CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 5333 del 21 marzo 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PORTALETTERE – POSTE – TRASPORTO DI EFFETTI POSTALI – INDENNITA’ – REQUISITI – CLAUSOLE CCNL – INTERPRETAZIONE
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di accoglimento della domanda di A.S. ed altri, dipendenti di P.I. quali portapacchi, volti ad ottenere l’indennità di cui all’art. 75, comma 5, del CCNL 26/11/1994 nella misura di ore 5 per ogni giorno di servizio e fino al 31/7/2000, epoca in cui il servizio era stato esternalizzato.
La Corte ha osservato che, in base all’art. 75 citato, i requisiti per avere diritto alla indennità ivi prevista era l’effettuazione di trasporto di effetti postali; l’utilizzo a tal fine di mezzi dell’ente; il trasporto da un comune ad un altro e che nella specie tali due ultimi requisiti erano pacificamente sussistenti.
Ha rilevato, inoltre, che l’interpretazione restrittiva proposta da P. secondo cui la norma si riferiva solo al personale viaggiante che durante l’itinerario tra più comuni esplicava attività riconducibile a prestazioni di carteggio e lavorazione degli effetti postali o di mero trasporto di effetti postali da comune a comune contrastava con la chiara espressione letterale della norma che si riferiva genericamente al” personale” e cioè a tutti i dipendenti che eseguono quel tipo di trasporto.
La Corte d’appello ha, poi, rilevato, che il trasporto e la distribuzione di pacchi non era tipologia diversa dalla raccolta, distribuzione e trasporto della corrispondenza e che entrambi rientravano nella nozione di trasporto di effetti postali, dizione usata nell’art. 75 del CCNL citato; che tale interpretazione trovava conferma nel libro II, Titolo II Capo III del dpr 156/1973 atteso che detto capo III conteneva “disposizioni comuni alle corrispondenze ed ai pacchi”; che la sezione I di tale capo III relativa ” al trasporto effetti postali ” all’art. 71 stabiliva l’obbligatorietà per i concessionari del trasporto degli effetti postali manifestando che entrambi, corrispondenza e pacchi, rientravano nella nozione di effetti postali.
Ha poi affermato che la diversa previsione di cui all’art. 63 del CCNL 2001 che riconosceva l’indennità solo al personale chiamato a prestare trasporto dei dispacci postali da comune a comune con automezzi della società era innovativa rispetto al precedente art. 75. Avverso la sentenza ricorre P. con 2 motivi.
Resistono i controricorrenti con controricorso e poi memoria ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione
Con il primo motivo P. denuncia violazione dell’art. 1362, 1363 in relazione all’art. 75 CCNL del 1994, al DM 4584/1982, all’art. 27 e 71 DPR n 156/1973, all’art. 63 CCNL P. 2001, all’art. 421 e 425 cpc (art. 360 n 3 cpc).
Rileva che l’art. 75 distingue tre categorie del personale in base alle mansioni svolte riconoscendo a ciascuna categoria una specifica indennità. Osserva che il comma 5 richiama il personale addetto al trasporto di effetti postali e non quello addetto al trasporto pacchi e che la diversa interpretazione accolta dai giudici di merito determina che il personale addetto al trasporto pacchi verrebbe a godere di una doppia indennità: quella del 3° comma e quella del 5° comma.
Deduce, ancora, che il recapito di pacchi è mansioni equiparabile a quella del portalettere in quanto i dipendenti consegnano ai destinatari i pacchi già lavorati e lo scambio avviene tra dipendente e cliente e che il trasporto di effetti postali è, invece, relativo a corrispondenza lavorata o semilavorata che viene scambiata tra uffici postali.
