CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 583 del 15 gennaio 2016
INFORTUNIO SUL LAVORO – LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – TRAUMA DA SCHIACCIAMENTO DELLA MANO SINISTRA – DANNO RISARCIBILE E ONERE DELLA PROVA
Il risarcimento del danno conseguente ad un comportamento illegittimo del datore di lavoro (nel caso di specie si tratta di danno risarcibile e trauma da schiacciamento della mano sinistra) può consistere sia nel danno patrimoniale, derivante dall’impoverimento delle capacità professionali acquisite dal lavoratore e/o dalla mancata acquisizione di maggiori capacità, dal pregiudizio subito per perdita di chance ossia di ulteriori possibilità di guadagno, sia in una lesione del diritto del lavoratore all’integrità fisica o, più in generale, alla salute ovvero all’immagine o alla vita di relazione (danno non patrimoniale in senso ampio). A causa, quindi, delle molteplici forme che tale danno può assumere si rende indispensabile una specifica allegazione in tal senso da parte del lavoratore che deve precisare quale tra questi danni ritenga di aver subito e fornire tutte le precisazioni necessarie al fine di pervenire alla prova del danno.
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FATTO
F.M. deduceva con ricorso al Tribunale del lavoro di Terni di essere dipendente della S. dal 15.9.2004 come operaio e con mansioni di addetto alle macchine e di avere subito il 21.3.2002 un infortunio sul lavoro con grave trauma da schiacciamento della mano sinistra, fratture multiple esposte ed amputazione traumatica del IV dito. L’INAIL in relazione al detto infortunio aveva accertato un danno biologico del 38% ed aveva costituito una rendita di euro 167.420,84 ( di cui euro 72.797, 63 per danno biologico ed euro 94.623,21 per danno patrimoniale). Il F.M. chiedeva la condanna del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. al risarcimento del danno differenziale costituito dall’ulteriore danno biologico, dal danno per invalidità temporanea ed assoluta, dal danno morale ed anche dal danno esistenziale. Si costituiva la società S. contestando la fondatezza della domanda. Interveniva in giudizio l’INAIL che esercitava l’azione di regresso per recuperare la somma di euro 182.063,20 erogata al lavoratore. Il Tribunale accertava che, in conseguenza dell’infortunio, il F.M. aveva riportato un trauma da schiacciamento della mano sinistra che aveva determinato una inabilità temporanea assoluta di gg. 150, una inabilità temporanea pari al 50% di gg. 70, un danno biologico del 45% ed un danno patrimoniale da invalidità permanente; accertava che la responsabilità dell’evento era esclusivamente della S. e determinava l’entità del danno in euro 176,303,00 per danno biologico, 7.500,00 per inabilità temporanea assoluta, euro 1.750,00 per inabilità temporanea relativa, euro 88.151,50 per danno morale, euro 52.890,90 per danno esistenziale, euro 123.628,80 per invalidità permanente in favore del ricorrente; attribuiva al F.M. l’intero danno morale e quello esistenziale e, a titolo di danno biologico differenziale euro 103,505,37 e euro 26.628,00 per danno patrimoniale, e così complessivamente euro 271.176,77, oltre accessori. La Corte di appello di Perugia con sentenza del 5.6.2006 rigettava l’appello della S., salvo il capo relativo al danno esistenziale. La Corte territoriale ricostruiva le modalità dell’incidente ed osservava che la responsabilità per l’incidente era da ascrivere alla datrice dì lavoro; alcuni testi avevano riferito che la macchina alla quale il lavoratore era intervenuto il giorno dell’incidente perché non funzionante anche prima dell’evento si fermava spesso; le indagini di P.G. avevano accertato che la macchina era difettosa e mal funzionanti i blocchi meccanici che, se correttamente inseriti, avrebbero potuto evitare l’incidente. Le disfunzioni alla macchina avevano portato in precedenza alla notifica di un verbale di contravvenzione poi pagato dalla S.. Il cattivo funzionamento dei blocchi meccanici era, pertanto, all’origine dell’incidente e sussisteva la violazione degli artt. 41 e 47 d.p.r. 547/1955 e dell’art. 35 d.lgs. 626/1994 nonché dell’att. 2087 