CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 3618 del 24 febbraio 2016

ENTI LOCALI – ICI/IMU – TASSAZIONE IMPIANTI DI ESTRAZIONE DI IDROCARBURI – ACCATASTAMENTO

FATTO

La Commissione provinciale di Teramo con sentenza n. 49/03/01 accoglieva il ricorso dell’Eni s.p.a. avverso gli avvisi di accertamento ICI,per gli anni dal 1993 al 1998, (L. 13.897.980.000 a titolo di maggior imposta, L. 14.027.562.000 a titolo di sanzioni per omesso versamento di omessa dichiarazione, L. 4.893.978.870 per interessi) su quattro piattaforme petrolifere per l’estrazione di idrocarburi, poste nel mare prospiciente il Comune di Pineto, nelle acque territoriali del mare Adriatico, non iscritte in catasto, correlate a una centrale di smistamento posta sulla terra ferma, rilevando la insussistenza del potere impositivo del Comune sul mare territoriale e la intassabilita’ delle piattaforme in quanto non iscrivibili in catasto, ovvero iscrivibili alla categoria “E”, esente da ICI.

La Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo rigettava l’appello proposto dal Comune di Pineto.

A seguito di ricorso del Comune di Pineto questa Corte, con sentenza n. 13.794/05, cassava con rinvio la sentenza impugnata rilevando la necessita’ di una “accurata, puntigliosa e precisa descrizione degli immobili che costituisce un presupposto necessario e indispensabile ai fini del decidere”.

La CTR dell’Abruzzo, dopo avere disposto CTU tecnica e tecnico- contabile, con sentenza n.44/03/09 depositata il 14.12.2009 rigettava l’appello proposto dal Comune di Pineto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Teramo, escludendo in concreto la potesta’ impositiva del Comune sulle acque territoriali, stante il difetto del requisito oggettivo di assoggettabilita’ a ICI in ragione della allocazione a mare delle costruzioni.

Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale, sulla base delle risultanze della CTU, che le piattaforme non erano un naturale prolungamento delle terre emerse e collegate alla terraferma mediante un istmo anche artificiale, dovendosi escludere la loro iscrivibilita’ in catasto e, in ogni caso, osservava che dovrebbero essere annoverate tra gli immobili con destinazione E/9 (destinazioni particolari e in ogni caso sarebbero esenti da imposta perche’ riconosciute di pubblica utilita’).

Rilevavano inoltre giudici di appello come le piattaforme non producessero un reddito proprio, in quanto tale capacita’ sarebbe connessa e dipendente dal giacimento cui sono collegate, rilevando come nella centrale di terra perviene il complesso di attivita’ industriali tipiche produttive di reddito, tra cui lo stoccaggio e il processo di raffinazione.

Il Comune di Pineto impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

in punto di imposizione fiscale e di assoggettabilita’ ad ICI. a) vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sotto il triplice profilo, violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, violazione del principio costituzionale di contribuzione rilevando come l’affermazione che “l’accatastabilita’ e’ condicio sine qua non per la configurabilita’ della imponibilita’ ICI”, concretizza vizio di motivazione in quanto non consente di rilevare il ragionamento seguito dal giudice di merito al riguardo.

Lamentava anche l’omessa valutazione, ritenuta decisiva, della circostanza che le piattaforme non vanno accatastate autonomamente ma ricomprese nella determinazione della rendita catastale dell’immobile principale cui sono annesse, rilevando anche omesso esame delle previsioni normative in base alle quali la CTR ha affermato che tutti gli immobili siti nel territorio dello Stato sono imponibili, se accatastabili;

b) violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1, 2, 5 e 7, e del principio costituzionale di contribuzione violando detta previsione normativa ritenere l’accatastabilita’ “condicio sine qua non” per la imponibilita’, ritenendo imponibili gli immobili a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali cui e’ diretta l’attivita’ di impresa, essendo l’imposta determinabile in base al valore venale dei beni, anche di quelli non iscritti in catasto.

