CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 5406 depositata il 18 marzo 2016

ACCERTAMENTO – IVA – ACQUISTI FITTIZI DI AUTOMOBILI – SOCIETA’ “CARTIERE”

Ritenuto in fatto

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi, al quale il Centro S.A.C. SRL replica con controricorso corredato da memoria ex art. 378 cpc, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 182/35/11, depositata il 15.09.2011, che aveva confermato la sentenza di primo grado favorevole alla contribuente, con la quale erano stati annullati due avvisi di rettifica per IVA per gli anni di imposta 2004 e 2005, che aveva recuperato una maggiore IVA per avere la società posto in essere acquisti di automobili soggettivamente fittizi nell’ambito di una operazione finalizzata ad evadere l’IVA e che vedevano l’interposizione di alcune società che operavano come “cartiere”.

2. La CTR affermava che l’Amministrazione, per disattendere la contabilità della contribuente doveva produrre degli elementi indiziari e non limitarsi ad asserire che le operazioni erano fittizie, che nel caso in esame non aveva provato che le operazioni interposte erano soggettivamente fittizie, né aveva indicato indizi di coinvolgimento né di collusione della società verificata nelle anomalie fiscali riscontrate, mentre la parte privata aveva provato che le operazioni erano state realmente effettuate mediante la esibizione dei documenti contabili.

Considerato in diritto

1.1. Primo motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt. 54, 21 e 19 del DPR n. 633/1972, nonché degli artt. 2697 e 2729 cc (art. 360, comma 1, n.3, cpc).

Sostiene la ricorrente che la CTR erroneamente, dopo aver affermato che l’Amministrazione era gravata dell’onere della prova dell’inesistenza delle operazioni, oggetto di verifica, aveva sostenuto che detta prova doveva essere assolta con grado di certezza e che erano necessari ulteriori riscontri al fine assurgere a prova.

Chiedeva quindi che venisse affermato il principio per cui l’Amministrazione poteva provare il proprio assunto anche sulla base di un meccanismo presuntivo, sufficiente a determinare una inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

1.2. Secondo motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21, 23 e 28 del DPR n. 633/1972 (art. 360, comma 1, n. 3, cpc).

Sostiene la ricorrente che la CTR ha errato nel ritenere che per la configurazione della fattispecie contestata (operazione soggettivamente inesistente) fosse necessario fornire la prova di “una partecipazione attiva” alla frode del contribuente, laddove invece in detta fattispecie ricorre un difetto di inerenza cui consegue la non detraibilità dell’IVA.

1.3. Terzo motivo – Motivazione insufficiente in ordine a fatti decisivi per il giudizio (art. 360, comma 1, n.5, cpc). La ricorrente Agenzia si duole che su una serie di circostanze, specificamente addotte per comprovare la fittizietà della interposizione compiuta da N.G. e dalla società Intergarage SRL, gestita dal figlio di N.G., e dalle società A. SRL e DE.MA.PI nell’acquisto delle autovetture (il primo aveva dichiarato di svolgere attività di importazione di autovetture su richiesta delle concessionarie italiane, che provvedevano direttamente al ritiro delle autovetture presso il soggetto estero, specificando che spesso il prezzo era versato direttamente dall’acquirente al soggetto estero, ovvero era anticipato dall’acquirente allo stesso N.; la seconda era cliente principale proprio di N.G., la terza non aveva presentato alcuna dichiarazione per l’anno 2003 e per gli anni 2004 e 2005 aveva presentato solo il Mod. 760/U60 in perdita; la quarta dal 2003 non era legittimata ad emettere fatture poiché aveva cessato l’attività, chiudendo la partita IVA nell’anno precedente; tutte le autovetture acquistate da queste società erano state ricevute dalla società verificata senza alcun documento di trasporto) la CTR si era limitata ad esprimere un giudizio di sintesi assertivo. Lamenta altresì che la CTR abbia fondato la sua decisione solo sulla esistenza della documentazione contabile comprovante il pagamento, omettendo di indicare le ragioni per le quali aveva ritenuto non raggiunta la prova dell’evasione.

