CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4659 del 9 marzo 2016
COMUNICAZIONE DI IRREGOLARITA’ DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI – CARTELLA DI PAGAMENTO
In fatto
La società cooperativa I.S. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 1872/30/2014, depositata in data 3/06/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa, ex art.36 bis DPR 600/1973, per IRES, IRAP, IVA e ritenute alla fonte, dovute per l’anno d’imposta 2005 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente, affermando la nullità della cartella di pagamento per omessa previa comunicazione di irregolarità della dichiarazione dei redditi.
I giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno anzitutto sostenuto che la nullità della cartella di pagamento ex art. 36 bis DPR 600/1973 era ravvisabile solo in presenza di “errori o incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, nella specie insussistenti, trattandosi di iscrizione a ruolo di tributi dichiarati e non versati e non avendo, peraltro, la contribuente contestato alcunché in ordine alla debenza dei tributi. In riferimento alle ulteriori doglianze della contribuente, la C.T.R. ha affermato che l’atto impugnato presentava tutti gli elementi prescritti dall’art. 7 L. 212/2000 e che la notifica era stata notificata a mezzo posta e la notifica aveva in ogni caso, a prescindere da irregolarità attinenti alla compilazione della relata di notifica, raggiunto il suo scopo.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
In diritto
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 “n. 3” c.p.c., dell’art. 38 comma 3 d.lgs. 546/1992, non avendo la C.T.R. dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate, malgrado il decorso, ex art.327 c.p.c., del termine lungo semestrale (e non più annuale, stante la Novella introdotta dalla l. 69/2009, operante per i giudizi iniziati dopo il 4/07/2009, quale il presente, essendosi essa ricorrente costituita in giudizio, con il deposito del ricorso, “il 20/07/2009”).
Con il secondo motivo, la stessa ricorrente deduce la violazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt.36 bis comma 3 DPR 600/1973, 54 bis comma 3 DPR 633/1972 e 6 comma 5 L. 212/2000, avendo i giudici della C.T.R. ritenuto che non costituisse causa di nullità dell’atto impugnato l’omesso invio al contribuente della comunicazione circa l’esito dell’attività di liquidazione, pur in presenza di una mancata corrispondenza tra dichiarazione dei redditi e versamenti. La società svolge poi un terzo motivo, lamentando la violazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 6 comma 5 L. 212/2000, sempre in relazione all’omesso previo invito, da parte dell’Amministrazione finanziaria, al contribuente prima di procedere all’iscrizione a ruolo.
Infine, la ricorrente, con il quarto motivo, lamenta la violazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 139, 140 e 145 c.p.c., non essendo state rispettate le formalità della notifica della cartella prescritte dalle norme invocate, con conseguente “inesistenza della notifica”, insuscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c. per raggiungimento dello scopo.
2. La prima censura è infondata.
Invero in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009 (cfr. anche Cass. n. 17060/2012, n. 6007/2012, n. 15741/2013).
Nella specie, è pacifico che il ricorso è stato notificato all’Agenzia delle Entrate nel giugno 2009 (l’Agenzia delle Entrate deduce nel controricorso che il ricorso della contribuente è stato “protocollato presso l’Ufficio in data 23 giugno 2009” pag.5), anteriormente all’operatività della Novella di cui alla L. 69/2009, mentre la costituzione della ricorrente presso la C.T.P. di Agrigento è avvenuta con deposito del ricorso “in data 20/07/2009” (come risulta dalla stessa sentenza della C.T.R. qui impugnata).
Ora, in ordine alle modalità introduttive del giudizio tributario (in primo grado, per quanto qui interessa), il D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 20 dispongono rispettivamente che il processo tributario è introdotto con ricorso alla commissione tributaria provinciale e che il ricorso “è proposto mediante notifica” a norma dell’art. 16, commi 2 e 3. Questa Corte ha già chiarito (Cass. 27508/2014) che “la disciplina delle modalità di proposizione del ricorso innanzi alle commissioni rende chiaro che la decadenza dell’anione è impedita di per sé dalla notifica del ricorso” e che “solo la notifica de! ricorso, dunque, rileva in vista dell’effetto che deriva dalla manifestazione della volontà di impugnare un atto tributario”, mentre è rinviato a un momento successivo il coinvolgimento del giudice, integrato dalla costituzione del ricorrente in giudizio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22.
Secondo questa Corte di legittimità, dunque, la costituzione rappresenta “un adempimento ulteriore, logicamente supponente che una lite sia (già) pendente”, “la cui mancanza, o tardività, preclude in effetti unicamente la prosecuzione, non l’esistenza (id est, l’instaurazione), del processo Il giudizio tributario diverge quindi dai processi che, in base al codice di procedura civile, iniziano con ricorso, in quanto in essi il contraddittorio si instaura necessariamente dopo il deposito del ricorso medesimo, da notificare alla controparte assieme al decreto del giudice che fissa l’udienza di trattazione.
Ne consegue che, dovendo ritenersi il giudizio di primo grado instaurato anteriormente al 4/07/2009, non operando la Novella di cui alla l. 69/2009, il termine lungo per impugnare in appello era ancora di un anno e 46 gg., decorrente dal deposito della sentenza della C.T.P. (“in data 16/04/2010”), e nella specie risulta essere stato rispettato (essendo avvenuto, come dedotto dalla stessa contribuente) in data “24/05/2011”.
3. Anche il secondo ed il terzo motivo sono infondati.
Invero, questa Corte ha già affermato che “l’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt. 36 bis, terzo comma, del d.P.R 29 settembre 1973, n. 600 (nella specie, per IRPEF e IRAP relativi all’anno di imposta 2003), non è condizionata dalla preventiva comunicazione al contribuente dell’esito del controllo, salvo che da quest’ultimo non emerga l’esistenza di errori poiché il riscontro di irregolarità nella dichiarazione determina la necessità di comunicare la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi” (Cass. 3154/2015; Cass. 17396/2010).
Inoltre, come ribadito da questa Corte (Cass. 795 e 7536/2011; Cass. 8342/2012), in tema di riscossione delle imposte, anche la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, Statuto del Contribuente (in vigore dal 1/8/2000) non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia stato un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36 bis citato, poiché in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione”.
Nella specie, si controverte di omesso versamento di imposte dovute, sulla base di quanto dichiarato dalla contribuente.
Inoltre, con riguardo al profilo della riduzione delle sanzioni, questa Corte (Cass. 3366/2013; cfr. Cass. 12023/2015) ha chiarito che “l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, non determina la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull’efficacia dell’atto, sia perché non si tratta di condizione di validità, stante la mancata espressa sanzione della nullità, avendo il previo invito al pagamento l’unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell’omissione di versamento, sia perché l’interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella.
4. Anche il quarto motivo è inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza, in ordine alle ragioni della lamentata irritualità (in termini di inesistenza) della notifica della cartella di pagamento, e comunque infondato, avendo questa Corte più volte affermato che “la notifica eseguita in luogo a soggetti diversi da quelli dovuti comporta l’inesistenza della notifica stessa solo in difetto di alcuna attinenza, o riferimento, o collegamento di quel luogo o soggetto con il destinatario, altrimenti essendo la notifica affetta da semplice nullità” (Cass. 17555/2006; Cass. 6470/2011) e che “la nullità della notificazione dell’atto impositivo è sanata, a norma dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., per effetto del raggiungimento del suo scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parie del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’atto invalidamente notificato” (Cass. 1238/2014).
5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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