Osservava come le piattaforme petrolifere costituiscono “impianti stabilmente infissi” posti a servizio pertinenziale della centrale di trattamento e dispacciamento sulla terra ferma, dovendo individuarsi l’imponibilita’ non in relazione all’accatastamento bensi’ alla rendita catastale della centrale cui sono annessi, cioe’ nella cat. D/7 goduta da essa, cui devono confluire i contributi di valore derivanti dalle piattaforme.

Rileva, inoltre la violazione del principio costituzionale di cui all’art. 53 Cost., la sentenza che sottrae una categoria di immobili (non accatastati o non accatastabili) al principio generale di contribuzione, rilevando anche la violazione dell’art. 7 comma 1, lett. b), legge cit. la sentenza che indica la estensione delle piattaforme in ragione della pubblica utilita’, escludendone la accatastabilita’.

In punto di iscrivibilita’ in catasto.

c) violazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5,, sotto duplice profilo, violazione R.D.L. n. 652 del 1939, D.P.R. n. 138 del 1998, D.L. n. 262 del 2006, convertito dalla L. n. 286 del 2006, e regolamento ex D.P.R. n. 1142 del 1949, rilevando come violi la prescrizione di cui all’art. 112 c.p.c., la sentenza del giudice di rinvio, che, in relazione alla eccezione di giudicato derivante dal riconoscimento del potere impositivo incidente sul mare territoriale, omette di pronunciarsi su detta eccezione, affermando la non accatastabilita’ delle piattaforme petrolifere e, di conseguenza, la loro non tassabilita’ in ragione dell’allocazione a mare.

d) vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla non accatastabilita’ delle piattaforme in mancanza di una motivazione esplicativa e di riferimento ad atti normativi, rilevando l’incoerenza illogicita’ del ragionamento molto ad escludere la tassabilita’ in ragione della loro pertinenzialita’ alla centrale, accatastata nella categoria D.

e) violazione R.D.L. n. 652 del 1939, D.P.R. n. 138 del 1998, D.L. n. 262 del 2006, convertito dalla L. n. 286 del 2006, e regolamento ex D.P.R. n. 1142 del 1949, rilevando come abbia errato la CTR nel non ritenere che le pertinenze funzionali vadano iscritte in catasto unitamente alla unita’ immobiliare principale, concorrendo alla sua formazione; rileva inoltre come tutti i fabbricati, le costruzioni stabili e le porzioni di essi aventi autonomia funzionale reddituale vadano riscritti in catasto, avendo errato la CTR nel dichiarare non accatastabili le varie unita’ immobiliare ricomprese nelle piattaforme e rilevate come alloggio, uffici, depositi, locali operativi, eliporto, attracco.

f) vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovendo ritenersi viziata la sentenza del giudice di merito che recepisce le risultanze della CTU, omettendo di considerare la relazione di parte, rilevante ai fini della decisione, omettendo le indicazioni di riferimenti giuridici che hanno determinato il giudizio.

In punto di categoria catastale.

g) vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo specificato la CTR per quale ragione l’attivita’ di produzione delle piattaforme sia qualificabile come attivita’ di ricerca ed esente da imposta perche’ riconosciuta di pubblica utilita’, omettendo di indicare la previsione normativa che riconosce tale esenzione, dovendo essere iscritte in catasto nel gruppo B o D, anche nel caso in cui il prodotto commercializzato abbia eventualmente rilevanza sotto il profilo dell’interesse pubblico, ritenendo viziata la sentenza che nell’ambito di un unico complesso opificio destinato allo svolgimento di attivita’ industriale, abbia ritenuto che gli elementi pertinenziali siano di pubblica utilita’ in difformita’ dell’immobile principale che non ha tale qualificazione;

