CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 5489 del 18 marzo 2016
LAVORO – PREVIDENZA SOCIALE – ASSEGNO DI INVALIDITA’ – REQUISITO SANITARIO – DOMANDA – INSERIMENTO NELLE LISTE SPECIALI DEL COLLOCAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio e non infirmata dalla memoria della ricorrente.
2. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 2 gennaio 2013, respingeva il gravame svolto da P. G. (nata il 18.5.1937) avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere l’assegno di invalidità (richiesto all’INPS con domanda amministrativa del 23.4.1991).
3. Riteneva la Corte territoriale che, pur accertato, in sede di gravame, il requisito sanitario in epoca prossima al secondo semestre del 2000, allorquando l’assistita aveva compiuto 63 anni, non era risultato provato il requisito socio-economico nel periodo successivo alla presentazione della domanda amministrativa, almeno mediante una tempestiva richiesta d’iscrizione, risultando irrilevante l’iscrizione richiesta al collocamento ordinario in data 16 dicembre 2005, epoca in cui la stessa aveva ormai superato il sessantacinquesimo anno di età.
4. Avverso tale sentenza ricorre l’assistita deducendo, con un articolato motivo, vizio di legge per non avere la Corte territoriale ritenuto idonea a dimostrare la situazione di disoccupazione la produzione in giudizio di dichiarazione sostitutiva, nonché distinte certificazioni dell’Agenzia delle Entrate, e per non avere tenuto conto dell’inattuabilità della condizione per la richiesta di inserimento nelle liste speciali del collocamento, per aver compiuto 63 anni d’età.
5. L’INPS ha resistito con controricorso.
6. Il Ministero dell’economia e delle finanze si è costituito al mero fine di partecipare alla discussione orale.
7. Il ricorso è qualificabile come infondato, in continuità con l’orientamento già espresso da questa Corte (ex multis, Cass. nn. 3538/2015, 19833/2013, 9502/2012), secondo cui, in materia di assegno di invalidità civile, il requisito della incollocazione al lavoro, nello specifico contesto normativo che caratterizza il periodo di tempo tra l’entrata in vigore della L. n. 68 del 1999 e l’entrata in vigore della L. n. 247 del 2007 (come nella vicenda in oggetto), sussiste qualora l’interessato provi di non aver svolto attività lavorativa e di aver richiesto l’accertamento di una riduzione dell’attività lavorativa, in misura tale da consentirgli l’iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8 da parte delle commissioni mediche competenti a tal fine.
8. Così da ultimo, Cass. n. 3538/2015: «La norma base è costituita dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13.
9. Tale articolo è stato modificato nel 2007, ma la modifica non si applica ratione temporis al caso in esame, che deve essere deciso in base al testo previgente, che così recitava: “Ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74%, incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello stato ed a cura del ministero dell’interno, un assegno mensile di lire 12.000 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui allo articolo precedente”.
10. Oltre al requisito sanitario, si richiedeva, quindi, che il soggetto fosse “incollocato al lavoro”, tale intendendosi non chi fosse semplicemente disoccupato, ma il disabile che, essendo privo di lavoro, fosse iscritto o avesse chiesto di essere iscritto negli elenchi speciali per l’avviamento al lavoro, cioè avesse attivato il meccanismo per l’assunzione obbligatoria.
11. Tale disciplina è poi mutata, in quanto la normativa dettata dalla L. n. 482 del 1968 è stata totalmente modificata dalla L. n. 68 del 1999. Il cambiamento è molto incisivo e riguarda anche il caso in esame, essendo intervenuto sin dal 1999.
12. La L. del 1968 (con la quale si coordinava la legge sulla invalidità civile del 1971 nel suo testo originario) consentiva all’invalido di chiedere l’iscrizione negli elenchi mediante la presentazione di una domanda munita della necessaria documentazione attestante la sussistenza dei requisiti.
13. In questo contesto, l’incollocato al lavoro era l’invalido privo di occupazione che, mediante la presentazione della domanda di iscrizione negli elenchi, si era reso disponibile all’assunzione obbligatoria.
14. Ricostruendo il quadro normativo dell’epoca, le Sezioni unite affermarono: “Ai fini del diritto all’assegno d’invalidità previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, l’invalido è da ritenersi “incollocato al lavoro” non per effetto del mero stato di disoccupazione o non occupazione ma solo quando, essendo iscritto (o avendo presentato domanda d’iscrizione ai sensi della L. n. 482 del 1968, art. 19) nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio, non abbia conseguito un’occupazione in mansioni compatibili”. (Sez, U, Sentenza n. 203 del 10/01/1992).
15. La normativa sulle assunzioni dei disabili introdotta nel 1999 è più complessa, perché si può richiedere l’iscrizione negli elenchi previsti dalla L. n. 68 del 1999, art. 8 solo se è stata esperita una fase preliminare volta all’accertamento dei requisiti sanitari previsti dal primo comma dell’art. 1 (minorazioni che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, o situazioni analoghe previste dalle ulteriori lettere del medesimo articolo).
16. Per espressa previsione dell’art. 1, comma 4 il diritto ad accedere al sistema per l’inserimento lavorativo dei disabili (e quindi la possibilità di fare la domanda di iscrizione nelle liste) sorge solo dopo l’accertamento dei requisiti sanitari su indicati ad opera delle commissioni mediche previste dalla L. n. 104 del 1992, art 4.
