CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4884 depositata il 11 marzo 2016
FALLIMENTO – CESSAZIONE – CHIUSURA DEL FALLIMENTO – EFFETTI – ESDEBITAZIONE – DEBITI PREVIDENZIALI – INCLUSIONE – FONDAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Firenze, con decreto depositato il 24/1/2009, ha respinto il reclamo proposto dall’Inps, in proprio e quale mandatario della societa’ di cartolarizzazione dei crediti INPS – S.C.C.I. s.p.a., avverso il decreto del Tribunale di Firenze con cui era stata dichiarata l’inesigibilita’ nei confronti di B. N., gia’ dichiarato fallito quale socio illimitatamente responsabile della s.n.c. Ceramiche B. di B.G. e C., dei debiti concorsuali non soddisfatti integralmente, e quindi ha ritenuto sussistenti le condizioni per l’applicazione dell’esdebitazione.
Secondo la Corte del merito, dopo l’intervento del correttivo, va ritenuta l’esdebitazione anche per i debiti previdenziali, strettamente collegati all’esercizio dell’impresa commerciale, ne’ rileva la dedotta autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello lavorativo.
Ricorre avverso detta pronuncia l’Inps, in proprio e quale mandatario della SCCI, con ricorso affidato a due motivi.
Si difende con controricorso il B..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Col primo mezzo, l’Inps si duole della violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 120 e 142; deduce che la natura pubblica del rapporto previdenziale porta con se’ l’indisponibilita’ dello stesso da parte del datore di lavoro e dell’ente previdenziale, da cui conseguirebbe l’inapplicabilita’ dell’esdebitazione.
1.2.- Col secondo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia in via gradata la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 142, comma 3, lett. a), e sostiene che il rapporto previdenziale e’ estraneo all’esercizio dell’impresa, non e’ frutto di una libera scelta dell’imprenditore, ma discende dalla legge.
2.1.- Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso per tardivita’.
L’eccezione e’ infondata, atteso che il B. ha posto quale dies a quo ai fini del calcolo del termine di gg. 60 per la proposizione del ricorso ex art. 111 Cost., la data del deposito del provvedimento e non gia’ quella della comunicazione o comunque della presa di conoscenza dell’atto; ed infatti, come affermato tra le ultime nella pronuncia 12732/2011, il termine per proporre ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso i decreti emessi dal tribunale fallimentare in sede di reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato non e’ soggetto alla sospensione feriale a norma della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3, in relazione all’art. 92 dell’Ordinamento giudiziario, svolgendo tale reclamo, nella procedura concorsuale, funzione sostitutiva delle opposizioni previste dagli artt. 615 e 617 c.p.c., nel processo esecutivo individuale; detto termine, inizia a decorrere dalla comunicazione del provvedimento alla parte, come eseguita dalla cancelleria – di regola – ai sensi dell’art. 136 c.p.c., e art. 45 disp. att. c.p.c., o anche in forme equipollenti, purche’ risulti certa la presa di conoscenza dell’atto da parte del destinatario e la relativa data. Nella specie, peraltro, non risultando la comunicazione del provvedimento, si rende applicabile il termine annuale, ex art. 327 c.p.c., e risulta avvenuta il 25/1/2010 la consegna all’Ufficiale giudiziario per la notifica, e quindi nel termine annuale, considerato il deposito del provvedimento del 24/1/2009, visto che il 24/1/2010 cadeva di domenica.
E’ infondato l’ulteriore profilo di inammissibilita’ fatto valere dal controricorrente, attesa la evidente natura decisoria e definitiva su diritti del provvedimento impugnato.
Nel merito, i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto collegati, sono da ritenersi infondati.
L’interpretazione offerta dall’Inps, secondo la quale l’esdebitazione non puo’ trovare applicazione per il recupero della contribuzione obbligatoria, avente natura pubblicistica, e’ manifestamente infondata, atteso che la L. Fall., art. 120, nel prevedere al comma 3, che con la chiusura del fallimento i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti, fa espressamente salvi l’art. 142 e ss.; l’art. 142, al penultimo comma, nel disporre l’esclusione dall’esdebitazione, non menziona il debito previdenziale.
E’ infondata altresi’ la prospettazione avanzata in subordine dall’Inps, secondo cui il debito verso gli enti previdenziali rientrerebbe nei “rapporti estranei all’esercizio dell’impresa”, L. Fall., art. 142, comma 3, ex lett. a), atteso che il rapporto previdenziale sorge “in occasione” del rapporto di lavoro ed e’ estraneo ad ogni scelta imprenditoriale e comunque volontaristica del datore di lavoro.
Cio’ posto, si rileva che la modifica all’art. 142, comma 3, lett. a), introdotta dal correttivo (che dispone l’esclusione dall’esdebitazione per “gli obblighi di mantenimento ed alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa”) va nel senso di individuare l’area oggettiva dell’esclusione come relativa ai debiti personali non assunti per l’esercizio dell’impresa, ed anzi la formula adottata della “estraneita’” priva di significato ogni tentativo di ricomprendere nell’ambito dell’esclusione i cd. debiti involontari; ed i debiti previdenziali di contro sono strettamente collegati all’esercizio dell’impresa, e della stessa costituiscono necessaria conseguenza.
3.1.- Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Inps alle spese, liquidate in Euro 3000,00, oltre euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
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