CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4620 del 9 marzo 2016
TRIBUTI – COMMERCIO VEICOLI USATI – APPLICAZIONE REGIME DEL MARGINE – CONDIZIONI
Ritenuto in fatto
In occasione di una verifica fiscale relativa all’anno 2003, effettuata a carico della società “C. S. & C. s.n.c.” – avente ad oggetto l’attività di officina meccanica e di commercio di autoveicoli usati -, l’Agenzia delle entrate rettificava l’imponibile a fini Irpeg, Irap, Iva ed Irpef (per i soci), contestando l’indebita applicazione del c.d. regime del margine sull’acquisto di otto autovetture usate presso altri rivenditori italiani (Autosaloni Campagnolo e Coldebella), i quali le avevano a loro volta acquistate da soggetti residenti in Stati membri della Comunità Europea, che dai relativi libretti di circolazione risultavano esercitare l’attività di autonoleggio.
La C.T.P. di Belluno accoglieva l’impugnazione proposta della contribuente ed annullava l’atto impositivo, ritenendo “non dimostrato che le società estere non avessero scontato l’Iva”, fermo restando che tale accertamento “doveva avvenire da parte delle imprese importatrici”.
A sua volta, la C.T.R. del Veneto accoglieva l’appello dell’amministrazione finanziaria, confermando “gli avvisi di accertamento relativi all’anno 2003” e condannando la società contribuente alla rifusione delle spese processuali.
Per la cassazione della sentenza d’appello n. 55/26/09, depositata il 26.10.2009, la contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con il primo (duplice) motivo di ricorso, la società “C. S. & C. s.n.c.” deduce quanto segue: «violazione di legge – violazione dell’art. 36 del D. Lgs. 546/1992 e altresì degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp.att. c.p.c. Violazione dell’art. 360 n. 5) c.p.c. – Omessa o apparente motivazione; motivazione comunque contraddittoria e incongrua».
1.1. In sintesi, parte ricorrente lamenta, in via principale, la nullità della sentenza, per mancanza o comunque mera apparenza della motivazione; in via subordinata, ne contesta la insufficienza e contraddittorietà.
2. Il secondo mezzo attiene alla «errata e illogica applicazione di legge – errata interpretazione del c.d. “regime del margine” – violazione degli artt. 36 – 40 del D.L. 41/1995 attuazione direttiva CEE 94/5/CE».
2.1. Lamenta la ricorrente: che erroneamente il giudice d’appello ha ritenuto non assoggettabile al c.d. regime del margine i beni provenienti dall’estero; che l’Ufficio non aveva dimostrato che “le società estere di autonoleggio non avessero scontato l’IVA con riguardo a tutte le autovetture oggetto di rettifica”, che dal contribuente non è esigibile “altra verifica che quella della provenienza del bene e del relativo regime tributario applicato dal suo immediato venditore”; che “la legge in materia di rivendita di beni usati non prevede alcun dovere da parte dei sub acquirenti di verificare le condizioni originarie di trattamento tributario dei beni presso i precedenti proprietari degli stessi, a maggior ragione se stranieri e in presenza di precedenti passaggi”; che pertanto la sentenza impugnata “pretende dall’acquirente un comportamento (quello di controllo sulla provenienza estera) che nessuna norma impone ed esige”; che non risulta provata alcuna “collusione tra i gestori dei due autosaloni”; che l’intero accertamento è “basato su inammissibili presunzioni (addirittura su presunzioni di presunzioni) e su ipotesi indimostrate”.
3. Dei vari vizi contestati – che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente – merita accoglimento solo la censura motivazionale ex art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ. contenuta nel primo motivo, risultando Invece infondate o assorbite le ulteriori censure di cui al n. 4) – anch’essa contenuta nel primo mezzo – ed al n. 3), affidata invece al secondo motivo.
4. Va in primo luogo disattesa la censura di nullità della sentenza per inesistenza o apparenza della motivazione, poiché la radicale sanzione della nullità può applicarsi solo laddove la motivazione sia materialmente omessa, ovvero risulti del tutto formale o tautologica – e quindi apparente – mentre, nel caso di specie, la motivazione adottata non manca, né è meramente apparente, pur risultando effettivamente insufficiente e contraddittoria, come contestato dalla stessa ricorrente (sia pure in via subordinata), e come emerge palesemente dalla semplice lettura della motivazione.
5. E’ evidente, invero, l’insufficienza e contraddittorietà dei passaggi motivazionali espressi dalla Commissione tributaria regionale, la quale si limita a sostenere i seguenti quattro enunciati: 1) “La mancanza di documentazione chiara non permette al ricorrente di sapere cosa avesse fatto l’importatore diretto se non l’utilizzo del regime del margine”; 2) “L’aver rilevato cosa avesse usufruito l’importatore dava conoscenza dell’utilizzo del regime del margine dallo stesso, senza particolare diligenza”; 3) “Il fatto che la Società appellata abbia acquistato le autovetture da società italiana non è motivo sufficiente per ignorarne la provenienza, e quindi avallare l’utilizzo del regime del Margine”; 4) “La ricostruzione del reddito è dunque oggettiva”.