h) violazione e erronea applicazione D.P.R. n. 1142 del 1949, R.D.L. n. 652 del 1939; L. n. 1231 del 1936, D.L. n. 262 del 2006, artt. 2 e 40 e segg., conv. dalla L. n. 286 del 2006, e delle circolari del direttore dell’Agenzia del Territorio n. 4 del 2006 e n. 4 del 2007, avendo errato la CTR nel non ritenere iscrivibili in catasto le piattaforme, quali pertinenze funzionali, nella medesima categoria in cui e’ iscritta la unita’ immobiliare principale, avendo omesso la sentenza di specificare per quali ragioni ritiene le piattaforme appartenenti, eventualmente, alla categoria E/9;

In punto di ritenuta esenzione per produzione di reddito. i) violazione ed erronea applicazione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5, avendo la sentenza affermato che le piattaforme non sono idonee a produrre reddito proprio in quanto tale capacita’ di produzione, data dall’attivita’ di estrazione, lavorazione e spedizione del gas, non sarebbe parte fondamentale e preponderante del processo che deriva dal giacimento, dovendo il citato articolo cinque interpretarsi nel senso che l’essere “utile e atto a produrre reddito proprio” vada riferito all’immobile considerato quale mezzo per lo svolgersi di una attivita’ imprenditoriale e, quindi, anche alle piattaforme che sono parte di un processo produttivo finalizzato allo svolgimento dell’attivita’ di impresa e alla produzione di reddito;

j) vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la sentenza erroneamente ritenuto che le piattaforme non siano idonee strutture a produrre reddito proprio per difetto del requisito della “essenzialita’” e “preponderanza” nell’esercizio dell’attivita’ di impresa invece di considerare la “utilita’”, necessariamente associabile alla loro natura pertinenziale;

L’Eni s.p.a. si e’ costituita con controricorso formulando anche ricorso incidentale, deducendo i seguenti motivi: a) carenza del potere di imposizione, vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la sentenza impugnata riconosciuto l’astratta sussistenza della soggettivita’ attiva d’imposta del Comune di Pineto sul tratto di mare territoriale su cui insistono le piattaforme, potendo essere esercitato il potere di imposizione del Comune nell’ambito del territorio comunale e non sul mare territoriale adiacente; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 817 c.c., R.D. n. 1443 del 19278, art. 23, (c.d. Legge mineraria) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nella parte in cui la sentenza, pur riconoscendo la carenza del presupposto oggettivo dell’imposizione ai fini ICI delle piattaforme, ne ha comunque riconosciuto la pertinenzialita’ non al giacimento petrolifero, ma alla centrale di terra; c) vizio di motivazione non avendo la sentenza rilevato che le piattaforme, non potendo essere considerate indipendentemente dal relativo pozzo di escavazione, sono prive di autonomia funzionale e reddituale e non possono essere iscritte nel catasto edilizio urbano; in via di riproposizione dei motivi di ricorso rimasti assorbiti. d) carenza di potere del Comune di determinare il valore delle piattaforme ai fini ICI, essendo la base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale, con conseguente competenza dell’ufficio del territorio; e) determinazione del valore in base al bilancio: violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, in quanto, nell’ipotesi in cui si ritenesse che le piattaforme siano assoggettabili ad ICI e debbano essere accatastate nel gruppo D come opifici, la base imponibile del tributo non sarebbe commisurata al valore accertato mediante stima ma e’ costituito dal valore dell’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili; f) titolarita’ delle piattaforme possedute dall’Eni in contitolarita’ con altre compagnie petrolifere, con conseguente esonero ICI per la quota di non pertinenza; g) inapplicabilita’ delle sanzioni per l’obiettiva incertezza della fattispecie; h) illegittimita’ dell’irrogazione di sanzioni per omessa dichiarazione in quanto l’obbligo di dichiarare le piattaforme sarebbe sorto, una tantum, solo nel 1993 e una sanzione per l’omessa dichiarazione non potrebbe essere irrogata per gli anni successivi (dal 1994 al 1998); i) applicabilita’ della continuazione D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12, comma 5, essendo stata invece applicata per ogni anno l’intera sanzione per l’omessa dichiarazione mediante cumulo materiale e senza alcuna riduzione.