Osserva che la Corte di merito ha omesso di valutare le norme precedenti alla stipula del contratto collettivo in esame, il DM n. 4584/1982, e le circolari successive all’approvazione dello stesso ed interpretative dell’art. 75; a norma del DM citato il personale addetto al recapito dei pacchi era inquadrato nell’ex categoria operatori di esercizio mentre quello addetto a trasporto e consegna effetti postali era inserito nella categoria “operatori trasporti “e che le circolari n. 41 del 12/12/95 e n. 34 del 1998 effettuavano una chiara distinzione tra personale destinato al recapito pacchi e personale addetto ai servizi viaggianti.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione per non avere la Corte pronunciato sulle richieste istruttorie aventi ad oggetto l’accertamento delle differenti mansioni svolte dalle due categorie di personale, costituente un punto decisivo della controversia.
I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono fondati.
Deve, in primo luogo, rilevarsi che le mansioni, svolte dai lavoratori, quali descritte dalla Corte territoriale non hanno costituito oggetto di specifiche censure.
Può affermarsi, pertanto, che le mansioni consistevano nel prelievo e carico sui furgoni di pacchi postali presso il CMP sito nel comune di Sesto Fiorentino e nel recapito degli stessi nelle zone di rispettive competenze tutte poste nel comune di Firenze.
La Corte ha ritenuto che tale modalità di svolgimento delle mansioni consentiva di percepire l’indennità di cui all’art. 75 del CCNL 26/11/1994 (applicabile ratione temporis alla fattispecie) sussistendo i requisiti richiesti dalla norma: il trasporto di effetti postali, l’utilizzo di un mezzo dell’ente, il trasporto da un comune ad un altro.
La tesi accolta dalla Corte non è fondata.
Ritiene il Collegio necessario premettere che il mezzo d’impugnazione devolve, alla Corte, la denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, parificata, sul piano processuale, a quella delle norme di diritto.
Ciò comporta, in questa sede di legittimità, l’interpretazione delle relative clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. cod. civ.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento, da parte del giudice di merito, dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. In tali termini si è, recentemente, espressa questa Corte, con la sentenza del 19 marzo 2014 n. 6335, (e successive tra cui Cass. n. 26738/2014, n. 22362/2015, Ord. n. 71/2016) il cui orientamento viene dal Collegio condiviso e ribadito, in evidente discontinuità con il precedente insegnamento giurisprudenziale secondo cui l’interpretazione dei contratti collettivi di lavoro, in sede di legittimità, integrerebbe un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile dinanzi alla Corte di cassazione nella sola ipotesi di motivazione inadeguata, ovvero di violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c., sicché, per una corretta denuncia dei due profili, il ricorrente per cassazione dovrebbe fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi, in esse contenuti, precisando altresì in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. 15 aprile 2013, n. 9054; Cass. 15 aprile 2013, n. 9070; Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168).
Deve dunque ritenersi che, nel regime processuale speciale introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, applicabile ratione temporis, la denuncia di violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali accomuni questi alle fonti di diritto oggettivo, limitatamente al sindacato esperibile in sede di legittimità.
Ciò premesso va rilevato in primo luogo che l’esame integrale della disposizione di cui all’art. 75 del CCNL consente di distinguere, come correttamente evidenziato dalla ricorrente, tre categorie di lavoratori e cioè il personale addetto alla distribuzione dei telegrammi, degli espressi e delle corrispondenze, a cui si riferisce il n. 1 della norma; il personale addetto a varie attività tra cui quello addetto” al recapito pacchi”, di cui al punto 3 ed infine il personale addetto al servizio” di trasporto degli effetti postali da Comune a comune”. Con riferimento a detti tre tipi di compiti la norma collettiva prevede la corresponsione di distinte indennità.
Per quanto riguarda l’A. e gli altri lavoratori P. ha specificato di corrispondere l’indennità di cui al n. 3, circostanza questa non concretamente contestata dai lavoratori ma, anzi, essi non escludono l’ammissibilità della percezione di entrambe le indennità e cioè oltre quella di cui al n. 3 anche quella di cui al n. 5.
La tesi dei lavoratori, così come accolta dai giudici di merito, omettendo di valutare la norma nel suo complesso ed in particolare di interpretare le clausole le une per mezzo delle altre, ritiene di poter includere nella nozione di ” personale ” e di ” effetti postali ” utilizzata al n 5 dell’art. 75 anche il personale addetto al recapito di pacchi.
