CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 41171 depositata il 3 ottobre 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – CONFISCA DELLE ATTREZZATURE DA LAVORO – SUSSISTE – REATI IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO
FATTO
1.1. Il Tribunale di Napoli nord, con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a J.M. la pena di euro 45.000,00 di ammenda in relazione alla violazione degli artt. 17, 18, 19, 29, 36 e 37 del d.lgs. 81/2008.
1.2. Con la medesima sentenza il Tribunale di Napoli nord ha altresì disposto la confisca dei macchinari in sequestro.
1.3. Avverso detta sentenza ha presentato ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato deducendo in primo luogo la violazione di legge per non avere il Tribunale verificato la possibilità di pronunziare sentenza di proscioglimento del prevenuto ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
1.4. In via subordinata il ricorrente ha lamentato il fatto che, pur essendo stata espressamente condizionata, col consenso del Pm, la applicazione della pena concordata al dissequestro dei beni riferibili all’imputato, il Gup ha disposto la confisca di quanto in sequestro, sebbene si sia trattato di confisca facoltativa, in assenza di adeguata motivazione.
DIRITTO
2. Il ricorso è fondato, nei limiti di cui alla seguente motivazione.
2.1. Non ha pregio, infatti, il primo motivo di doglianza presentato dal ricorrente.
2.2. Osserva, infatti, la Corte che con esso il ricorrente si è, infatti, limitato a lamentare, senza alcun concreto riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, il fatto che il giudice non avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
13 Al riguardo deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt.111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Da tanto consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis: Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 maggio 2012, n. 36610).
2.4. Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama le risultanze degli atti di indagine che ne escludono l’applicabilità.
3. Fondato è, invece, il secondo motivo di impugnazione.
3.1. Rileva, infatti, la Corte, premessa la natura facoltativa della confisca di cui alla sentenza impugnata, che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’estensione dell’applicabilità della confisca in caso di patteggiamento, per effetto della legge n. 134 del 2003, a tutte le ipotesi previste dall’art. 240 cod. pen., e non più solo a quelle previste come ipotesi di confisca obbligatoria, impone al giudice di motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro, ovvero, in subordine, quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza dei beni confiscati (per tutte si veda: Corte di cassazione, Sezione II penale, 12 febbraio 2014, n. 6618).
3.2. Nel caso di specie il Gip del Tribunale di Napoli nord ha ritenuto che la libera disponibilità in capo all’imputato delle apparecchiature sequestrate potrebbe costituire un incentivo a commettere ulteriori reati in materia di sicurezza sul lavoro.
3.3. Tale motivazione si presenta per un verso frutto di una mera petizione di principio, in quanto il Tribunale non ha indicato alcun elemento che non sia meramente presuntivo volto a corroborare siffatta deduzione, e, per altro verso, è anche del tutto irrazionale, in quanto determina, di fatto, in assenza di valide ragioni giustificatrici, se non la impossibilità quanto meno la estrema difficoltà per il prevenuto di riprendere la propria attività produttiva in modo tale da consentirgli un pieno reinserimento nella vita economica e sociale, si da rendere concreta e non solamente virtuale la finalità rieducativa della pena.
Per le ragioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente alla disposta confisca, ferma restando la applicazione a carico del ricorrente della pena principale come concordata fra le parti nonché le restanti statuizioni accessorie, con rinvio al Tribunale di Napoli nord, affinché, in diversa composizione personale, riesamini alla luce dei principi esposti la suscettibilità o meno del macchinari sequestrati allo J.M. ad essere legittimamente confiscati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca dei macchinari con rinvio al Tribunale di Napoli nord.
Rigetta nel resto il ricorso.
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