6. Ebbene, in disparte la quarta affermazione (verosimile frutto di un lapsus calami, in quanto apparentemente concernente l’ulteriore tema di indagine oggetto della coeva sentenza resa nei confronti della stessa contribuente, relativa all’annualità 2002), mentre le prime due sembrerebbero deporre a favore della tesi del contribuente, la terza assume invece una valenza contraria, ed in tal modo le opposte direzioni assunte dai corrispondenti percorsi motivazionali finiscono per eroderne la portata, privando comunque di una solida base razionale la decisione finale di riformare la decisione di prime cure, respingendo integralmente l’impugnazione della società.
7. Appare quindi inevitabile che il giudice d’appello torni a pronunciarsi, adottando una congrua motivazione. Anche a tal fine è opportuno esaminare – per evidenziarne l’infondatezza – l’error in iudicando dedotto nel secondo motivo, che a rigore resterebbe assorbito dall’accoglimento della censura motivazionale.
8. L’art. 26-bis della Sesta direttiva sulla cifra di affari n. 388/1977 del Consiglio (aggiunto dalla Direttiva n. 94/5/CE del Consiglio), stabilisce un regime particolare dell’Iva applicabile ai beni d’occasione ed agli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, stabilendo che le cessioni di questi beni, compiute da un soggetto passivo-rivenditore, sono assoggettate ad imposta limitatamente all’utile realizzato, ossia alla differenza tra il prezzo dì vendita chiesto dal soggetto passivo rivenditore per il bene ceduto ed il prezzo d’acquisto. Siffatto regime mira ad evitare il fenomeno della doppia imposizione (cfr. Direttiva n. 94/5/CE, III considerando) e le conseguenti distorsioni di concorrenza fra i soggetti passivi, poiché tassare per l’intero prezzo la cessione di un bene d’occasione compiuta da un soggetto passivo rivenditore, allorché il prezzo d’acquisto incorpori l’iva assolta a monte da un soggetto passivo che né il cedente, né il rivenditore siano stati in grado di detrarre, comporterebbe una doppia imposizione (Corte giust. 3 marzo 2011, C-203/10, Auto Nikoiovi, p.to 48; 8 dicembre 2005, C-280/04, Jyske Finans, p.to 38). Si tratta dunque di un regime particolare, giacché deroga al principio generale per cui l’iva è riscossa per ogni cessione di beni compiuta a titolo oneroso da un soggetto passivo (Corte giust. 19 luglio 2012, C-160/11, Bawaria Motors, p.ti 28 e 34, con riguardo alla omologa disposizione della direttiva 2006/112/CE; sent. Auto Nikoiovi cit., p.to 46; sent. Jyske Finans cit., p.to 35).
8.1. Nell’ordinamento interno, il suddetto regime – recepito dall’art. 36 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito con modificazioni dalla L. 22 marzo 1995, n. 85 – presenta, oltre ai carattere di specialità, anche quello di facoltatività, in quanto il terzo comma del citato art. 36 consente al contribuente di optare per il regime ordinario, ove intenda portare in detrazione l’iva assolta, dandone comunicazione al competente ufficio dell’imposta sul valore aggiunto nella relativa dichiarazione annuale. Condizione indefettibile di applicabilità del regime del margine è, comunque, l’indetraibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente operatore comunitario, all’atto dell’acquisto del bene poi rivenduto all’importatore di altro Paese membro, nel senso che detto cedente deve aver assolto l’IVA in modo definitivo, senza esercitare alcuna rivalsa; diversamente, per una sorta di eterogenesi dei fini, piuttosto che evitare una doppia imposizione si finirebbe per attribuire al cessionario una ingiustificata agevolazione fiscale. A tal fine, il primo comma dell’36 più volte citato fissa chiaramente le caratteristiche soggettive che il cedente deve rivestire affinché il cessionario possa accedere al regime del margine: 1) soggetto che sia privato consumatore; 2) soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta (avendo destinato i beni ad una attività esente); 3) soggetto che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro; 4) soggetto che abbia, a sua volta, assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile.
