CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 4629 del 4 febbraio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – INPS – PREVIDENZA – OMESSO VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI – ATTENUANTI GENERICHE – DEPENALIZZAZIONE
Il delitto previsto dall’art. 2, comma primo bis, D.L. 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638) che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, “non può ritenersi abrogato per effetto diretto della legge 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest’ultimo, fino all’emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa”.
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 maggio 2014, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi del 30 novembre 2011, che aveva condannato (…) alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 700 di multa, in riferimento agli artt. 81 cpv. c.p., 2 c, 1 – bis, legge n. 638/83 per omessi versamenti per i contributi INPS, per un ammontare complessivo di euro 9.918, relativo al periodo di imposta 2007 e da marzo ad ottobre 2008, fatto commesso nella qualità di titolare della ditta (…) s.r.l. ed accertato in (…), con la recidiva specifica.
2. Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, lamentando: 1) Violazione dell’art. 2 della legge n. 67 del 2014, che ha conferito delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria, depenalizzando condotte come quella contestata al ricorrente, che non eccede il limite di diecimila euro; 2) Mancanza di motivazione e contraddittorietà ed illogicità manifesta della stessa in ordine all’affermazione di responsabilità, considerato che il (…) dal 2 gennaio 2006 non era più amministratore della società (…) s.r.l. e la corte di appello, pur avendo acquisito una visura storica della società, poiché per errore risulta difforme da quella in possesso del ricorrente, avrebbe condotto ad una decisione erronea sulla qualità soggettiva del ricorrente; 3) Violazione dell’art. 649 c.p.p., atteso che la contestazione della recidiva specifica attiene ad una condanna divenuta irrevocabile il 26 giugno 2009, relativa ad omessi contributi INPS, reato commesso il (…), per cui sussiste un ne bis in idem; 4) Difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e violazione dell’art. 133 c.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. Questa Corte ha già affermato ripetutamente il principio che il delitto previsto dall’art. 2, comma primo bis, D.L. 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638) che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, “non può ritenersi abrogato per effetto diretto della legge 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest’ultimo, fino all’emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa” (ex multiis, Sez. 3, n. 20547 del 14/4/2015, Carnazza, Rv. 263632).
2. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato, risultando la motivazione della sentenza impugnata esaustiva non solo in merito al controllo effettuato dai giudici di merito circa l’esistenza o meno di una delibera assembleare che desse conto della sostituzione dell’amministratore, ma soprattutto quanto al fatto che sulla visura dell’Agenzia delle entrate prodotta dalla difesa il (…) risultasse amministratore unico alla data del 26 dicembre 2011. Del pari da rigettare anche la terza doglianza, considerato che la stessa è stata proposta per la prima volta nella presente sede e peraltro emerge dalla lettura del capo di imputazione che non sussiste alcuna sovrapponibilità, posto che la data dell’accertamento della precedente condanna risulta precedente di due anni rispetto alla data dell’accertamento delle violazioni per cui si procede (2009).
3. Deve, di contro, essere accolto l’ultimo motivo di ricorso: sin dall’atto d’appello il (…) aveva chiesto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche da dichiararsi prevalenti sulla recidiva, in considerazione della minima rilevanza del precedente specifico. In merito a tale richiesta, la sentenza impugnata si è limitata a ribadire che al riconoscimento delle attenuanti è di ostacolo proprio tale precedente, senza invero che nessuno dei giudici di merito abbia fornito alcuna specificazione in ordine alla consistenza di tale precedente, certamente di importo inferiore a quello relativo alle ritenute delle quali è stato omesso il versamento, secondo quanto si desume dalla parte motiva, laddove i giudici di merito hanno fatto menzione proprio della significatività concreta dell’episodio delittuoso oggetto del giudizio, rispetto a quello precedente.
Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente all’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce, mentre il ricorso va nel resto rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce; rigetta nel resto il ricorso.
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