Il Comune di Pineto presentava controricorso al ricorso incidentale. Entrambe le parti presentavano memorie.

Il ricorso e’ stato discusso alla pubblica udienza del 11.2.2016, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Eccepisce, preliminarmente, l’Erti la improcedibilita’ del ricorso per cassazione proposto dal Comune di Pineto in ragione della mancata allegazione di alcuno degli atti processuali sui quali si fonda, che preclude di verificare la rispondenza tra le censure enucleate in sede di ricorso e gli elementi di fatto e di diritto acquisiti al presente giudizio.

La doglianza e’ infondata in quanto alle lacune del ricorso possono supplire sia la pur eccessiva diffusione del controricorso e ricorso incidentale e la conoscibilita’ e citazione nella sentenza impugnata dei brani rilevanti della CTU e delle note dell’Agenzia; inoltre la inammissibilita’ del ricorso per mancata allegazione di documenti non trova applicazione in relazione alle questioni di diritto poste dai motivi specificati in punto di “imposizione fiscale e di assoggettabilita’ ad ICI”, “di iscrivibilita’ in catasto” e “di categoria catastale”, questioni che vanno esaminate congiuntamente in quanto logicamente connesse, unitamente alle questioni riproposte dall’ENI relative ai criteri di determinazione dell’ICI e alle sanzioni, potendosi riproporre nel giudizio di rinvio questioni ritenute assorbite dalla CTR.

2. La pronuncia di rinvio della Corte di Cassazione, a seguito della quale e’ stata pronunciata la sentenza della CTR dell’Abruzzo, oggetto di ricorso per Cassazione, nella parte motiva, si e’ limitata a rilevare “il vizio di motivazione in cui e’ incorso il giudicante, ritenendo e qualificando la sua premessa come esaustiva e tale da escludere la potesta’ impositiva dei Comuni sulle acque territoriali” rilevandone anche “la apoditticita’ anche perche’ si limita ad ancorarsi a delle premesse,come visto censurabili, senza correlare le stesse ad una accurata, puntigliosa e precisa descrizione degli immobili che costituiscono un presupposto necessario e indispensabile ai fini del decidere…” Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13794 del 27/06/2005), censurando la sentenza “oltre che per la sua assoluta apoditticita’, anche perche’ si limita ad ancorarsi a delle premesse, come visto censurabili, senza correlare le stesse ad una accurata, puntigliosa e precisa descrizione degli immobili che costituisce un presupposto necessario e indispensabile ai fini del decidere…”.

La sentenza n. 1374/2005 non afferma esplicitamente l’imponibilita’ ICI delle piattaforme petrolifere e non contiene il principio di diritto riportato nella massima del CED che recita, per la parte di interesse, “in tema di ICI, sono sottoposte all’imposta le piattaforme petrolifere per l’estrazione di idrocarburi di proprieta’ della societa’ contribuente….”, in quanto, dalla lettura della sentenza, il solo aspetto vincolante della stessa, per il giudice di rinvio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e’ la sconfessione della prima affermazione della CTR nella parte in cui, in negativo, aveva affermato che le installazioni nelle acque territoriali non sono soggette alla potesta’ dei Comuni, il resto essendo attinente a vizio di motivazione.

Non v’e’ dunque, nella sentenza del 2005, il principio di diritto secondo cui le piattaforme petrolifere insistenti nelle acque territoriali antistanti il Comune di Pineto debbano ritenersi soggette ad ICI, essendosi limitata la S.C. a censurare la sentenza della CTR mediante l’affermazione, in termini assai ampi, della possibile coesistenza – su qualsiasi punto del territorio nazionale, compreso il mare territoriale – di poteri pubblici sia statuali sia locali (sotto quest’ultimo profilo, anche perche’ non puo’ concepirsi un luogo del territorio nazionale che non “appartenga” ad un Comune).

