CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 5001 depositata il 14 marzo 2016
FALLIMENTO – DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – STATO DI INSOLVENZA – RAGIONEVOLE CONTESTAZIONE DEL CREDITO VANTATO DAL RICORRENTE – ACCERTAMENTO INCIDENTALE DELLO STESSO – NECESSITÀ – LIMITI – PRONUNCIA GIUDIZIALE A COGNIZIONE PIENA DI ACCERTAMENTO DEL CREDITO – RINVIO AD ESSA – SUFFICIENZA – CONDIZIONI
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 22 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
“Con sentenza in data 22 novembre 2014, la Corte d’Appello di Torino ha rigettato il reclamo proposto, L. Fall., ex art. 18, da Immobiliare V .srl, contro la sentenza del Tribunale di Torino, che aveva dichiarato il fallimento della menzionata impresa societaria.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso la societa’ fallita, con atto notificato il 19 dicembre 2014, sulla base di tre motivi, con cui denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge processuale (artt. 132 e 112 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.; art. 111 Cost.) e fallimentare (art. 5, e art. 18, comma 10), nonche’ altre disposizioni sostanziali (artt. 1219 e 1454 c.c.) e vizi motivazionali.
Il curatore non ha svolto difese ma la creditrice istante (rag. T.F.) ha resistito con controricorso.
Il ricorso appare manifestamente infondato, giacche’:
a) con riguardo alla prima doglianza (violazioni di legge processuale: artt. 132 e 112 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.; art. 111 Cost.), con la quale si postula la lesione del dovere di motivazione e pronuncia, in relazione ai motivi di appello che si assumono non (compiutamente) esaminati o del tutto pretermessi, deve osservarsi che il giudice del gravame ha risposto a tutte le questioni sostanziali relative alle prime quattro doglianze (unicita’ del credito, sua contestazione, passivita’ emerse nel loro complesso), alle pp. 6 e 7 della sentenza impugnata,con motivazione sintetica ma completa, con cio’ assorbendo solo l’ultimo mezzo di gravame, relativo alla responsabilita’ aggravata della creditrice istante, atteso che il suo esame era implicitamente superato dal fatto che la sua posizione e’ risultata pienamente vittoriosa;
b) con riguardo alle doglianze (violazione di legge e vizi motivazionali) riportate sotto il 2 motivo, con le quali si rappresenta il mancato accertamento incidentale dell’esistenza di un credito contestato dell’unico creditore istante, anche in relazione alla presentazione di un piano di rientro e di una fideiussione a prima richiesta e senza eccezioni, rilasciata da un istituto finanziario;
che, infatti, questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6306 del 2014) ha gia’ affermato il principio secondo cui “Ai fini della dichiarazione di fallimento, la ragionevole contestazione dei crediti toglie all’inadempimento del debitore il significato indicativo dell’insolvenza, cosicche’ il giudice deve procedere all’accertamento, sia pur incidentale, degli stessi.”;
che tale accertamento incidentale risulta essere stato compiuto dal giudice del reclamo avendo quest’ultimo appurato che il credito (in relazione al quale, peraltro, la debitrice allega di aver proposto un piano di rientro, ossia di adempimento dilazionato di un proprio debito che, pertanto, ammette) e’ esistente, in quanto affermato da una pronuncia giudiziale provvisoriamente esecutiva e, in relazione alla quale, non e’ allegata alcuna ragione di presumibile riformabilita’;
che, del resto, non ha pregio l’offerta di una garanzia di adempimento dell’obbligazione reclamata dal creditore istante il quale, ai fini di una propria rinuncia alla domanda, e’ pienamente libero di apprezzarne l’efficacia protettiva della propria posizione soggettiva, ma – ove anche questa sia declinata – resta l’obbligo del giudice, ai fini della pronuncia di fallimento dell’impresa debitrice, di accertare l’esistenza dello stato d’insolvenza del debitore, cio’ che nella specie risulta essere stato compiuto;
c) con riguardo alla congerie di doglianze (violazione di legge e vizi motivazionali) riportate sotto il 3 motivo, con il quale si rappresenta la violazione di legge e i vizi motivazionali circa l’accertamento del presunto stato d’insolvenza dell’impresa debitrice per l’esistenza di un solo credito contestato, di debiti con il sistema bancario garantiti e con l’apprezzamento delle consistenze immobiliari e delle complessive debitorie come valutati dalla relazione tecnica di parte ricorrente anziche’ di quelle altre pure in atti, tali critiche, tutte miranti alla inammissibile ripetizione del giudizio di merito, attraverso il riesame di atti e documenti oggetto di apprezzamento nella fase di merito, con riferimento alle sentenze (come quella oggetto del presente giudizio) pubblicate oltre il termine di trenta giorni successivo all’entrata in vigore della legge n. 134 del 2012 (che ha convertito il D.L. n. 83 del 2012), per le quali e’ stato dettato un diverso tenore della previsione processuale (al di la’ delle formulazioni recate dal ricorso) sostanzialmente invocata (ossia, l’art. 360 c.p.c., n. 5), si infrangono sull’interpretazione chiarita dalle SU civili nella Sentenza n. 8053 del 2014 la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.;