2.1. Il terzo motivo va esaminato in via preliminare, è fondato e va accolto; restando assorbiti i motivi primo e secondo.

2.2. Osserva la Corte che, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture ai fini IVA ed IRPEG, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, ovvero non è stata posta in essere tra i soggetti indicati nella fattura, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione anche in merito alla conoscenza ovvero alla conoscibilità della fittizietà delle operazioni da parte del cessionario/ committente che richiede la detrazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili e la sua mancanza di consapevolezza di partecipare ad un’operazione fraudolenta, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr. Cass. sent. n. 428/2015, n. 28683/2015, n.12802/2011).

2.3. Ciò premesso, non può revocarsi in dubbio che l’Amministrazione possa fornire la prova anche mediante presunzioni, come espressamente prevede, per l’IVA, il D.P.R. n. 633 del 1972, ,art. 54, comma 2 (analoga previsione è contenuta, per le imposte dirette, nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 39, comma 1, lett. d), e mediante elementi indiziari (cfr. Cass. 21953/07; Cass. 9108/12; 15741/12, in motivazione; 23560/12; 27718/13; 20059/2014; nello stesso senso C. Giust. 6.7.06, C- 439/04, C. Giust., 21.2.06, C-255/02; C. Giust. 21.6.12, C -80/11; C. Giust. 6.12.12, C- 285/11; C. Giust. 31.1.13, C-642/11).

2.4. Invero il giudice tributario di merito, investito della controversia avente ad oggetto l’atto impositivo, in applicazione dei predetti principi, avrebbe dovuto valutare la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l’atto medesimo, esaminandoli sia singolarmente sia nel loro complesso, ed esponendo adeguatamente l’esito di tale giudizio nella motivazione della sentenza e, successivamente, valutare gli elementi probatori a discarico offerti dalla contribuente.

2.5. Sotto questo aspetto, in via esemplificativa, possono essere valorizzati nel quadro probatorio, anche indiziario, che deve essere fornito dall’Amministrazione anche in merito alla presumibile assenza di buona fede del cessionario o committente, la circostanza che la prestazione non sia stata effettivamente resa dal fatturante, perché sfornito della, sia pur minima, dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione (cfr. Cass. n.5912/2010, Corte giust. 13 febbraio 2014, causa C-18/13), l’immediatezza dei rapporti (cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente) – a fronte di una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e ad una non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione (cfr. Cass. n. 6229/2013, n. 24426/2013, n. 25778/2014); la instaurazione di rapporti diretti tra il cedente/prestatore effettivo interponente ed il cessionario/committente, l’assenza di documenti di trasporto: si tratta infatti di utili elementi sintomatici, potenzialmente capaci di consentire al cessionario o committente di rendersi conto o, almeno, di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione. In tal caso, sarà – di conseguenza – il contribuente a dover provare, in applicazione di principi ordinari sull’onere della prova vigenti nel nostro ordinamento (art. 2697 c.c.), di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri, dovendosi altrimenti negare il diritto alla detrazione dell’IVA versata (Cass. 6229/13).

2.6. In questo contesto, la censura si rivela fondata.

2.7. Invero nel caso in esame, la CTR ha trascurato di considerare in modo puntuale i molti elementi prospettati dall’Amministrazione, ricordati sub 1.3. e ha risolto la sua motivazione in una forma assertiva, che non da conto delle valutazioni compiute sui molteplici elementi indiziari forniti dall’Amministrazione e non consente di cogliere l’iter logico/giuridico seguito.

3.1. Conclusivamente, il ricorso va accolto sul terzo motivo, assorbiti i motivi primo e secondo; la sentenza impugnata va cassata e va rinviata alla CTR del Lazio per il riesame alla luce dei principi prima espressi e per la puntuale motivazione sugli elementi costituenti il compendio probatorio esposto dall’Amministrazione finanziaria, sulle risultanze istruttorie complessive e sugli elementi a discarico offerti dalla ricorrente originaria, oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso sul terzo motivo, assorbiti i motivi primo e secondo;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in altra composizione per il riesame e per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.