In caso di cassazione con rinvio per vizio di motivazione (da solo o cumulato con il vizio di violazione di legge), il giudice del rinvio non solo puo’ valutare liberamente i fatti gia’ accertati, ma puo’ anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo, in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, con il solo limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento impugnato ritenuti illogici ed eliminando, a seconda dei casi, le contraddizioni ed i difetti argomentativi riscontrati. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 12102 del 29/05/2014).

I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono, infatti, diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilita’ di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo puo’ valutare liberamente i fatti gia’ accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze gia’ verificatesi; nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, puo’ comportare la valutazione “ex novo” dei fatti gia’ acquisiti, nonche’ la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimita’. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17790 del 07/08/2014, cfr Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24976 del 10/12/2015).

In caso di rinvio per vizio di motivazione, pur conservando il giudice di rinvio tutte le facolta’ che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo di annullamento, nel rinnovare il giudizio, egli e’ tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza logica del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessita’, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati (Cass. 9617/09).

3. Risulta dalla sentenza impugnata, che ha fatto riferimento alla CTU disposta a seguito di giudizio di rinvio, che le piattaforme sono “saldamente infisse nel sottosuolo marino” e come tali devono essere classificate come immobili, essendo saldamente ancorate al suolo (art. 812 c.c.)

La CTR dell’Aquila, dopo avere riconosciuto che, in forza della disposta CTU, le strutture in questione siano saldamente infisse nel sottosuolo marino, ne ha escluso la tassazione a fini ICI in forza di tre argomentazioni:

a. le piattaforme sono collegate con l’opificio di terra esclusivamente mediante condotte di processo e non sono ubicate in un naturale prolungamento delle terre emerse o collegate alla terraferma mediante un istmo anche artificiale, escludendone la iscrizione in catasto e la carenza del potere impositivo del Comune; b. non possono essere annoverate, come, ad esempio, l’opificio di raccolta a terra in Pineto, tra le “centrali di coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi, ma, semmai, tra gli immobili con destinazione E/9 che in ogni caso sarebbero esenti da imposta perche’ riconosciuti di pubblica utilita’. c. le piattaforme non risultano idonee a produrre reddito proprio, ai sensi di quanto previsto dal R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5, poiche’ tale capacita’ sarebbe ed e’ in tutto connessa e dipendente dal giacimento cui sono collegate e funzionale strumentalmente alle sole attivita’ di estrazione, segregazione e veicolazione verso la centrale di terra, non potendo definirsi parte fondamentale e preponderante dell’esercizio d’impresa produttrice di reddito.

Le argomentazioni della CTR non reggono ai motivi specifici di censura da parte del Comune che, logicamente connessi, vengono trattati congiuntamente, in ordine logico. La L. n. 613 del 1967, artt. 1 e 2, stabiliscono che il fondo marino appartiene al demanio dello Stato e il diritto al suo sfruttamento minerario e1 quindi soggetto a concessione; ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, “presupposto dell’imposta e il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione e scambio e’ diretta l’attivita’ dell’impresa”.

Quindi, tutti i fabbricati siti nel territorio dello Stato sono imponibili, soggiacciono all’imposta ICI e non puo’ considerarsi “condicio sine qua non” ai fini impositivi, la iscrizione catastale in mancanza di una correlazione normativa tra “imponibilita’” e “accatastabilita’”, essendo soggetti ad ICI tutti gli immobili, ancorche’ non accatastati e potendo essere determinata l’imposta in base ai criteri residuali, ove applicabili, previsti nel penultimo periodo del D.L. 11 luglio 1992, n. 33, art. 6, comma 3″.

