CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 3954 del 29 febbraio 2016
FALLIMENTO – CONCORDATO PREVENTIVO – DELIBERAZIONE ED OMOLOGAZIONE – DECRETO DI OMOLOGAZIONE – IMPUGNAZIONE – LEGITTIMAZIONE – PRESUPPOSTI – QUALITÀ DI PARTE NEL GIUDIZIO DI OMOLOGAZIONE E SOCCOMBENZA – SUFFICIENZA – EFFETTIVA ESISTENZA DEL CREDITO – NECESSITÀ – ESCLUSIONE – FATTISPECIE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il tribunale di Velletri, con decreto 24-11-2005, omologava il concordato preventivo di Kabelsystem s.r.l. (in liquidazione), rigettando l’opposizione proposta da G.C. in qualita’ di creditore per rapporto di lavoro subordinato. G. proponeva appello avverso il decreto.
La corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica in data 23/11/2009, ha dichiarato l’inammissibilita’ dell’impugnazione assumendo che dal testo novellato della L. Fall., art. 183 dovevasi dedurre la caratterizzazione camerale del procedimento, con conseguente implicito rinvio, per le impugnazioni, alla normativa generale stabilita dall’art. 739 cod. proc. civ. Tale carattere non si poteva considerare venuto meno per il fatto che il collegio aveva disposto il mutamento di rito, da camerale a ordinario, in conseguenza della introduzione del procedimento con citazione ordinaria anziche’ con ricorso.
La corte d’appello riteneva tardiva l’impugnazione in quanto proposta oltre il termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento reclamato, essendo stata la citazione depositata il 12/12/2005. Come equipollente della comunicazione del decreto di omologa doveva infatti tenersi conto della richiesta di rilascio di copia presentata dall’opponente il 29-11-2005, essendosi trattato di una prova legale della conoscenza del provvedimento impugnato cui era stata preordinata l’attivita’ di cancelleria.
In secondo luogo la corte d’appello negava al G. la necessaria legittimazione a impugnare l’omologazione, non avendo egli fornito alcuna prova dell’esistenza del suo credito e dovendosi invece fondatamente ritenere la relativa domanda di accertamento ancora sub iudice, avendo l’impugnante prodotto, dinanzi al tribunale, la copia del ricorso in appello presentato nella afferente causa di lavoro.
Per la cassazione della sentenza, G. ha proposto ricorso affidato a dieci motivi, cui la societa’ Kabelsystem ha replicato con controricorso e successiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Coi primi due motivi, tra loro strettamente connessi, il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., artt. 183, artt. 342, 739 e 742-bis cod. proc. civ. con riferimento a quanto dalla corte d’appello affermato a proposito del mezzo di impugnazione esperibile e del termine di impugnazione.
Lamenta non essersi tenuto conto che la novellazione della L. Fall., art. 183, allusa in sentenza, era entrata in vigore il 1-1-2008, dopo l’introduzione del giudizio d’appello, il quale dovevasi considerare quindi alla stregua del testo normativo previgente.
2. – I motivi sono fondati nel senso che segue.
Il testo della L. Fall., art. 183 richiamato dalla corte d’appello di Roma, e’ stato introdotto dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 16, comma 6, a decorrere dal 1-12008, mentre la procedura in esame era gia’ pacificamente pendente a tale data, essendosi trattato dell’impugnazione di un decreto di omologazione del 2411-2005.
Dopo il D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella L. n. 145 del 2005, n. 80, ma anteriormente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 169 del 2007, l’impugnazione del decreto di omologazione del concordato preventivo andava proposta proprio con l’appello, nel termine di quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento (c. cost. n. 255-74).
Non poteva ritenersi implicitamente abrogato l’originario L. Fall., art. 183, limitatamente a tale mezzo di impugnazione, per incompatibilita’ con l’art. 180 nella versione introdotta dal D.L. n. n. 35 del 2005.
In effetti un tale assunto e’ stato sostenuto da una parte della dottrina e della giurisprudenza. Ma osta a condividerlo la circostanza che il D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 22, comma 2, ha esplicitamente limitato l’applicabilita’ della nuova disciplina, contenente anche la modifica del citato art. 183 e l’introduzione del reclamo in luogo dell’appello, alle procedure concorsuali aperte successivamente al 1 gennaio 2008 (e v. gia’ Sez. 1^ n. 25737-13).
Ora, l’appello, secondo quel che si apprende dalla sentenza impugnata, era stato proposto con citazione notificata in data sicuramente anteriore al 12-12-2005, giacche’ in tale data era avvenuto il conseguente deposito in cancelleria.
Anche considerandosi, quale data di conoscenza legale del provvedimento, quella indicata dalla corte romana (29-11-2005), e’ evidente che l’appello era in ogni caso tempestivo in rapporto al termine di quindici giorni allora previsto.
Sotto tutti i profili, dunque, il capo della sentenza d’appello va cassato.
3. – Restano di conseguenza assorbiti i motivi terzo, quarto e quinto, coi quali rispettivamente vengono denunziate la violazione o falsa applicazione della L. n. 890 del 1992, art. 4, comma 3 comma, e art. 149 cod. proc. civ. circa la data di notifica dell’appello (indicata inizialmente, ma per evidente errore materiale, nel 2112 – 2005, anziche’ in data anteriore al 12-12-2005) in rapporto alla data di conoscenza leale del provvedimento impugnato, e la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 183, come interpretato dalla sentenza della corte costituzionale n. 255 del 1974, in relazione alla necessaria comunicazione di cancelleria ai fini della decorrenza del termine di impugnazione dell’omologa del concordato.
