CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 4964 del 14 marzo 2016

LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SUSSISTENZA DI UN UNICO RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO – RISOLUZIONE DEI RAPPORTO PER MUTUO CONSENSO – IRRAGIONEVOLE SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con sentenza depositata il 31 maggio 2013 la Corte di appello di Palermo respingeva l’impugnazione promossa dall’Azienda ospedaliera universitaria “P.G. di Palermo e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, condannava l’azienda ospedaliera al pagamento delle retribuzioni maturate dal 26 aprile 2004 dal dottor R. R. e confermava l’ordine di riammissione in servizio con le mansioni e nelle funzioni precedentemente svolte.

Avverso la detta sentenza l’azienda ospedaliera propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il lavoratore intimato resiste con controricorso, proponendo altresì un motivo di ricorso incidentale nonché un motivo di ricorso incidentale condizionato. L’Azienda ospedaliera ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE 

1. – Con la prima doglianza, deducendo violazione degli artt. 1372 e 2118 c,c. e insufficiente motivazione, in relazione all’art.360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., l’azienda ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di appello escluso la risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso in considerazione della carenza di elementi ulteriori oltre al decorso del tempo. L’erroneità della decisione deriverebbe dall’aver trascurato che R. R., medico della struttura ospedaliera ed assunto a tempo indeterminato, non si era presentato al lavoro all’esito della scadenza del periodo di inabilità (giugno 2000) e l’azienda stessa non l’aveva richiamato in servizio.

2. – Con la seconda censura, deducendo violazione dell’art. 1219 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, parte ricorrente lamenta l’errata considerazione della lettera di richiesta di riammissione in servizio (del 13 aprile 2004) quale messa in mora, nonostante detta nota fosse stata sottoscritta esclusivamente dal legale dei medico.

3. – Con il primo motivo di ricorso incidentale, deducendo violazione degli artt. 1217, 2697 c.c., 24 e 111 Cost., 101, 112, 115, 420 c.p.c.nonché omessa motivazione, in relazione all’art.360, primo comma, n. 3 e n. 5, l’intimato ha censurato la sentenza della Corte territoriale con riguardo alla data di decorrenza dell’obbligo retributivo (26 aprile 2004), dovendosi ritenere, per contro, mai sospeso detto obbligo a fronte della mancata comunicazione del collocamento in aspettativa per inabilità.

4. – Con motivo di ricorso incidentale condizionato, deducendo violazione degli artt. 1372, 2118, 2697 c.c., 24 e 111 Cost., 101, 112, 115, 420 c.p.c. nonché omessa motivazione, in relazione all’art.360, primo comma, n. 3 e n. 5, l’intimato ha, inoltre, lamentato – nell’ipotesi di ritenuta fondatezza della risoluzione per mutuo consenso del rapporto di lavoro – la mancata ammissione della prova testimoniale come articolata e richiesta sin dal primo grado di giudizio.

3. – Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.

Come questa Corte ha più volte affermato “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione a! contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione dei rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (v. ord. Cass. 3 dicembre 2015, n. 24685 e giurisprudenza ivi richiamata: Cass. 10 novembre 2008, n. 26935, id. 28 settembre 2007, n. 20390, 17 dicembre 2004, n. 23554, nonché più di recente Cass. 18 novembre 2010, n. 23319, 11 marzo 2011 n. 5887, 4 agosto 2011 n. 16932). La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, è di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso mentre grava sul datore di lavoro, che eccepisca tale risoluzione, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro (v. anche Cass. 2 dicembre 2002, n. 17070 e, fra le altre, da ultimo Cass. 1 febbraio 2010, n. 2279). Invero, il mero decorso del tempo è dato di per sé neutro (v. Cass. 12 aprile 2012, n. 5782) e, comunque, la valutazione del comportamento tenuto dalle parti nonché di eventuali circostanze significative di una consensuale tacita di volontà in ordine alla risoluzione del rapporto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

I principi innanzi ricordati – seppur enunciati nel contesto di procedimenti tesi a far valere l’illegittimità dell’apposizione della clausola del termine ad un contratto di lavoro – presuppongono l’instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato (a seguito di conversione del contratto a termine) e sono stati, quindi, correttamente applicati dalla Corte territoriale, investita di tale questione sulla base del secondo motivo di appello (come si evince dall’esposizione dei motivi di appello contenuta nella medesima sentenza, che consente, quindi, di rigettare l’eccezione di novità della questione).

Va, inoltre, rammentato che dal contratto di lavoro deriva una posizione di supremazia del datore di lavoro, cui corrisponde una soggezione del lavoratore il quale “deve osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartitegli dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende” (art. 2104 c.c.). Pertanto, il datore di lavoro è titolare di poteri giuridici che si estrinsecano nel potere direttivo (per conformare la prestazione lavorativa alle esigenze dell’organizzazione), nel potere di controllo (per verificare l’esatto adempimento della prestazione), nel potere disciplinare (per sanzionare il dipendente inadempiente). Ne consegue che, in caso di ritenuta irragionevole sospensione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è in grado di adottare i provvedimenti ritenuti più idonei a sollecitare il regolare svolgimento del rapporto di lavoro, e il mancato esercizio di tali poteri va, semmai, valutato in senso conservativo. Trattandosi, nel caso di specie, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato da diversi anni, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che nessun elemento di valenza chiaramente dismissiva era stato allegato dalle parti (e, va sottolineato, proprio con particolare, al datore di lavoro, posto – dall’ordinamento – in situazione di supremazia rispetto al lavoratore).

4. – Il secondo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale possono essere trattati congiuntamente, attenendo entrambi all’obbligo del pagamento delle retribuzioni.

Pur dovendo rilevare che il ricorso principale è, sul punto, al limite della inammissibilità per genericità, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto valida la messa in mora inoltrata all’azienda ospedaliera dal procuratore del lavoratore in quanto è idonea l’offerta delle prestazioni del lavoratore – ai fini della costituzione in mora del datore di lavoro – anche qualora sia formulata con lettera del procuratore, posto che la procura rilasciata ad un terzo ai fini della costituzione in mora del creditore non richiede la forma scritta. L’atto di costituzione in mora – configurando un atto giuridico in senso stretto – è effettuabile da un terzo, da un “nuncius” o da un rappresentante (v. Cass. 21 novembre 2006, n. 24655, Cass. 23 novembre 2006, n. 24886). Essendo, inoltre, rimasto sospeso il rapporto di lavoro anche successivamente alla scadenza del periodo di inabilità del lavoratore, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio di sinallagmaticità che si instaura tra l’obbligazione di prestare l’attività lavorativa e l’obbligazione retributiva, facendo insorgere la situazione di mora accipiendi del datore di lavoro dalla data di messa in mora comunicata dal lavoratore tramite il proprio legale.

5. – Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.

6. – Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. – Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis.

Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.

P.Q.M. 

Respinge il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo; condanna l’azienda ospedaliera ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Dichiara dovuto dalla ricorrente l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato, ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater d.p.r. 115 del 2002.