CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 5066 del 15 marzo 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO – SOSTITUZIONE PERSONALE ASSENTE – NULLITA’ – VIZIO FORMALE – OMESSA INDICAZIONE DELLE RAGIONI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata in data 7 maggio 2010, rigettava l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto stipulato da V.L.C. e P.i. s.p.a, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, “per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di recapito, presso il Polo Corrispondenza Lombardia, assente nel periodo dal 1.4.2005 al 30.6.2005”, e l’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, con la condanna della società convenuta al ripristino del rapporto, nonché al pagamento a titolo di risarcimento dei danni delle retribuzioni maturate dalla data della convocazione della società per il tentativo obbligatorio di conciliazione, dedotto l’eventuale aliunde perceptum.
La Corte territoriale riteneva in primo luogo la sussistenza di un vizio di carattere formale determinante la violazione dell’art. 1 comma 2 del D.Igs n. 368 del 2001, non sussistendo una specifica indicazione nel contratto delle ragioni specifiche dell’assenza del personale da sostituire. Inoltre, argomentava che la società aveva articolato una prova vertente su circostanze che non erano in grado di spiegare le ragioni della necessità di apporre un termine di durata al contratto, né di provare le ragioni dell’assenza del personale in organico.
Contro la sentenza, P.I. S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, depositando anche memoria ex articolo 378 c.p.c. V.L.C. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I motivi di ricorso possono essere così riassunti:
1.1. Con il primo, P.i. s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 anche in relazione all’ art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, r.d. 16 marzo 1942 numero 262 e agli articoli 1362 e seguenti e 2697 e seguenti del codice civile. Sostiene che deve ritenersi senz’altro specifica I’ indicazione della esigenza sostitutiva che precisi, come nella specie, l’unità produttiva di adibizione, l’area di inquadramento del lavoratore assunto a termine, le mansioni assegnategli, le mansioni del personale che deve essere sostituito, la funzione aziendale e l’area di riferimento, nonché il periodo di durata, elementi questi idonei a consentire il controllo in ordine alla effettiva sussistenza delle ragioni stesse.
1.2. Con il secondo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. In particolare, deduce l’errore in cui sarebbe incorso il Giudice del merito, nella parte in cui ha ritenuto non provata la sussistenza della ragione per la quale era stato apposto il termine, ovvero la necessità di sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto, pur in presenza di prove documentali e di una richiesta di prove orali, dirette a dimostrare il numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato applicati al servizio di recapito presso l’ufficio postale di Bovisa, cui il lavoratore era stato addetto, il numero dei giorni di assenza di detto personale (e le relative causali), l’indicazione specifica del numero degli assunti a termine e dei giorni lavorati da costoro, di gran lunga inferiore al numero dei giorni di assenza del personale di ruolo.
1.3. Con il terzo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1419 comma uno c.p.c., in relazione all’art. 1 del D.Lgs. n. 368 del 2001, lamentando che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la nullità del termine comporti la conversione del contratto a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, in assenza di una norma che espressamente preveda tale sanzione.
1.4. Con il quarto motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c., nonché il vizio di motivazione, e censura la sentenza nella parte in cui ha condannato la società al pagamento delle retribuzioni, laddove in applicazione dei principi delle norme di legge sulla messa in mora e sulla corrispettività delle prestazioni, il lavoratore nel caso di conferma della nullità del termine finale apposto al contratto avrebbe diritto titolo risarcitorio delle retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio. Aggiunge che nel caso non poteva ritenersi valido atto di costituzione in mora la richiesta di convocazione per il T.O.C.
2. Il Collegio ritiene la fondatezza del primo motivo d impugnazione, in base alle considerazioni che seguono.
Questa Corte ha chiarito (Cass. n. 27052 del 2011, n. 1577 e n. 1576 del 2010) che il quadro normativo che emerge a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001 è caratterizzato dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 – che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti il ricorso al contratto a tempo determinato – e dall’introduzione di un sistema articolato per clausole generali in cui l’apposizione del termine è consentita a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo). Tale sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione, costituito dal già rilevato obbligo per il datore di lavoro di adottare l’atto scritto e di specificare in esso le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate. L’onere di specificazione della causale nell’atto scritto costituisce una perimetrazione della facoltà riconosciuta al datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo a aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate. Tale onere ha l’evidente scopo di evitare l’uso indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto. D’altro canto, proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza.
Con riferimento alle ragioni di carattere sostitutivo, è stato in particolare precisato (Cass. n. 27052 del 2011) che il contratto a termine, se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta. In quest’ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l’indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell’assunzione. L’apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambite territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato (v. fra le altre, Cass. n. 565 del 2012, n. 8966 del 2012, n. 6216 del 2012, n. 8647 del 2012 n. 13239 del 2012, n. 9602 del 2011, n. 14868 del 2011).
Al riguardo deve essere richiamato anche quanto di recente ribadito dalla Corte Costituzionale, che, nella sentenza n. 107/2013, ha avallato l’orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte in tema di contratti a termine stipulati per esigenze sostitutive ai sensi dell’art. 1 d.lgs 368/2001, costituente diritto vivente ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale demandatole. Ed invero, è stato osservato che “il legislatore, prescrivendo l’onere di specificazione delle ragioni sostitutive per poter assumere lavoratori a tempo determinato, ha imposto una regola di trasparenza.