4. – Coi motivi sesto e settimo il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione, rispettivamente, degli artt. 100 cod. proc. civ., L. Fall., art. 183 e art. 24 Cost., e della L. Fall., art. 183, artt. 343 e 739 cod. proc. civ., censurando la sentenza per aver escluso la legittimazione a impugnare nonostante la rappresentazione circa l’esistenza di una pretesa giudiziaria per crediti di lavoro e nonostante la mancanza di un’avversa eccezione. Si sostiene che il tribunale di Velletri aveva implicitamente riconosciuto la legittimazione, avendo rigettato l’opposizione per motivi di merito circa l’ampiezza dell’attivo in rapporto al fabbisogno concordatario, da cui desumere la sostenibilita’ del piano proposto. Sicche’, per quanto considerando ininfluente la posizione creditoria di esso G. ai fini del raggiungimento delle maggioranze di legge, il tribunale aveva pronunciato sul profilo preliminare, e avverso la suddetta implicita pronuncia la controparte non aveva interposto appello incidentale.
Con l’ottavo motivo viene dedotta, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello statuito la mancata legittimazione dell’impugnante in ultrapetizione.
Col nono motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 180 e l’omessa o insufficiente motivazione su punto controverso, non avendo la corte parametrato la propria decisione al disposto che legittima il creditore dissenziente e qualunque interessato ad agire mediante opposizione al decreto di omologazione e, quindi, anche a impugnare la relativa statuizione di rigetto.
Infine col decimo mezzo la sentenza e’ censurata per vizio di motivazione in ordine alla affermata mancanza di prove circa l’effettivita’ del credito di lavoro del ricorrente, essendo questo ancora sub iudice.
5. – Sono nel senso che segue fondati il sesto e il nono motivo, tra loro connessi, restando in cio’ assorbiti tutti gli altri.
Testualmente la sentenza ha negato al G. la legittimazione “a impugnare l’omologazione”, sul rilievo che l’appellante non aveva fornito la dimostrazione dell’esistenza del credito di lavoro siccome ancora sub iudice nella sede naturale.
Occorre premettere che in tema di legittimazione alla opposizione nel giudizio di omologazione del concordato preventivo la locuzione “qualunque interessato”, prevista dalla L. Fall., art. 180, comma 2, ha una rilevanza assai ampia, suscettibile di comprendere i creditori dissenzienti e non dissenzienti.
Tra questi ultimi sono stati annoverati quelli che non abbiano votato favorevolmente alla proposta sia per non aver preso parte all’adunanza fissata per il voto, sia perche’ non convocati, sia ancora perche’ non ammessi al voto – id est, esclusi – o perche’ astenuti (v. Sez. 1^ n. 13284-12; conf. n. 13285-12).
La ragione e’ che tutti codesti soggetti prospettano l’interesse diretto e attuale al giudizio per contrastare l’omologazione in riferimento al trattamento loro riservato, al di la’ e in aggiunta a chiunque altro, a qualunque titolo, abbia interesse ad opporsi.
Consegue che i creditori esclusi possono senz’altro opporsi all’esclusione giustappunto in sede di omologazione del concordato, e la circostanza, quindi, che il vanto creditorio sia oggetto di un separato giudizio non preclude, in se’, l’opposizione volta a sollecitare il controllo su tutti i dianzi considerati profili, ivi compreso quello afferente la fattibilita’ del piano concordatario.
L’esistenza del credito (nella specie, di lavoro) in capo all’opponente semplice presupposto di fatto della legittimazione – puo’ e deve costituire oggetto di accertamento incidenter tantum da parte dello stesso giudice investito della questione concorsuale (e v. infatti la L. Fall., art. 176 e art. 180, comma 6), non essendo richiesto dalla legge un accertamento (Ndr: testo originale non comprensibile) con valore di giudicato (art. 34 cod. proc. civ.).
6. – Peraltro in base al testo della L. Fall., art. 183 rilevante in causa, legittimati a impugnare poi il provvedimento che, decidendo sull’opposizione, omologa o respinge il concordato sono gli opponenti e il debitore.
E la formula costi’ impiegata dalla norma suffraga la conclusione per cui esiste un’osmosi tra le due categorie concettuali, nel senso che legittimati a impugnare il provvedimento assunto dal tribunale fallimentare in sede di omologazione sono, in ogni caso, tutti i soggetti – opponenti e debitore – che abbiano rivestito la qualita’ di parte in senso formale nel relativo giudizio di omologa.
Tale pacificamente era l’attuale ricorrente, il cui credito – benche’ contestato – non era stato escluso dal tribunale di Velletri.
Consegue che e’ errato affermare che la legittimazione a impugnare la decisione assunta in sede di omologazione dovesse dipendere dalla prova dell’esistenza del credito di lavoro, in quanto ancora sub iudice.
La legittimazione a impugnare il decreto di omologazione, come sempre accade quando si discorre di impugnazioni, discendeva dal semplice fatto di avere l’impugnante assunto la qualita’ di parte nel relativo processo e di essere stato ivi soccombente.
Dunque la legittimazione a impugnare non poteva essere disconosciuta.
7. – L’impugnata sentenza va quindi cassata con rinvio alla medesima corte d’appello di Roma, diversa sezione, la quale esaminera’ l’appello uniformandosi ai principi richiamati e provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, secondo, sesto e nono, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Roma.
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