio’, avrebbe perso quei caratteri propri dell’entrata fiscale, per divenire un provento privo di riferimento alla causa del suo pagamento;
che, infatti, come sopra sinteticamente riportato, il rapporto tra l’ente impositore ed il concessionario non e’ un rapporto privatistico di mandato, ma un rapporto concessorio, articolato sulle scansioni delle potesta’ di diritto pubblico perche’ finalizzato a riscuotere i tributi, con l’obbligo di riversarli all’ente impositore, detratto l’aggio convenuto;
che, di conseguenza, quanto incassato resta ancorato alla finalita’ pubblicistica cui i tributi sono funzionali, onde il credito ad essi corrispondenti, per quanto gia’ riscosso dai contribuenti, legittimante forma oggetto di ammissione al passivo in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2752 c.c.;
che, a tal specifico proposito, questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenze nn. 4861 del 2010, 11417 del 2012, 26125 del 2013) ha gia’ affermato il principio di diritto secondo cui “Il privilegio generale sui mobili, per quanto riguarda l’IRAP, deve essere riconosciuto anche per il periodo antecedente alla intervenuta modifica dell’art. 2752 c.c., comma 1, che ha esteso il privilegio a tale credito, ad opera del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 39 conv. con modif. nella L. 29 novembre 2007, n. 222, dovendosi ritenere la previsione del privilegio implicitamente inclusa in tale norma, in forza di una consentita interpretazione estensiva della stessa, come confermato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 23, comma 37, conv. con modif. nella L. 15 luglio 2011, n. 111.”, cui questo Collegio intende dare continuita’, in quanto pienamente condiviso, anche in questa sede;
che il secondo mezzo di ricorso e’, invece, inammissibile sia perche’ tardivamente proposto (nella comparsa conclusionale, in sede di opposizione allo stato passivo) sia perche’ neppure autosufficiente, in quanto privo dei termini completi dell’estensione del censurato provvedimento di ammissione (restando insufficiente quanto riportato alla fine della p. 12 del ricorso per cassazione);
che la novita’ della questione principale oggetto del ricorso giustifica la compensazione delle spese processuali;
che, poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1- quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e compensa le spese processuali di questo grado.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
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