CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4455 del 7 marzo 2016
SOCIETÀ – OPERAZIONI STRAORDINARIE – TRASFORMAZIONE – SCISSIONE – ART. 2504 DECIES, COMMA 2, C.C., NEL TESTO APPLICABILE “RATIONE TEMPORIS” – INTERPRETAZIONE – RESPONSABILITÀ SOLIDALE DI SOCIETÀ SCISSA E SOCIETÀ BENEFICIARIA – SUSSISTENZA – DIFFERENTI MODALITÀ OPERATIVE – INDIVIDUAZIONE – FONDAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bari ha ribadito il rigetto dell’opposizione proposta dalla G. P. & C. s.a.s. e dalle eredi del socio accomandatario avverso la sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento il (OMISSIS). Ritennero i giudici del merito che la scissione operata nel 1998, con il trasferimento alla societa’ di nuova costituzione Frost Italia s.p.a. di una parte del patrimonio della G. P. & C. s.a.s., non aveva liberato la societa’ scissa dei debiti trasferiti alla societa’ beneficiaria, ove scaduti e non soddisfatti, sicche’ anche di tali debiti occorreva tener conto nell’accertamento del suo stato di insolvenza, non essendo necessaria la preventiva escussione della societa’ beneficiaria, mentre era certa la cessazione dell’attivita’ di impresa trasferita alla beneficiaria.
Contro la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione la G. P. & C. s.a.s., P.R. e le eredi di P.G., deducendo quattro motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il fallimento, mentre non ha spiegato difese la banca intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2504 decies c.c., comma 2, nella formulazione all’epoca vigente, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente riconosciuto una responsabilita’ solidale, anziche’ solo sussidiaria, tra la societa’ scissa e la societa’ beneficiaria e abbiano percio’ assegnato rilevanza all’ingente credito di Caripuglia s.p.a., benche’ trasferito alla beneficiaria Frost Italia s.p.a., non previamente escussa.
Sostengono che l’interpretazione corretta della norma esclude la solidarieta’ tra la societa’ beneficiaria e la societa’ scissa, che non puo’ essere chiamata a rispondere dei debiti trasferiti senza la previa escussione della societa’ cui sono stati trasferiti, perche’ la ratio legis e’ quella di mantenere integre, non di aumentare le garanzie dei creditori sociali. La solidarieta’ e’ limitata al rapporto tra le societa’ cui il debito non fa carico, e non anche al rapporto tra queste societa’ e quella cui il debito e’ trasferito.
Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione degli artt. 2504 decies e 2740 c.c., lamentando che i giudici del merito non abbiano limitato la responsabilita’ della G. P. & C. s.a.s. al valore netto del patrimonio rimastole dopo la scissione.
Sostengono che, ove tale limite quantitativo della responsabilita’ fosse stato rispettato, non sarebbe stato possibile dichiararne l’insolvenza, perche’ la societa’ aveva le disponibilita’ per soddisfare il debito quantificato in L. 324.780.506, corrispondente alla differenza tra l’attivo e il passivo risultante dal progetto di scissione, o in L. 8.828.836.040, secondo l’accertamento del consulente d’ufficio.
Censurano comunque la sentenza impugnata perche’ ha ritenuto che il limite del patrimonio netto trasferitole non definisca l’entita’ del debito di cui la societa’ scissa puo’ essere chiamata a rispondere, bensi’ la misura della garanzia patrimoniale per debiti anche maggiori.
Con il terzo motivo le ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano considerato superflua la questione del limite di responsabilita’ della societa’ scissa, nonostante la rilevantissima incidenza che la questione aveva nell’accertamento dello stato di insolvenza.
Con il quarto motivo le ricorrenti deducono ancora vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che, ai fini dell’accertamento dell’insolvenza, i giudici del merito abbiano irragionevolmente rapportato la totalita’ del passivo, trasferito e rimasto, al solo attivo rimasto alla societa’ scissa. Sicche’ l’insolvenza in realta’ non sussisteva, come dimostrato dal fatto che successivamente tutti i debiti trasferiti sono stati effettivamente pagati dalla Frost Italia s.p.a. cui erano stati caricati. I debiti propri della G. P. & C. s.a.s. ammontavano infatti a L. 145.149.272, mentre e’ del tutto infondato l’assunto che la societa’ avesse cessato l’attivita’ di impresa, essendo stata l’impresa ceduta in realta’ alla Frost Italia s.p.a..
