CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4977 depositata il 14 marzo 2016

FALLIMENTO – CONCORDATO PREVENTIVO – APPROVAZIONE – VOTO – ADESIONI ALLA PROPOSTA – DOMANDA DI CONCORDATO DEPOSITATA ANTERIORMENTE ALL’ENTRATA IN VIGORE DEL D.L. N. 83 DEL 2012 – VOTO DEI CREDITORI – PRINCIPIO DEL SILENZIO-ASSENSO – INAPPLICABILITÀ – FONDAMENTO

IL PROCESSO

Inghirame Costruzioni s.r.l. in liquidazione impugna la sentenza App. Firenze 20.11.2013 n. 1082/2013 con cui veniva respinta la propria “opposizione” rectius, reclamo svolta L. Fall., ex art. 18, alla sentenza 4.7.2013 con cui il Tribunale di Prato ne aveva dichiarato il fallimento, a seguito di improcedibilita’ del concordato preventivo, che non aveva raggiunto le maggioranze di legge, all’esito dell’adunanza dei creditori.

Ritenne la corte d’appello la correttezza del metodo di conteggio dei voti seguito dal primo giudice che, ai sensi della L. Fall., art. 178, reputato vigente nel testo anteriore alla riforma introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, ancora prevedeva la necessita’ del voto espresso, senza possibilita’ di attrarre tra i voti favorevoli quelli non manifestati. Disattendendo la tesi della societa’ reclamante, la sentenza ora impugnata ravviso’ l’irrilevanza, ai fini dell’applicazione del regime di voto riformato, della data di ammissione della societa’ al concordato 3.1.2013), per quanto successiva all’entrata in vigore (12.9.2012) delle citate modifiche alla legge fallimentare, in quanto il presupposto della nuova regola era la introduzione del procedimento, evento coincidente con il deposito del ricorso, invece avvenuto l’anteriore 18.6.2012.

Preciso’ la corte che in tal senso doveva leggersi la disposizione di disciplina transitoria di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 3, per la quale le norme innovative si applicavano dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione, dovendosi intendere gli effetti concordatari gia’ instaurati – quanto a molteplici profili di tutela del debitore – sin dalla domanda ed in tale direzione non rinvenendosi dubbi, quali pur prospettati dalla reclamante, sulla costituzionalita’ di un doppio regime temporale, irragionevole semmai risultando un assetto per il quale i primi effetti protettivi si fossero prodotti in assenza ad esempio della pubblicita’ della domanda, a scapito di creditori ignari della stessa e ritenuti votanti perche’ non manifestanti il proprio avviso per l’adunanza.

Il ricorso e’ affidato ad un unico motivo. Il ricorrente ha depositato memoria.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, quanto alla L. Fall., art. 178, comma 4, oltre che l’art. 112 c.p.c., da un lato non avendo colto la corte d’appello l’intenzione del legislatore, che nel sancire il principio del silenzio-assenso aveva introdotto un esplicito favor alle soluzioni concordatarie, comunque dovendosi considerare iniziato il procedimento solo dal decreto di ammissione, per l’ambivalenza di sorte che puo’ pervenire alla domanda e dall’altro in ogni caso denunciandosi il limite di costituzionalita’ della norma, se cosi’ intesa, rispetto ai parametri degli artt. 3 e 41 Cost..

1. Il ricorso e’ infondato. Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 33, comma 1, nel testo risultante dalla conversione in L. 7 agosto 2012, n. 134, ebbe a riformulare la L. Fall., art. 178, sostituendone il quarto comma, cosi’ risultante: I creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire il proprio dissenso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale. In mancanza, si ritengono consenzienti e come tali sono considerati ai fini del computo della maggioranza dei crediti. Le manifestazioni di dissenso e gli assensi, anche presunti a norma del presente comma, sono annotati dal cancelliere in calce al verbale. Il diritto intertemporale applicabile all’istituto del cd. silenzio-assenso, per come introdotto e al pari di altre modifiche al R.D. n. 267 del 1942, venne regolato del medesimo art. 33 cit., comma 3, secondo il quale Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l’omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonche’ ai piani di cui al comma 1, lett. a), n. 1) elaborati successivamente al predetto termine. La data cui fa riferimento la descritta disciplina e’ dunque il giorno 11 settembre 2012, conseguente alla dilazione dei 30 giorni, da computare dal 12 agosto 2012, quando cioe’ entro’ in vigore la Legge di Conversione n. 134. Secondo la corte d’appello, la dichiarazione di fallimento, derivando l’improcedibilita’ del concordato – che ne costituiva il presupposto – dal mancato raggiungimento delle maggioranze, per non superamento di tale limite a seguito del riscontro positivo dei soli voti espressi, non poteva operarsi una riconsiderazione anche dei voti non espressi, da ritenere dunque “consenzienti” ai fini del predetto computo, poiche’ la L. Fall., art. 178, comma 4, cosi’ rivisto dal legislatore del 2012, non costituiva la regola di organizzazione delle adesioni alla proposta di concordato depositata prima del 11 settembre 2012, avendo il debitore depositato il proprio ricorso il 18.6.2012.