Il R.D.L. n. 652 del 1939, art. 1, stabilisce che devono essere accatastati tutti i fabbricati e l’art. 4, stesso R.D.L. stabilisce che fabbricati da accatastare sono anche le costruzioni sospese o galleggianti “stabilmente assicurate al suolo”.

Da tale normativa consegue che le piattaforme stabilmente assicurate al suolo demaniale marino debbono essere accatastate.

Gli unici immobili dichiarati esenti dall’imposta sono quelli indicati al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9, nonche’ quelli rurali, in forza del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis, aggiunto in sede di conversione dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14, prevedendosi espressamente “…che non si considerano fabbricati le unita’ immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralita’ di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9…”. Le piattaforme petrolifere, cosi’ come le centrali a cui sono annesse, sono classificabili nella categoria D/7, svolgendosi operazioni qualificabili quali attivita’ industriali (es: trattamento preliminare degli idrocarburi) quali ” fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di vita industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”; in tal caso il D.Lgs. n. 505 del 1992, art. 5, prevede al n. 3 che, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, il valore e’ determinato secondo i criteri contabili.

Deve ritenersi esistente anche una potesta’ degli enti locali nell’ambito del mare territoriale, fino ad una distanza di 12 miglia marine, paragonabile a quella esercitata sul proprio territorio, con estensione della sovranita’ dello Stato e, per esso, dei relativi Comuni, sul mare territoriale, pur con i limiti derivanti dalle convenzioni internazionali.

Anche se il mare non e’ ricompreso tra i beni del demanio marittimo, che concernono solo il lido, la spiaggia e le terre emerse, tuttavia i beni infissi nel fondo del mare territoriale sono equiparabili a quelli del demanio marittimo (cfr art. 29 c.n.).

Le strutture stabilmente infisse nel fondo del mare territoriale sono, quindi, soggette al potere impositivo dell’ente territoriale di riferimento, rientrando nella definizione di fabbricati, e sono soggette ad ICI ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, come modificato dalla L. n. 368 del 2000.

Tali manufatti hanno una propria attivita’ produttiva, suscettibile di valutazione economica ed idonea a produrre un reddito proprio, che e’ funzionale allo stoccaggio e al trattamento dei prodotti estratti da immettere nelle condutture, dopo la lavorazione del materiale. Il processo inizia con la estrazione del materiale gassoso, si sviluppa sulle piattaforme con il processo di lavorazione del relativo materiale estratto, che viene immesso successivamente nelle condutture e raggiunge la centrale di smistamento a terra.

Ogni fase ha una propria autonomia, ancorche’ funzionale alle altre, circostanza che ne esclude la qualificazione di pertinenzialita’, originariamente peraltro non invocata da alcuna delle parti e in relazione alla quale la CTR si e’ limitata a riportare il contenuto della CTU. Le piattaforme costituiscono, invero, un cespite economico indipendente e distinto rispetto alla centrale di terra, ciascuno dotato di una sua utilitas e, trattandosi di cespite autonomo, va accatastato autonomamente e non quale pertinenza della centrale a terra. (cfr D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 40).

4. Nel caso di specie non puo’ assurgere a ius superveniens in tema di intassabilita’ ICI delle piattaforme petrolifere l’art. 1, comma 244, della legge di stabilita’ del 2015 (L. 29 dicembre 2014, n. 190) che recita: “Nelle more dell’attuazione delle disposizioni relative alla revisione della disciplina del sistema estimativo del catasto dei fabbricati, di cui alla L. 11 marzo 2014, n. 23, art. 2, ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 10, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni, si applica secondo le istruzioni di cui alla circolare dell’Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012, concernente la “Determinazione della rendita catastale delle unita’ immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico- estimativi”. Premessa l’anomalia e gli evidenti profili di incostituzionalita’ di una legge che si limita a rinviare, ai fini della applicazione di una normativa, senza altra specificazione, alle istruzioni di una circolare ministeriale, emanata da una delle parti del giudizio, tuttavia tale circolare, “normativizzata”, a prescindere dalla sua eventuale efficacia retroattiva, anche nel caso di valenza di interpretazione autentica della normativa indicata, non trova applicazione per le piattaforme petrolifere, non menzionate nella citata circolare.

