CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 5394 depositata il 18 marzo 2016
TRIBUTI – CONTROLLO AUTOMATIZZATO DELLA DICHIARAZIONE – CARTELLA DI PAGAMENTO – DUBBI SULLA CORRETTA LIQUIDAZIONE DELL’IMPOSTA – MANCATO INVIO PREVENTIVA COMUNICAZIONE D’IRREGOLARITA’ – NULLITA’ DELLA CARTELLA – SUSSISTE
Fatto
La società ricevette, in esito a liquidazione automatizzata della dichiarazione modello unico, ex art. 36-bis del d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 54-bis del d.P.r. 26 ottobre 1972, n. 633, una cartella di pagamento concernente omesse ritenute alla fonte e relativi interessi nonché interessi e sanzioni concernenti l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno d’imposta 2000.
La Commissione tributaria provinciale respinse il relativo ricorso proposto dalla contribuente e quella regionale ne ha rigettato l’appello.
Al riguardo, pur riferendo, nel richiamare sul punto la ricostruzione dei giudici di primo grado, della sussistenza di «alquanta confusione in ordine agli elementi fattuali», il giudice d’appello ha osservalo che l’omissione della comunicazione d’irregolarità non è sanzionata con la nullità, rimarcando altresì la piena consapevolezza della società dell’inadempimento dell’obbligo di versare l’imposta nel mese di maggio 2000 e l’inadempimento dell’onere, gravante sulla contribuente, di provare che nel maggio 2000 fosse maturato un credito iva da compensare col debito relativo a quel mese.
Avverso questa sentenza propone ricorso la società per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, che illustra con memoria a norma dell’art. 378 c.p.c.. cui il solo agente per la riscossione reagisce con controricorso, mentre l’Agenzia non replica.
Diritto
1.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., la società si duole della violazione degli artt. 54-bis, comma 3, del d.P.r. n. 633 del 1972 e dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, in relazione agli artt. 5 e 6, comma 2, della legge n. 212 del 2000. Sostiene sul punto la contribuente che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, i provvedimenti impositivi emessi in violazione dell’obbligo di comunicazione di irregolarità vanno sanzionati con la nullità, espressamente stabilita dal 5° comma dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente.
Il motivo è fondato.
Il comma 5 dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, ma soltanto «qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (v. Cass. n. 7536/2011; n. 795/2011; n. 26316/2010, diffusamente 25 maggio 2012, n. 8342): se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso.
1.1.- In questa cornice, al cospetto di «un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione», il comma 3 e dell’articolo 36- bis del d.P.r. 600/73 e dell’articolo 54-bis del d.P.r. 633/72, prevede l’invio di un’apposita comunicazione al contribuente.
Non vi è, dunque, identità delle due fattispecie, la seconda delle quali, ossia quella disciplinata dagli artt. 36-bis del d.P.r. 600/73 e 54-bis del d.P.r. 633/72, è di rilevanza minore rispetto alla prima. La distinzione è d’altronde evidente anche sul piano lessicale, essendo volta, l’instaurazione del contraddittorio preventivo contemplata dall’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente, a consentire a quest’ultimo di fornire «i chiarimenti necessari», la dove la comunicazione prevista dagli artt. 36-bis e 54-bis è indirizzata al fine di «…evitare la reiterazione di errori e…consentire la regolarizzazione degli aspetti formali».
Coerentemente, il legislatore, pur avendo ben presente la sanzione di nullità, espressamente comminata dall’art. 6, comma 5, legge n. 212/2000, allorquando è nuovamente intervenuto a novellare, nel 2005, gli artt. 36-bis e 54-bis, non l’ha prevista in caso di violazione delle prescrizioni di queste norme; il che induce a ritenere che si sia inteso limitare la grave sanzione di invalidità dell’atto impositivo esclusivamente alla ipolesi di “rilevante incertezza” sui dati esposti nella dichiarazione considerata dalla norma dello statuto dei diritti del contribuente (espressamente in termini, Cass. 22 aprile 2015, n. 8154).
1.2.- L’omesso invio della comunicazione d’irregolarità, incide, invece, sull’applicazione dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, la quale richiede che:
a – ci si trovi al cospetto di controllo automatizzato di dichiarazione;
b – sussistano i presupposti per la comunicazione d’irregolarità;
c – vi sia un pagamento entro trenta giorni dalla comunicazione delle somme che risultino dovute.
In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute c ridotto ad un terzo.
Là dove, va precisato, la statuizione della Corte (Cass. 12 febbraio 2013, n. 3366), secondo la quale l’interessato può comunque pagare.
per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notificazione della cartella, si riferisce con evidenza all’ipotesi, in cui, pur sussistendo i presupposti per la comunicazione d’irregolarità, essa non sia stata inviata al contribuente, al fine di consentirgli di fruire della riduzione.
2.- Il punto è, tuttavia, che, nel caso in esame, il giudice d’appello non mostra di dubitare che sussistesse il presupposto di fatto per l’insorgenza dell’obbligo dell’amministrazione di «…invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari…entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta», ossia la sussistenza di «…incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione», a norma del comma 5 dell’art. 6 della I. 212 del 2000: la Commissione, difatti, per un verso, riporla la «alquanta confusione» degli elementi di fatto e, per altro verso, insiste sulla circostanza che la comunicazione sarebbe stata spedita e che, in definitiva, il contraddittorio preventivo sarebbe stato instaurato.
3.- È, allora, errata la statuizione in diritto, secondo la quale l’omessa instaurazione del contraddittorio in queste ipotesi non sarebbe causa di nullità.
Espressamente il 5° comma dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente stabilisce, come visto, la nullità dei «provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma».
La norma è con ogni evidenza posta a presidio del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale, come ha già sottolineato la corte, costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass., sez.un., 29 luglio 2013, n. 18184; valorizzano la necessità di rispetto del contraddittorio procedimentale anche sez.un., 19 settembre 2014, n. 19667; discorre inoltre di nullità in caso di violazione del comma 5 dell’art. 6 della I. 212 del 2000 Cass. 14 gennaio 2011, n. 795).
4.- L’accoglimento della censura in diritto comporta la necessità della verifica in fatto, mancante in sentenza e rappresentata dalla contribuente col terzo motivo di ricorso, che censura il relativo vizio di motivazione, della circostanza, sul fatto controverso e senz’altro decisivo della spedizione della comunicazione preventiva, che la società, facendo leva sul contenuto del documento che riproduce in ricorso, assume di non aver ricevuto e, in relazione alla quale, il giudice d’appello si limita a riferire che la cartella impugnata ne conteneva menzione.
5.- Anche questo motivo va in conseguenza accolto, con assorbimento dei restanti, determinando la cassazione della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, anche per la regolazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.