Ritiene il Collegio che tale decisione sia immune da censure, avendo essa correttamente inteso la nozione di procedimento di concordato di cui alla norma transitoria, posto che la pluralita’ di fasi in cui pur esso si articola attiene alla traiettoria processuale che, in virtu’ dell’omologazione e procedendo dall’ammissione giudiziale, e’ idonea alla istituzionalizzazione solo definitiva e piena della regolazione concorsuale della crisi o insolvenza ai sensi della L. Fall., art. 160, mentre gli effetti selettivi di tale procedura erratamente collocati dal ricorrente in un’evanescente zona amministrativa – sorgono, per quanto non nella propria interezza ovvero stabilita’, sin dalla domanda del debitore e dunque sono gia’ appartenenti con pienezza – quale connotato concorsuale – al processo di concordato preventivo. Si puo’ cioe’ affermare che il debitore, per quanto non ancora ammesso al concordato preventivo con il decreto di cui alla L. Fall., art. 163, gia’ acquisisce lo statuto di debitore concordatario per il solo deposito della domanda ai sensi della L. Fall., art. 161, costituendosi il rapporto processuale con il giudice, chiamato ad una pronuncia su di essa e prima ancora instaurandosi un regime di controllo giudiziale sull’amministrazione (com’e’ evidente ad es. nel concordato con riserva, nonche’ quanto ai contratti pendenti L. Fall., ex art. 169 bis), oltre che uno statuto di relativa insensibilita’ del patrimonio alle iniziative di terzi (L. Fall., ex art. 168), con regole sui crediti e l’inefficacia addirittura importate dal fallimento e progressivamente estese (da ultimo, l’art. 43, comma 4, nella L. Fall., art. 169, novellato dal D.L. n. 83 del 2015).

2. A tale piana conclusione converge il fondamentale dato di letteralita’ del cit. D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 3, mentre nessuna influenza ermeneutica e’ esercitata dal generico favor debitoris invocato nel ricorso: sia in quanto gli assetti concorsuali riflettono punti di equilibrio per i quali il nostro ordinamento, come gia’ per i fallimenti, ha mostrato di volere la convivenza intertemporale di regimi strutturati secondo regole differenti, destinate ad operare sino all’esaurimento operazionale dei rispettivi procedimenti, sia in quanto – piu’ nello specifico – proprio il silenzio-assenso si e’ connotato quale oggetto di riforma che non ha, per la sua sovversione organizzativa del sistema di voto anteriore, ne’ chiarito e dunque solo dettagliato un principio gia’ presente nel sistema concordatizio, ne’ assunto la portata di irreversibile figura connotativa del voto. Infatti il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, conv. nella L. 6 agosto 2015, n. 132, ha abrogato, di nuovo mutando la L. L. Fall., art. 178, comma 4, il citato istituto, ripristinando il voto palese o, meglio, sopprimendo la fictio legale che trasformava il non voto in consenso, tra l’altro – e significativamente, ai presenti fini – ancora ricorrendo alla formula per cui Le disposizioni di cui all’art. 3 e quelle di cui all’art. 4 che interessa alla vicenda in esame si applicano ai procedimenti di concordato preventivo introdotti successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (cosi’ l’art. 23 sulle Disposizioni transitorie e finali della L. n. 132 del 2015).

Si tratta di espressioni gia’ utilizzate nel corso della decennale stagione di riforme concorsuali ed in ogni occasione con significato univoco, intendendosi per introduzione del procedimento di concordato l’avvio, con l’apposita domanda del debitore, del complesso iter idoneo a condurre alla successiva ammissione e poi all’omologazione: cosi’ del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2 bis (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) fisso’ che Le disposizioni di cui al comma 1, lett. d), e), g), h) ed i) si applicano altresi’ ai procedimenti di concordato preventivo pendenti e non ancora omologati alla data di entrata in vigore del presente decreto, rinvenendosi tra esse istituti novellati e pur tuttavia destinati ad operare anche prima dell’ammissione del concordato stesso, a dimostrazione che neanche il procedimento di concordato preventivo inizia con il decreto di ammissione di cui alla L. Fall., art. 163, ma decorre sin dalla domanda del debitore. Per contro, con altre locuzioni lo stesso legislatore ha inteso riferirsi ad una fase piu’ matura del concordato allorche’, come con del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 22, ha stabilito che Le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonche’ alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore, per queste ultime dunque utilizzando un piu’ preciso rimando all’istituto corrispondente.

3. Ne’ infine la citata disciplina patisce anche solo dubbi di coerenza costituzionale, proprio la recente vicenda ripristinativa della necessita’ del voto palese testimoniando la compossibilita’ di regimi concordatari differenti, scadenziati in virtu’ del requisito evidentemente razionale e sufficiente per il legislatore – del diverso accesso cronologico al concorso, trattandosi, si puo’ aggiungere, di diversita’ di sistemi organizzativi per i quali appare di equilibrio che il complesso rapporto fra debitore e creditori possa anche restare improntato alle regole vigenti al momento della domanda, individuato come determinativo, in una del procedimento, altresi’ del modello concorsuale positivo applicabile e confortato dalla coerenza della prevedibilita’ per tutto il corso del procedimento stesso.

Il ricorso va dunque rigettato, dandosi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.