CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 417 del 13 gennaio 2016
TRIBUTI – CONDONI – DEFINIZIONE TARDIVI E OMESSI VERSAMENTI EX ART. 9-BIS DELLA L. N. 289/2002 – OMESSO PAGAMENTO DELLE RATE SUCCESSIVE ALLA PRIMA – DECADENZA DEL CONDONO
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 125/04/09, depositata il 07.04.09 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, respingeva l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno che aveva accolto il ricorso con il quale la società T. SPA aveva impugnato la cartella di pagamento n. 10020060004210432 per IRPEF, ritenute d’acconto, addizionali, interessi e sanzioni, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis del DPR n. 600/1973.
Il secondo giudice preliminarmente affermava che la cartella era rituale sotto il profilo del contenuto minimo richiesto. Quindi, nel merito, ne escludeva la legittimità, perché emessa per il recupero di omessi versamenti per l’anno di imposta 2001 a seguito del diniego del condono ex art. 9 bis della L. n. 289/2002 a causa del mancato versamento delle rate successive alla prima: sosteneva che tale ultima ipotesi non comportava l’invalidità e/o l’inefficacia della definizione agevolata, ben potendo la lacuna essere colmata in via analogica, mediante l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo ex art. 14 del DPR n. 602/1973 e l’irrogazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 13 del DLGS n. 471/1997.
2. La Agenzia ricorre per cassazione su due motivi, ai quale replica la contribuente con controricorso. Il difensore della contribuente ha comunicato in udienza l’intervenuto fallimento della società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente va rilevato che la comunicazione di intervenuto fallimento della società è priva di riscontro documentale; detta circostanza, comunque, quand’anche accertata, non avrebbe determinato l’interruzione del giudizio, alla stregua della univoca giurisprudenza di questo giudice di legittimità, secondo la quale neppure l’intervenuta modifica della L. Fall., art. 43, per effetto del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41, nella parte in cui prevede che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, comporta una causa di interruzione del giudizio in corso in sede di legittimità, posto che in quest’ultimo, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (v. Cass. nn. 21153/2010, 14786/2011).
2.1. Primo motivo – Omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, cpc) per non avere la CTR motivato in merito alla preliminare affermazione di legittimità della cartella fondata dall’Ufficio sulla circostanza che la parte privata con la domanda di condono non aveva inteso definire tutti i tardivi o omessi versamenti contestati per l’anno 2001, ma solo una parte.
2.2. Secondo motivo – Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis della L. n. 289/2002, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cpc ed all’art. 62, comma 1, del DLGS n. 546/1992, per aver ritenuto la CTR che il mancato versamento delle rate successive alla prima non comportasse l’inefficacia del condono ex art. 9 bis cit.
2.3. Va esaminato subito l’assorbente secondo motivo. Infatti, applicando il principio processuale della ragione più liquida (desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost.) è consentito al giudice esaminare un motivo suscettibile di assicurare la definizione del giudizio di legittimità, anche in presenza di questioni pregiudiziali, (v. Sez. Un. Sentenza n. 9936 del 08/05/2014, n. 444/2015).
2.4. Il motivo merita accoglimento
Il diniego di condono e la cartella esattoriale impugnati hanno ad oggetto somme liquidate a titolo di IRPEF, ritenute alla fonte ed accessori per l’anno di imposta 2001. In merito, questa Corte ha costantemente statuito che il condono previsto dall’art. 9-bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, relativo alla possibilità di definire gli omessi e/o tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla stessa L. n. 289 del 2002 negli artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario. Ne consegue che, nell’ipotesi di cui all’art. 9-bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, in ordine alla determinazione del quantum, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, oltre agli interessi, il condono è condizionato dall’integrale e tempestivo pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se tale condizione venga rispettata, essendo insufficiente il pagamento della sola prima rata cui non segua l’esatto adempimento delle successive (ex plurimis: Cass. n. 20745 del 2010; n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 10309, n. 10650, n. 25238 del 2013; n. 9440 e n. 20435 del 2014; n. 420, n. 5116, n.7852, n. 8149, n. 8209, n. 8420, n. 9543, n. 10583, n. 10881 del 2015).
Inoltre, la disciplina di cui agli arti. 8, 9, 15 e 16 della L. n. 289 del 2002 – nella parte in cui tali disposizioni statuiscono l’efficacia delle ipotesi di condono “premiale” da essi previste, ancorché le rate successive alla prima non siano integralmente e tempestivamente versate – è insuscettibile di applicazione analogica, data la natura eccezionale delle disposizioni in materia di condono (vedi, specialmente, Cass. n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 25238 del 2013).
Dunque, sul punto, la decisione impugnata non si è uniformata a tali principi.
3.1. In conclusione il ricorso va accolto sul secondo motivo, assorbito il primo; per le indicate ragioni, in accoglimento del ricorso, la pronuncia di appello va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. con il rigetto del ricorso originario della contribuente.
3.2. Il consolidamento della sopra menzionata giurisprudenza sull’art. 12 della legge n. 289 del 2002 e sull’incompatibilità di tale condono con l’ordinamento eurocomunitario in epoca successiva al ricorso introduttivo del contribuente induce a compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso, fondato il secondo motivo ed assorbito il primo;
– Cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente;
– Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio
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