Ha precisato, cioè, che occorre dare giustificazione della sostituzione del personale assente con diritto alla conservazione del posto con una chiara indicazione della causa.
In tale prospettiva, il criterio della identificazione nominativa del personale sostituito è da ritenere certamente il più semplice e idoneo a soddisfare l’esigenza di una nitida individuazione della ragione sostitutiva, ma non l’unico. Non si può escludere, infatti, la legittimità di criteri alternativi di specificazione, sempreché essi siano rigorosamente adeguati allo stesso fine e saldamente ancorati a dati di fatto oggettivi.” “La giurisprudenza di legittimità, muovendo da tale assunto, ha preso solo atto della «illimitata casistica che offre la realtà concreta delle fattispecie aziendali» e ne ha desunto la necessità di tenere conto delle peculiarità dei molteplici contesti organizzativi ai fini dell’assolvimento dell’onere del datore di lavoro di specificare le esigenze sostitutive nel contratto di lavoro a tempo determinato.
In conseguenza, l’apposizione del termine per “ragioni sostitutive” è stata ritenuta legittima anche quando, avuto riguardo alla complessità di certe situazioni aziendali, l’enunciazione dell’esigenza di sopperire all’assenza momentanea di lavoratori a tempo indeterminato sia accompagnata dall’indicazione, in luogo del nominativo, di elementi differenti, quali l’ambito territoriale dell’assunzione, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni e il diritto alla conservazione del posto dei dipendenti da sostituire, che permettano ugualmente di verificare l’effettiva sussistenza e di determinare il numero di questi ultimi”. Ha osservato il Giudice delle Leggi che, a fronte di ipotesi di supplenza più complesse, quali quelle esaminate nelle sentenze della Corte di cassazione, sezione lavoro, nn.1576 e n. 1577 del 2010, “è stata data una lettura coerente con le decisioni di questa Corte”, atteso che i principi direttivi del d.Igs 368/2001 indicati della legge delega n. 472 del 2000, sono stati puntualmente osservati in coerenza con quanto affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, che esprimendosi sulla compatibilità comunitaria della normativa in oggetto (sentenza del 24 giugno 2010, in causa C-98/09), ha riconosciuto che un intervento del legislatore nazionale che elimini addirittura l’obbligo datoriale d’indicare nei contratti a tempo determinato, conclusi per sostituire lavoratori assenti, il nome di tali lavoratori e i motivi della loro sostituzione e prescriva, in sua vece, la specificazione per iscritto delle ragioni del ricorso a siffatti contratti, non solo è possibile, ma neppure viola (in linea di principio) la clausola della direttiva n. 8.3., che vieta una riduzione del livello generale di tutela già goduto dai lavoratori. Nell’ambito della stessa pronunzia della Consulta è stato, poi, affermato che non sussiste neppure la denunziata lesione dell’art. 3 Cost, non essendo ravvisabile alcuna discriminazione dei lavoratori subordinati assunti a termine per esigenze sostitutive da imprese di grandi dimensioni rispetto a quelli assunti alle dipendenze di piccole imprese, atteso che la diversa modulazione del concetto di specificità dell’esigenza di supplire a personale solo transitoriamente assente non dà luogo ad un regime giuridico differenziato in base alla dimensione aziendale del datore di lavoro (cfr. C. Cost. 107/2013 cit.).
Nello stesso senso, questa Corte si è, poi, più volte pronunciata, rilevando che i giudici di merito correttamente avevano accertato il numero dei contratti a termine stipulati in ciascuno dei mesi di durata del contratto a termine e lo avevano confrontato con il numero delle giornate di assenza per malattia, infortunio, ferie, ecc. del personale a tempo indeterminato, ravvisando congruo il numero dei contratti stipulati per esigenze sostitutive (v., da ultimo, proprio con riferimento al Polo Corrispondenza Lombardia, Cass. 15-12-2011 n. 27052, Cass. 16-12-2012 n. 27217).
2.1. Tanto premesso, la decisione impugnata non risulta conforme alle indicazioni del giudice di legittimità: la Corte territoriale, pur richiamando preliminarmente la necessità, al fine di valutare la specificità della causale “sostitutiva”, di avere riguardo alla avvenuta indicazione nella causale degli elementi ulteriori sopra indicati, ha nella sostanza omesso di fare conseguente applicazione di tale regola, che, come già detto, consente di ritenere assolta l’esigenza di specificità attraverso la indicazione degli elementi menzionati (ambito territoriale, luogo della prestazione lavorativa, mansioni dei lavoratori da sostituire, diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) (cfr., da ultimo, Cass. ord., n. 182/2016, Cass.3928/2015, 3695/2015, 32501/2015).
Disapplicando il “criterio elastico” dettato da questa Corte, ha quindi ritenuto generica l’ indicazione delle ragioni sostitutive contenuta nel contratto de quo.
Il primo motivo va pertanto accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi, successivi in ordine logico (il secondo riguardante la verifica in concreto della sussistenza delle ragioni indicate, il terzo concernente le conseguenze dell’ eventuale nullità del termine ed il quarto i relativi effetti economici).
3. L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’ appello di Milano, in diversa composizione, la quale provvederà attenendosi al principio sopra ribadito, statuendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
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