17. Questa fase è stata pertanto definita “rigorosamente propedeutica” (Cass. 9502 del 2012). Se non viene esaurita, se la riduzione della capacità lavorativa non è stata accertata (L. n. 68 del 1999, art. 1, commi 1 e 4), il disabile non può chiedere l’iscrizione nelle liste.
18. E fino a quando non sia stato accertato il requisito sanitario il disabile non ha diritto di proporre la domanda per essere iscritto negli elenchi, perché quel diritto nasce solo a seguito dell’accertamento positivo della commissione.
19. Una domanda quando l’accertamento non è stato ancora effettuato sarebbe inutile per il disabile e dannosa per l’amministrazione, che dovrebbe esaminare e congelare istanze in parte destinate a non avere seguito.
20. L’assetto normativo su ricostruito, se applicato continuando a collegare il requisito della incollocazione al lavoro alla iscrizione negli elenchi o anche semplicemente alla domanda di iscrizione, comporterebbe un serio problema di compatibilità con i principi fissati dall’art. 38 Cost.
21. La Corte costituzionale ha ritenuto incostituzionali, sotto il profilo della ragionevolezza coordinato con i principi dell’art. 38 Cost., previsioni che fissavano la decorrenza di una prestazione previdenziale alla data del rilascio di un certificato, il quale può ritardare oltre i tempi tecnici occorrenti per l’accertamento, a causa di disfunzioni dell’apparato burocratico.
22. Il giudice delle leggi ha ritenuto che, quando all’atto della introduzione del procedimento amministrativo sussistono tutti i presupposti del diritto alla prestazione previdenziale, la durata del procedimento non deve andare a detrimento delle ragioni fatte valere con la domanda (Corte cost., sentenza n. 483 del 1995).
23. Nel caso in esame, il tenore delle disposizioni consente di operare una interpretazione che eviti il contrasto con i principi su richiamati, affermando, in conformità a Cass. 9502/2012, che, ai fini della sussistenza del requisito dell’incollocazione al lavoro, è sufficiente la prova della richiesta (non di iscrizione negli elenchi, ma anche solo) di essere sottoposto agli accertamenti medici da parte delle commissioni previste dalla L. n. 104 del 1992, art. 4 (che, nel sistema della L. n. 68 del 1999, sono condizione necessaria per poter chiedere l’iscrizione negli elenchi).
24. In conclusione, dall’entrata in vigore della L. n. 68 del 1999 sino a quando la L. n. 247 del 2007 non ha trasformato il requisito occupazionale (da incollocazione al lavoro in mera mancanza di occupazione), il disabile che richiede l’assegno d’invalidità civile deve provare non solo di non aver lavorato, ma anche di essersi attivato per essere avviato al lavoro nelle forme riservate ai disabili.
25. Questa attivazione, sino a quando le commissioni mediche competenti all’accertamento delle condizioni sanitarie per l’iscrizione negli elenchi non si sono pronunciate, può essere provata dimostrando di aver richiesto detto accertamento. Una volta che -invece – sia intervenuto l’accertamento positivo, la prova può essere data dimostrando di essere stato iscritto negli elenchi o quanto meno di aver richiesto l’iscrizione » (in tal senso Cass. n. 3538/2015).
26. Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha negato il beneficio preteso per difetto di allegazione e prova del requisito socio- economico dell’incollocazione al lavoro.
27. Né vale a scalfire la giurisprudenza richiamata la deduzione in merito all’età anagrafica dell’assistita all’atto del riconoscimento, in sede di gravame, della sussistenza del requisito sanitario, giacché lo stato di incollocazione al lavoro costituisce elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la cui allegazione e prova è a carico del soggetto richiedente (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4067/2002; 13967/2002; 14035/2002; 13046/2003; 13279/03; 13966/2003; 14696/2007; 22899/2011) e l’assistita (nata nel 1937), a fronte della domanda amministrativa del 23.4.1991, ben avrebbe potuto attivarsi per la richiesta di iscrizione nel lungo lasso temporale trascorso fra il denegato riconoscimento e la proposizione del ricorso giudiziario (in data 27 dicembre 2005, quando ormai era già ultrasessantacinquenne).
28. Infine, come osservato in Cass. n. 25800/2010, “secondo la giurisprudenza consolidata la prova dell’incollocamento al lavoro e del reddito per beneficiare delle prestazioni di invalidità civile non può essere data mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, essendo questa rilevante nei soli rapporti amministrativi ed invece priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale” (Cass. S.U. n. 5167/2003).
29. Ed inoltre, sul riferimento generalizzato, per tutti i soggetti protetti, uomini e donne, all’età lavorativa e alla rilevanza dell’età lavorativa, in luogo dell’età pensionabile, si veda, ex multis, Cass, nn. 9155 e 5085 del 2012.
30. In definitiva, il ricorso deve rigettarsi.
31. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo in favore dell’INPS, seguono la soccombenza, non sussistendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per l’esonero dal pagamento delle spese processuali, in relazione alla necessaria indicazione, fin dall’atto introduttivo del giudizio, dell’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma.
32. Nulla spese in favore della parte intimata che non ha svolto attività difensiva.
33. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
34. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, rilevare la sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).
35. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese in favore dell’INPS, liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali; nulla spese in favore del Ministero intimato. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quatcr, d.P.R. 115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,comma 1-bis.
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