La norma tuttavia non consente tale assimilazione atteso che il comma 5 si riferisce non genericamente al personale, ma a quello addetto al” trasporto di effetti postali” , nozione che appare all’evidenza da distinguersi da quella del personale addetto al ” recapito pacchi “: nella prima l’attività distintiva è limitata al trasporto , mentre i lavoratori di cui è causa non si limitano a trasportare ma provvedono alla “recapito “ed cioè alla consegna dei pacchi ai clienti e dunque a loro deve applicarsi il n. 3 dell’art. 75 citato che si riferisce espressamente a coloro che svolgono tale attività.
I lavoratori insistono sulla nozione di effetti postali” evidenziando che con detta espressione può intendersi sia corrispondenza sia pacchi o quant’altro, ma tale precisazione, pur essendo sostanzialmente non censurabile, non vale ad accogliere la loro domanda atteso che ciò che differenzia l’ipotesi di cui al n. 3 da quella di cui al n. 5 consiste, come si è detto, nella prima, “il recapito” con la consegna al cliente, nella seconda, la mera attività di trasporto.
L’interpretazione offerta da P. risulta conforme al disposto della norma collettiva ed inoltre risulta anche logicamente corretto quanto affermato da P. secondo cui la clausola n. 3 si riferisce all’attività di consegna dei pacchi ai destinatari e dunque lo scambio avviene tra dipendente e cliente; mentre la n. 5 si riferisce al trasporto di “corrispondenza lavorata o semilavorata che viaggia in miscellanea e che viene scambiata tra uffici postali; essa è quindi in una fase anteriore a quella del recapito”.
L’ipotizzata ammissibilità, nella fattispecie in esame avuto riguardo alle mansioni in concreto svolte quali emergono accertate nella sentenza impugnata, della corresponsione di entrambe le indennità resta priva di qualsiasi fondamento contrattuale stante la diversità dei compiti, come prima riferito, svolti dall’A. e dagli altri litisconsorzi rispetto alla previsione di cui al n. 5 dell’art. 75 citato.
Quanto alle sentenze di questa Corte richiamate nella sentenza impugnata va rilevato che nelle stesse non risulta esaminata la questione oggetto del presente giudizio . Nella sentenza n 15811/2004 si afferma il diritto del lavoratore all’indennità di cui all’art. 75, n. 5, dal momento della partenza del mezzo di trasporto fino al momento del rientro nell’ufficio di appartenenza escludendo la correttezza della sentenza impugnata secondo cui l’indennità non fosse più dovuta dal momento in cui il mezzo condotto dal dipendente entrava nel territorio del comune ove questi prestava servizio ( principio applicato anche in Cass. n. 15068/2015 richiamata dai contro ricorrenti che attiene all’individuazione e misurazione del tempo nel quale spetta l’indennità di cui all’art. 75).
Per quanto attiene alla sentenza n 4668/2009 con essa è ribadito che l’indennità è dovuta dal momento della partenza del mezzo di trasporto fino al momento del rientro nell’ufficio di appartenenza e non già in considerazione del tempo medio di percorrenza da un comune all’altro.
Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa ai sensi dell’art. 384 cpc rigettando la domanda originaria dei ricorrenti con condanna dei predetti alla restituzione di quanto percepito a detto titolo in base alla sentenza del Tribunale) con gli interessi legali come per legge dalla data dei pagamenti.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali dei giudizi di merito avuto riguardo alla particolarità della questione trattata. Condanna i ricorrenti a pagare le spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda dei lavoratori e condanna i predetti controricorrenti alla restituzione di quanto percepito a detto titolo in base alla sentenza del Tribunale con gli interessi legali come per legge dalla data del pagamento;
compensa le spese processuali dei giudizi di merito e condanna i controricorrentii in solido a pagare le spese processuali del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre 15 % per spese generali e accessori di legge.
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