CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 5172 depositata il 16 marzo 2016
IVA – RIMBORSO – DICHIARAZIONE – PRESCRIZIONE – TERMINI
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 29 giugno 2009, notificata il 21 ottobre 2009, la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di M. A. , confermando l’annullamento dell’atto di diniego del rimborso IVA per l’anno d’imposta 1999.
II giudice d’appello premetteva in fatto che il contribuente aveva presentato la dichiarazione IVA per l’anno 1998, contenente l’esposizione “a rimborso” di un credito d’imposta pari 580 milioni di lire e di una ulteriore eccedenza di 55.812.000 di lire da utilizzare in compensazione nell’anno successivo. Sennonché nella dichiarazione per l’anno 1999, per errore, il credito verso l’erario era utilizzato nella minor misura di 35.812.000 di lire. L’ufficio, a fronte della domanda avanzata il 17 maggio 2005, aveva negato rimborso della ulteriore eccedenza di 20 milioni di lire, essendo decorso il termine biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art.21, co.2.
Riteneva, invece, il giudice territoriale che la domanda di rimborso fosse stata tempestivamente avanzata entro il termine decennale di prescrizione di cui all’art.2946 cod. civ. e che il credito d’imposta si fosse consolidato una volta decorsi senza rilievi due anni dalla presentazione della dichiarazione annuale e gli ulteriori tre mesi per l’esigibilità dei credito stesso.
II 19 dicembre 2009 l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico motivo; il contribuente, ritualmente intimato nel giudizio di legittimità (rei. not. 23-24-28.12.2009), non svolge attività difensiva.
Considerato in diritto
La difesa erariale sostiene, ai sensi dell’art.360 n.3 cod. proc. civ., che sia errata la sentenza d’appello laddove ritiene operante l’ordinario termine prescrizionale decennale (art.2946 cod. civ.), mentre anche per il diritto al rimborso dell’IVA varrebbe il termine decadenziale biennale di cui all’art.21 D.Lgs. n. 546 del 1992. II ricorso non è fondato.
Infatti, va data continuità all’orientamento – recentemente ribadito dalla sentenza di questa Corte n.6684 del 2 aprile 2015 – secondo cui, in tema di IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente – da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro relativo che configura formale esercizio del diritto – rispetto alla presentazione altresì dei modello apposito (VR), che costituisce – ai sensi dell’art.38-bis, co.1, D.P.R. n. 633 del 1972 – solo presupposto per l’esigibilità dei credito e, dunque, adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione dei rimborso.
Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall’art.21 D.Lgs. n. 546 del 1992, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art.2946 cod. civ. (coni. Cass. n.14070 del 2012 e n.20039 dei 2011). La soluzione prospettata, oltre ad essere assolutamente maggioritaria e oramai consolidata, è coerente con l’intero sistema fiscale delineato dalla giurisprudenza di legittimità, atteso che da tempo si afferma che l’esposizione di un credito d’imposta nella denuncia dei redditi fa sì che non occorra, da parte dei contribuente, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo Io strumento della rettifica della dichiarazione.
Sicché una volta che il credito si sia consolidato, l’Amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito dei contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale (conf. Cass. n. 14070 del 2012 e giurisprudenza ivi cit.).
E’ appena il caso di ricordare, che secondo le regole vigenti all’epoca della presentazione della dichiarazione IVA in questione, i rimborsi previsti nell’art. 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione del1a dichiarazione prestando, contestualmente all’esecuzione del rimborso e per una durata pari al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, cauzione ovvero fideiussione.
Inoltre gli stessi rimborsi possono essere richiesti, utilizzando apposita dichiarazione redatta su modello approvato con decreto dirigenziale contenente i dati che hanno determinato l’eccedenza di credito. In tal caso i rimborsi sono eseguiti entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione, che vale come dichiarazione annuale limitatamente ai dati in essa indicati. Infine, i medesimi rimborsi possono essere richiesti con apposita istanza, anche ai competenti concessionari della riscossione secondo le modalità stabilite dalla legge 30 dicembre 1991, n.413, art. 78, co.27 e seg..
Ciò conferma che l’eccedenza d’imposta si ha per azionata anche con la sola esposizione fatta in sede di dichiarazione annuale. Ad analoghe conclusioni si giunge anche riguardo all’armonizzazione della “sesta direttiva” (Cass n.6684 del 2015 e n.14070 dei 2012, cit.). Infatti, se è vero che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare l’osservanza degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, l’esatta riscossione dell’imposta e la prevenzione di frodi, tali misure però non possono mai eccedere gli obiettivi sopra indicati (v. C. giust. UE, dec. Ecotrade e Collee), posto che per il principio di neutralità il diritto al ristoro dell’IVA versata a monte è principio basilare dei sistema comunitario (cfr. C. giust. UE, dec. Molenheide e altri).
L’orientamento, al quale si dà ulteriore continuità, è stato seguito in altre numerose e costanti decisioni secondo cui, ai fini della manifestazione di volontà di ottenimento del rimborso, deve aversi riguardo al fatto che nella dichiarazione annuale può rinvenirsi l’esplicitazione di una tale volontà, il che sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza, sancito in via residuale (cfr. tra le tante Cass. n.7684, n.7685 e n.152291 del 2012; n.8813 e n.23755 del 2013; n. 2005 e n.3742 del 2014).
Dal rigetto dei ricorso non derivano conseguenze in punto di spese mancando attività difensiva dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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