CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 528 del 14 gennaio 2016
TRIBUTI – IVA – ACCERTAMENTO – BENE DI LUSSO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’agenzia delle entrate di Perugia emetteva a carico di M.C. un avviso di accertamento liquidando l’IVA ad aliquota ordinaria in relazione ad un acquisto di un cespite immobiliare sito in Comune di Perugia e rettificando le dichiarazioni in ordine al carattere non di lusso rese all’atto della compravendita. Secondo l’ufficio il bene era risultato di lusso in quanto comprendeva, come ricordato a pag.2 del ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate, un unico alloggio avente superficie utile superiore a mq.200, con esclusione di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto auto e una pertinenza scoperta di dimensioni superiori a sei volte l’area coperta.
La contribuente impugnava l’atto innanzi alla CTP di Perugia che lo annullava. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla CTR Umbria, con sentenza n. 134/2012/4, depositata il 10.7.2012.
Secondo la CTR non potevano rilevare, ai fini della volumetria dell’immobile, le superfici catastalmente classificate come soffitta poiché prive del requisito di abitabilità che il regolamento edilizio del comune di Perugia agganciava, quanto all’altezza minima, ad una misura superiore a quella riscontrata dalla perizia giurata.
Aggiungeva che l’immobile in questione aveva una superficie utile inferiore a mq. 200 “ed un rapporto inferiore a sei volte tra superficie coperta e quella scoperta, calcolata quest’ultima al netto della fascia di rispetto stradale”.
L’Agenzia delle entrate, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale ha resistito la parte intimata con controricorso.
La causa veniva rimessa alla pubblica udienza ritenendo non sussistenti i presupposti per la decisione ex art. 275 c.p.c. e all’udienza pubblica del 21.10.2015 veniva posta in decisione. L’Agenzia delle entrate ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 21 tab. A parte II, allegata al dPR n. 633/72, dell’art. 1 nota 2-bis della tariffa, parte I, all. A allegata al dPR n. 131/86 e dell’art. 5 del DM 2.8.1969. Lamenta che la CTR nell’escludere, ai fini del computo della superficie utile complessiva rilevante per il beneficio c.d. prima casa, i locali catastalmente classificati come soffitta, aveva disatteso i principi espressi da questa Corte che non consideravano rilevante la condizione di astratta abitabilità della superficie, invece valorizzando quello della concreta ed effettiva agibilità preordinata a scopi abitativi che nel caso di specie era pacifica.
Con il secondo motivo la parte ricorrente contestata il vizio di insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, rispetto al fatto controverso costituito dallo stato di abitabilità dei locali, aveva tralasciato di considerare che le superfici catastalmente indicate come soffitta erano di fatto utilizzate, ancorché prive della certificazione di abitabilità, come zona letto, in tal modo dovendosi computare ai fini della superficie utile complessiva.
La parte contribuente, costituitasi con controricorso e ricorso incidentale, ha eccepito l’infondatezza delle doglianze e, a monte, la loro inammissibilità, non avendo la ricorrente impugnato l’accertamento, parimenti compiuto dalla CTR, in ordine all’insussistenza dell’ulteriore requisito – previsto dall’art. 5 dm 2.8.1969 – circa l’esistenza di pertinenza di area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta. La M. ha altresì proposto tre motivi di ricorso incidentale.
Il ricorso principale è inammissibile e determina l’assorbimento del ricorso incidentale.
La CTR, come puntualmente evidenziato dalla parte contribuente, non ha sottoposto a censura l’affermazione del giudice di appello in ordine all’insussistenza del requisito che l’art. 5 DM 2.8.1969 affianca al fine di individuare il carattere di lusso di un’abitazione. Tale disposizione, infatti, qualifica come di lusso “Le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed eventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta”.
Orbene, la CTR, oltre a ritenere non computabile ai fini della superficie utile complessive le aree catastalmente adibite a soffitta, ha pure escluso, con autonoma ratio decidendi, il secondo requisito, ricalcolando l’area indicata dall’Ufficio in modo da escludere dal suo computo le fasce di rispetto, così confermando l’avviso espresso sul punto dai giudici di primo grado – come ha cura di ricordare la controricorrente a pag.9 del controricorso.
Appare evidente che l’omessa impugnazione di siffatta statuizione da parte dell’Agenzia, che ha appuntato le sue doglianze esclusivamente sulla questione relativa alla superficie interna accatastata come soffitta, rende inammissibile l’intera impugnazione, risultando ormai passata in giudicato la decisione che impedisce comunque di considerare sussistente uno dei due presupposti che l’art. 5 richiede per la sussistenza della qualifica di lusso di un immobile.
Non pertinente appare il richiamo della giurisprudenza della Cassazione in ordine all’alternatività dei requisiti previsti dagli artt. 5 e 6 del d.m. 2.8.1969 ai fini del riconoscimento del carattere di lusso, qui discutendosi unicamente della previsione di cui all’art. 5 – Le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta – rispetto alla quale l’Agenzia non ha impugnato la statuizione relativa alla superficie della pertinenza che non è alternativa rispetto alla quadratura della casa ma risulta aggiuntiva e necessaria per ritenere di lusso un bene.
Il ricorso principale va pertanto rigettato assorbito il ricorso incidentale.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore della controricorrente e ricorrente incidentale.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della controricorrente e ricorrente incidentale in euro 4.000,00 per compensi, oltre euro 100,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
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