8.2. Tali presupposti sostanziali non sono stati superati dagli adempimenti formali introdotti dall’art. 2 della Direttiva 2001/115/CE del Consiglio in data 20.12.2001 (che ha modificato l’art. 28-novies, par. 3, della Sesta direttiva), cui è stata data attuazione nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52, art. 1, che ha sostituito il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, imponendo per l’applicazione del regime del margine di utile l’obbligo di annotare in fattura l’espresso riferimento agli artt. 26 o 26-bis della Dir. CE n. 388/1977, ovvero le “corrispondenti disposizioni nazionali”, o ancora la specificazione “di altre informazioni che indichino che è stato applicato il regime di margine di utile”; si tratta infatti di ulteriori requisiti di regolarità formale della fattura, strumentali ad esigenze di chiarezza e trasparenza nel rapporto tributario, i quali si aggiungono – senza sostituirli – ai requisiti sostanziali richiesti per l’applicabilità del regime fiscale derogatorio.
8.3. Ne consegue che il corretto adempimento degli oneri formali non esaurisce la prova dell’effettiva esistenza dei presupposti che consentono l’applicazione del regime speciale dell’IVA all’operazione di cessione del bene, poiché diversamente si attribuirebbe alla fattura, solo perché formalmente emessa dal cedente in regime del margine, un’efficacia probatoria sostanziale – non prevista né dalla normativa comunitaria né dall’ordinamento interno in ordine alla effettiva esistenza dei presupposti giustificativi di tale regime fiscale, primo fra tutti l’assoluzione dell’IVA, in modo definitivo, da parte del cedente.
8.4. Per le medesime ragioni, l’accertamento delle condizioni oggettive, alle quali il sistema comunitario e nazionale subordinano la fruizione dì detto regime fiscale speciale, non può essere circoscritto al primo segmento dell’operazione di cessione intracomunitaria, ma va esteso anche alle ulteriori cessioni tra operatori residenti nello stesso Stato membro. In tal senso, è lo stesso D.L. n. 41 del 1995, art. 37, comma 2, a disporre espressamente che “gli acquisti dei beni di cui all’articolo 36, assoggettati al regime ivi previsto nello Stato membro di provenienza, non sono considerati acquisti intracomunitari. Per le cessioni degli stessi beni non si applicano le disposizioni del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 40, comma 3, art. 41, e art. 58, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427”. Del resto, una diversa conclusione si porrebbe in contrasto con i poteri di accertamento e controllo fiscale riservati a ciascuno Stato membro, essendo evidente che il diritto all’applicazione del regime del margine di utile – cui vengono assoggettate, segnatamente, le cessioni a catena degli autoveicoli usati – debba rispondere al medesimo presupposto di legge per cui nessuno dei soggetti cedenti, intervenuti nella serie delle diverse operazioni di cessione, deve aver portato in detrazione I’IVA (Corte Giust. 19 luglio 2012, Bawaria Motors cit.). Pertanto, nel caso in cui il primo cedente abbia emesso fattura con indebita applicazione del regime sul margine di utile (avendo in realtà detratto l’IVA sul proprio acquisto “a monte”), tutte le successive cessioni, effettuate tra soggetti passivi IVA, devono considerarsi indebitamente assoggettate al medesimo regime. Compete dunque all’amministrazione finanziaria rilevare, al di là della regolarità formale dell’operazione di cessione del bene in regime del margine, la mancanza di corrispondenza tra la sua rappresentazione documentale e la sua effettiva realizzazione, quale ordinaria operazione di cessione intracomunitaria assoggettata ad IVA, e ciò anche sulla scorta di elementi oggettivi di tipo presuntivo, idonei a privare di attendibilità le indicazioni contenute nella fattura emessa nei confronti del cessionario.
8.5. In particolare, anche il fatto che dai libretti di circolazione risultino come originari cedenti società di autonoleggio – le quali di norma utilizzano i veicoli come beni strumentali all’esercizio dell’impresa, con conseguente diritto alla detrazione dell’IVA fatturata sull’acquisto a monte – integra lo schema legale della presunzione ex artt. 2717 e 2729 cod. civ. poiché, per un verso, dal fatto certo della qualità soggettiva degli operatori economici è possibile pervenire presuntivamente alla conoscenza di distinti fatti ignorati e, per altro verso, la strumentalità (ovvero inerenza) del bene non si identifica con l’oggetto della prova presuntiva, ma costituisce soltanto uno degli elementi ricostruttivi del fatto ignorato – l’avvenuta detrazione di imposta – impeditivo del diritto alla fruizione del regime fiscale c.d. del margine.