che, in ogni caso, l’accertamento dello stato d’insolvenza puo’ essere introdotto (come nella specie) anche da un solo creditore, ma la sua consistenza non si riduce tanto all’accertamento dell’esistenza di un solo credito (cio’ che in astratto puo’ anche darsi), bensi’ all’incapacita’ dell’imprenditore di far fronte (ad uno o piu’ debiti) con l’uso di mezzi ordinari di pagamento e senza la distruzione delle consistenze patrimoniali ed aziendali; che, in ogni caso, con riguardo alle consistenze immobiliari possedute dall’imprenditore “a garanzia della complessiva debitoria accertata” (anche con l’acquisizione dello stato passivo fallimentare) e non contestata, questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7252 del 2014) ha gia’ chiarito che “lo stato di insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell’imprenditore non e’ escluso dalla circostanza che l’attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili. In particolare, il significato oggettivo dell’insolvenza, che e’ quello rilevante agli effetti della L. Fall., art. 5, deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalita’) all’esercizio di attivita’ economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicita’ desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacita’ di produrre beni con margine di redditivita’ da destinare alla copertura delle esigenze di impresa (prima fra tutte l’estinzione dei debiti), nonche’ nell’impossibilita’ di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio. Il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta.”; In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi degli artt. 380-bis e 375 n. 5 c.p.c.”.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale sono state mosse critiche od osservazioni da parte della ricorrente, in sede di discussione orale oltre che osservazioni critiche – e queste ultime, peraltro, fondate – dalla Curatela fallimentare che, per errore, la Relazione indica come intimata anziche’ come controricorrente, per uno scambio di posizione (della Curatela) con quella della creditrice ricorrente per la dichiarazione di fallimento (che, invece, e’ rimasta intimata e non e’ stata controricorrente);
che, in tale ultimo senso deve essere emendata la Relazione sopra riportata;
che, quanto alle critiche della societa’ ricorrente in ordine alla non esaminata delibazione della posizione creditoria della creditrice istante, osserva il Collegio che esse non possono essere accolte avendo la Corte territoriale fatto espressamente riferimento all’accertamento compiuto dal giudice ordinario in un giudizio a cognizione piena, per quanto appellato dalla societa’ fallita, e percio’ dotato della provvisoria esecutivita’ e cioe’ dell’idoneita’ a formare la premessa di una esecuzione singolare;
che, infatti, ove il Tribunale fallimentare rilevi, come ha fatto nel caso di specie (e come non e’ contestato che sia accaduto), l’esistenza di un credito accertato con una pronuncia giudiziale a cognizione piena, non si puo’ piu’ dare alla nozione di credito contestato quella particolare consistenza che la tradizionale giurisprudenza richiede al giudice dell’istanza di fallimento, con il connesso dovere dell’accertamento di tipo incidentale sulla fondatezza di quel credito, per il tramite dell’esame dei relativi documenti posti a suo supporto, risultando questo gia’ compiuto (anche se non in modo definitivo) in sede di cognizione;
che, percio’, quando un accertamento ad opera di un giudice della cognizione (nella specie: anche piena) gia’ vi sia stato, e’ corretto fare rimando ad esso (come hanno fatto i giudici a quibus)per ritenere fondata nel concorso con gli altri presupposti – l’istanza del creditore volta alla trasformazione dell’esecuzione singolare di quel credito (pienamente possibile in base alla provvisoria esecutivita’ del titolo giudiziale che lo ha accertato) in una esecuzione di tipo concorsuale; che, in sostanza, l’aver fatto semplice rimando all’accertamento compiuto da un giudice della cognizione, semplifica ed esaurisce l’obbligo della motivazione, relativo all’accertamento incidentale sull’esistenza del titolo del creditore procedente, da parte del giudice della fase preconcorsuale (in genere) e prefallimentare (nella specie), anche se egli non e’ obbligato ad attenersi a quell’accertamento e, solo ove rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla conclusione raggiunta in quella sede cognitiva, egli ha l’obbligo di dare una specifica motivazione sulle ragioni che l’hanno portato a discostarsi da essa, diversamente da quando (come nella specie) quella conclusione sia stata, invece, condivisa;
che, pertanto, il ricorso deve essere respinto, emendando la Relazione nei sensi anzidetti (ossia con la precisazione che la Curatela fallimentare ha svolto attivita’ di controricorrente), con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento – in favore di quest’ultima – delle spese di questa fase, liquidate come da dispositivo;
che, poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1- quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalla Curatela controricorrente, che liquida in complessivi Euro 6.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre a spese generali forfettarie e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
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