2. Il ricorso e’ solo in parte fondato.
L’art. 2504 decies, comma 2, come oggi l’art. 2506 quater c.c., comma 3, prevedono che, nel caso di scissione, “ciascuna societa’ e’ solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della societa’ scissa non soddisfatti dalla societa’ cui fanno carico”.
L’interpretazione di questa disposizione e’ qui controversa sia nella parte in cui prevede che la societa’ scissa risponde dei crediti “non soddisfatti dalla societa’ cui fanno carico”, sia nella parte in cui limita la responsabilita’ solidale di ciascuna societa’ al “valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto”.
Sotto il primo profilo e’ ragionevole escludere che la norma riconosca un beneficio di previa escussione, perche’, nei casi in cui e’ previsto, tale beneficio e’ sempre riferito al patrimonio (artt. 563, 1944, 2268 e 2304 c.c.) o al debitore da sottoporre a esecuzione forzata (art. 2393 bis, e art. 2868 c.c.). Mentre la norma in esame presuppone solo che i crediti da far valere siano rimasti insoddisfatti. Prevede dunque solo un beneficium ordinis, che, secondo la giurisprudenza di questa corte, presuppone esclusivamente la costituzione in mora del debitore (Cass., sez. 3^, 4 giugno 2009, n. 12896, m. 608385).
Ne consegue che del debito trasferito alla Frost Italia s.p.a. poteva gia’ essere chiamata a rispondere la G. P. & C. s.a.s. al momento del fallimento, solo se fosse gia’ intervenuta la costituzione in mora del debitore. E questo accertamento di fatto non e’ stato compiuto dal giudice del merito.
Vero e’ che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, si trattava di obbligazione gia’ scaduta al momento della scissione. Ma non essendo indicata la natura del credito, non e’ possibile stabilire in questa sede se il debitore fosse gia’ in mora.
Quanto al limite del “valore effettivo del patrimonio netto” assegnato o rimasto alla societa’ escussa, hanno ben ragione le ricorrenti a sostenere che esso definisce la misura del credito azionabile nei confronti delle societa’ non beneficiarie, non la misura della garanzia patrimoniale prestata dal debitore. Sicche’ ciascuna delle societa’ risultanti dalla scissione puo’ essere chiamata a rispondere solidalmente del passivo consolidato, ma solo la societa’ cui il debito e’ trasferito o mantenuto ne risponde per intero, mentre le altre societa’ ne rispondono solo nei limiti della quota di loro spettanza su quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori. E in questo senso la norma tende appunto, come auspicato dalle ricorrenti, a mantenere integre le garanzie dei creditori sociali, non certo ad accrescerle.
Queste due limitazioni, quella del beneficium ordinis e quella del limite di responsabilita’, non escludono affatto la solidarieta’ tra tutti i debitori, perche’, come precisa l’art. 1293 c.c., “la solidarieta’ non e’ esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalita’ diverse”; e lo stesso art. 2504 decies c.c., prevede espressamente la solidarieta’ tra debitori che per definizione rispondono in misura diversa della medesima prestazione.
D’altro canto l’erroneita’ dell’interpretazione proposta dai giudici del merito, con riferimento all’incidenza del limite del “valore effettivo del patrimonio netto” assegnato o rimasto alla societa’ escussa, comporta l’esigenza di un accertamento ex novo dello stato di insolvenza, non essendo possibile stabilire in questa sede per quale quota la G. P. & C. s.a.s. potesse essere chiamata a rispondere del debito verso la Caripuglia e quale incidenza effettiva avesse tale debito sulla situazione patrimoniale della societa’.
Definita dunque nel senso indicato la corretta interpretazione dell’art. 2504 decies c.c., comma 2, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, perche’ i giudici del merito accertino se per il credito vantato dalla Caripuglia vi fosse stata gia’ costituzione in mora dei debitori e se, considerata l’effettiva incidenza di tale debito sul patrimonio della G. P. & C. s.a.s., sussistesse il suo stato di insolvenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.
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