8.6. Quanto poi all’obiezione per cui non può escludersi che società di autonoleggio (o di leasing) acquistino veicoli da privati, o comunque in regime del margine, per rivenderli direttamente a terzi, senza impiegarli (neppure temporaneamente) nell’esercizio dell’attività, essa non significa che il ragionamento presuntivo sia censurabile per difetto di inferenza probabilistica, poiché si ha pluralità di inferenze – ostativa alla univocità della conseguenza tratta dal fatto noto – solo nel caso in cui nella sequenza della causalità logica tra questo ed i plurimi fatti ignorati incompatibili sia ravvisabile una omogeneità sotto il profilo della “normalità probabilistica”, mentre nel caso di specie l’inferenza alternativa a quella ipotizzata riveste il carattere di eccezionalità (in termini, Cass. n. 15630 del 2015) e finisce in quanto tale per corroborare la contraria argomentazione presuntiva dedotta dall’Ufficio, fondata invece sulla regolarità causale tra acquisto del bene “inerente” alla impresa e detrazione della relativa imposta (cfr. Corte giust. 8.12.2005, Jyske Finans, cit., par. 38).
8.7. Proprio facendo leva sulla specialità del regime in questione, rispetto all’ordinario regime impositivo IVA riguardante gli acquisti intracomunitari, la consolidata giurisprudenza dì questa Corte fa ricadere sul contribuente l’onere di provare, a fronte di una contestazione presuntiva dell’amministrazione, la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga invocata (Cass. n. 3427 del 2010, n. 2227 del 2011, nn. 8636 e 15219 del 2012, nn. 6916, 6399 e 4525 del 2013, nn. 26852, 25755 e 24604 del 2014, nn. 13263 e 15630 del 2015), con la conseguenza che, in difetto, resta inapplicabile il suddetto regime speciale, indipendentemente dalla consapevolezza del cessionario sulla inesistenza dei relativi presupposti, che può semmai rilevare solo il profilo sanzionatorio.
8.8. In altri termini, il rischio fiscale di inapplicabilità dell’operazione intracomunitaria ricade sul cessionario che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia verificato preventivamente la regolarità sostanziale dell’operazione, anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente “a monte”, confidando solo sulla regolarità formale della fattura; e, secondo la regola generale stabilita dall’art. 1176, comma 2, cod.civ., il grado di impegno esigibile è direttamente proporzionale alla specifica qualità professionale del cessionario. E dunque, ove il cessionario sia – come nel caso di specie – un operatore commerciale del settore, l’onere di verifica alla stregua dei documenti negoziali in suo possesso appare coerente sia col principio di vicinanza al fatto oggetto di prova (trovandosi egli in posizione privilegiata per effettuare ex ante un controllo dei presupposti di legge, rispetto al controllo effettuabile ex post dall’amministrazione finanziaria), sia con le regole generali fissate dalla Corte di giustizia in tema di rilevanza della buona fede ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione dell’Iva, configurabile ove il committente/cessionario, pur avendo adottato tutte le ragionevoli precauzioni, non abbia avuto – e non poteva avere – la consapevolezza di partecipare, col proprio acquisto, ad un illecito fiscale dell’emittente delle fatture (Corte giust. 31 gennaio 2013, C-643/11, LVK 56-EOOD, punto 52).
8.9. In sintesi, va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte, anche di recente ribadito (Cass. nn. 17180, 15641 e 13039 del 2015), per cui: a) il c.d. regime del margine di utile è stato introdotto per escludere fenomeni di reiterata imposizione, in occasione di cessioni successive alla prima uscita dei beni dal circuito commerciale (Cass. n. 17232 del 2013); b) detto regime, previsto dal decreto legge n. 41 del 1995, presuppone la mancata detrazione
dell’IVA all’acquisto da parte dell’originario cedente, condizione la cui assenza – o il difetto di prova della cui sussistenza, gravante sul cessionario, a fronte di elementi contrari forniti anche in via presuntiva dall’amministrazione finanziaria – comporta l’inapplicabilità del regime de quo; c) il regime del margine non è applicabile alle vendite di autoveicoli usati, provenienti da società di leasing o ditte di autonoleggio ovvero autoconcessionarie e simili, dovendosi presumere, secondo normali criteri di economicità, che in tali casi l’IVA sia stata detratta, trattandosi di beni ordinariamente utilizzati per l’esercizio dell’impresa, con conseguente venir meno della condizione di applicabilità del regime in questione (Cass. n. 3427 del 2010 e n. 2659 del 2012); d) nelle operazioni di vendita di autoveicoli assoggettate al regime del margine, la responsabilità del cessionario per l’omessa verifica della regolarità non solo formale, ma anche sostanziale, della fatturazione operata dall’originario cedente, deve essere valutata alla stregua del particolare onere di diligenza esistente a suo carico, circa la verifica dei requisiti oggettivi e soggettivi agevolmente desumibili, di regola, dai libretti di circolazione (Cass. n. 3427 del 2010, n. 5309 del 2012, n. 20089 del 2014, n. 15630 del 2015).
9. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice d’appello, in diversa composizione, per una più congrua motivazione, tenuto conto dei principi e criteri sopra richiamati.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo dì ricorso, limitatamene alla censura motivazionale, respinge le restanti censure, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. del Veneto, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
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