Il paragrafo 3 della circolare n. 6/2012 del 30.11.2012 dell’Agenzia del Territorio prevede che “i recenti interventi del legislatore, che hanno confermato la prassi in merito alla inclusione nella stima catastale dei generatori di energia, inducono a valorizzare quelle ulteriori componenti che, poste a monte del processo produttivo o allo stesso funzionalmente connesse, rendono possibile proprio il funzionamento di detti generatori. Tra queste, i canali adduttori delle acque per il funzionamento delle turbine nelle centrali idroelettriche, le condotte petrolifere o dei prodotti derivati o connesse ai sistemi di raffreddamento…. che, in ogni caso, devono essere rappresentata nella mappa catastale. Tale rappresentazione e’ prevista solo o se dette componenti sono ubicate nel territorio dello Stato, con esclusione di quelle poste nei fondali marini”.

La circolare “normativizzata” non fa riferimento alle piattaforme petrolifere, ma solo alle “condotte petrolifere” che sono ontologicamente diverse dalle prime.

Solamente le “condotte petrolifere” devono essere “rappresentate nella mappa catastale”, cioe’ iscritte in catasto quando insistono sulla terraferma, ma non devono esserlo quando si trovano sul fondo del mare.

Le condotte petrolifere fanno riferimento al trasporto “in condotta” degli idrocarburi generalmente su lunghe distanze.

Quando si parla di condotte sottomarine solitamente ci si riferisce a linee dedicate al trasporto del prodotto da una piattaforma a un terminale marino per il trattamento per successiva esportazione, ovvero da una piattaforma a un terminale a terra, mentre la piattaforma petrolifera e’ una struttura utilizzata per l’esplorazione di aree marine, ove sono locati potenziali giacimenti di idrocarburi. Allo stesso tempo le piattaforme vengono o possono essere utilizzate anche per la perforazione di pozzi petroliferi, nel caso sia stata provata l’esistenza del giacimento. Stante l’ontologica differenza tra “condotte petrolifere” e “piattaforme petrolifere” la predetta circolare non trova applicazione alla fattispecie in esame.

5. La eccezione di contitolarita’ dei fabbricati formulata dall’Enel e’ inammissibile anzitutto per carenza probatoria relativamente a diritti correlagli ad altri soggetti: comunque e’ l’Eni, quale concessionaria esclusiva delle piattaforme, il solo soggetto imponibile in quanto, D.Lgs. n. 540 del 1991, ex art. 3, ultimo cpv., “nel caso di concessione su aree demaniali soggetto passivo e’ il concessionario” a prescindere dalla concessione relativa allo sfruttamento del giacimento minerario, essendo quest’ultima estranea all’accertamento ICI.

Sussistono, pertanto, i presupposti oggettivi per l’assoggettamento ad ICI delle piattaforme petrolifere, stante la loro riconducibilita’ al concetto di immobile ai fini civili e fiscali, la loro suscettibilita’ di accatastamento e a produrre un reddito proprio; sicche’ anche il concessionario detentore delle piattaforme petrolifere e’ soggetto al pagamento dell’ICI, che inerisce al valore del bene e non alla produzione del reddito, in quanto la redditivita’ deve essere riferita allo svolgimento di attivita’ imprenditoriale- industriale e non alla diretta produzione di un reddito da parte della struttura.

In altri termini: l’imposta colpisce il valore dell’immobile, utilizzato per la produzione del reddito, ma non il reddito, che e’ oggetto di altre imposte. Occorre, tuttavia, individuare i criteri per la determinazione della base imponibile del tributo.

Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 1, prevede che la base imponibile dell’imposta e’ il valore degli immobili e nel caso di fabbricati dotati di rendita, il comma 2, prevede che la base imponibile e’ commisurata alle “rendite risultanti in catasto”, determinando i moltiplicatori di legge. Il D.Lgs. n. 504 del 1992, comma 3, indica i criteri per la quantificazione della base imponibile per i fabbricati non iscritti in catasto, prevedendo, nel caso in cui l’immobile sia sprovvisto di rendita: “per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore e’ determinato….secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del D.L. 11 luglio 1992, n. 33, art. 6, comma 3″, cioe’ in base al valore” costituito dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili” (c.d. metodo stratificato).

Quindi, in mancanza di rendita catastale, data la mancanza di iscrizione in catasto, la base imponibile delle piattaforme, classificabili nella cat. D, e’ costituita dal valore di bilancio e, quindi, non e’ corretta la stima degli immobili commisurata dal Comune al valore accertato mediante stima diretta.

Il giudizio tributario non si connota come un giudizio di “impugnazione-annullamento”, bensi’ come un giudizio di “impugnazione- merito”, in quanto non e’ finalizzato soltanto ad eliminare l’atto impugnato, ma e’ diretto alla pronuncia di una decisione di merito sul rapporto tributario, sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria, previa quantificazione della pretesa erariale, peraltro entro i limiti posti, da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo del contribuente (Cass., Sez. 5^, Sentenza n. 21759 del 20/10/2011; Cass. civ., sez. 5^ 23 dicembre 2005, n. 28770) e fa si’ che l’accoglimento del motivo riproposto dall’Eni in ordine ai criteri per la determinazione dell’imposta, non comporti il mero annullamento del provvedimento impugnato, ma determini una pronuncia che attenga al merito della pretesa impositiva oggetto di contestazione.

Pertanto, se e’ vero che il petitum dell’originario ricorso della societa’ era espressione di una richiesta di annullamento dell’atto impositivo, il thema decidendum era limitato, da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo impugnato, e dall’altro, secondo quanto richiesto dalla societa’ con gli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo e ribaditi con l’atto di appello, riproposti in sede di giudizio di rinvio, con riferimento, in via subordinata, alla contestazione dei criteri di determinazione dell’imposta, individuati dal Comune con stima diretta.

Vanno, quindi, affermati i seguenti principi di diritto.

Le piattaforme petrolifere sono soggette ad ICI e sono classificabili nella cat. D/7, stante la riconducibilita’ delle stesse al concetto di immobile ai fini civili e fiscali, alla loro suscettibilita’ di accatastamento ed a produrre un reddito proprio in quanto la redditivita’ deve essere riferita allo svolgimento di attivita’ imprenditoriale – industriale e non alla diretta produzione di un reddito da parte della struttura.

In mancanza di rendita catastale, la base imponibile delle piattaforme, classificabili nella cat. D/7, e’ costituita dal valore di bilancio, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del D.L. 11 luglio 1992, n. 33, art. 6, comma 3″, cioe’ in base al valore “costituito dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili.

In accoglimento del motivo sub g) dell’Eni le sanzioni non sono dovute, ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472/97 per l’obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa applicabile.

Vanno, conseguentemente, accolti, nei limiti indicati, il ricorso del Comune, i motivi riproposti in controricorso sub e) e g), assorbiti i motivi sub. h) e i), rigettati gli altri e il ricorso incidentale, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla CTR dell’Aquila per la determinazione della base imponibile e della correlativa ICI, per ciascun anno di riferimento, in base al principio di diritto e ai criteri sopra specificati. Il giudice di rinvio si pronuncera’ anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie, nei limiti indicati in motivazione, il ricorso principale, i motivi riproposti in controricorso sub e) e g), assorbiti i motivi sub. h) e i), rigettato il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, che si pronuncera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.