c.c. Le testimonianze dei testi B. e V. non portavano all’esclusione della responsabilità della S. posto che tali testimonianze non escludevano affatto che i dispositivi di blocco meccanico, se funzionanti, avrebbero potuto evitare l’evento: alla stregua dei ricordati elementi era certa pertanto la responsabilità esclusiva del datore di lavoro. Circa la richiesta di danno differenziale biologico la Corte territoriale ricostruiva le novità intervenute con il d.lgs. 38/2000; l’avere il legislatore incluso il risarcimento per danno biologico nel danno risarcibile dall’INAIL non escludeva il risarcimento ulteriore per un eventuale danno biologico differenziale sul piano civilistico. I due danni non coprono, infatti, le stesse voci e gli stessi titoli risarcitori; quello liquidato dall’INAIL è una indennità, quello residuo differenziale è un risarcimento. Andava, invece, esclusa la voce relativa al danno esistenziale alla luce della giurisprudenza di legittimità che escludeva la ripetizione di voci di danno già liquidate a titolo di danno morale non patrimoniale. La motivazione sul punto della sentenza di primo grado era assolutamente insufficiente e generica e riferiva di una limitazione di attività ludiche, di sofferenze psicologiche subite a livello familiare, di un senso di mortificazione anche nelle relazioni di amicizia, ma già liquidate a titolo di danno morale. Veniva, quindi, esclusa la relativa somma di euro 52.890,90. Spettavano gli accessori trattandosi di un credito che mantiene il suo carattere di credito da lavoro. Non sussistevano ragioni di sorta per escludere l’azione di regresso dell’INAIL posto che si trattava di somme effettivamente versate al lavoratore.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il F.M. con due motivi; resiste la S. con controricorso che ha proposto anche ricorso incidentale con quattro motivi cui resiste con controricorso il F.M. e l’INAIL. Il F.M., la S. e l’INAIL hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
DIRITTO
Va preliminarmente esaminato il ricorso incidentale della S. che, atteso il contenuto, appare preliminare.
Con il primo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. con riferimento agli artt. 41 e 47 del d.p.r. 547/1955 e 35 del D. Lgs n. 626/94; nonché l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione.
Con il secondo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., nonché l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione.
Con il terzo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1208, 2087 e 2043 c.c. con riferimento all’art. 13 d.lgs. 38/2000, nonché l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione.
Con il quarto motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 11 d.p.r. 1124/1965, nonché l’omessa, insufficiente, contraddittoria ?motivazione.
I motivi vanno tutti dichiarati inammissibili in quanto non offrono il quesito di diritto e il cosidetto ” quesito di sintesi” per l’ipotesi di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.: “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omesso o controversa ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”) richiesti a pena di nullità dall’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis. la sentenza impugnata risulta depositata il 5.6.2009.
Con il primo motivo del ricorso principale il F.M. allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. Tutti i pregiudizi diversi dalle sofferenze soggettive e dalla lesione dell’integrità psico-fisica andavano risarciti in quanto conseguenza della violazione dei diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti. Il ricorrente aveva subito rilevanti danni già liquidati dai Giudice di primo grado conseguenti alle significative ripercussioni riportate a seguito dell’infortunio subito nel contesto familiare, sociale e lavorativo: tali danni andavano liquidati in aggiunta al danno morale ed al danno biologico.
Il motivo appare infondato. La sentenza impugnata parte correttamente dal noto arresto delle Sezioni Unite di questa Corte del 2008 (Cass. n. 26973/2008) che ha affermato il principio della tendenziale unicità della categoria del danno non patrimoniale con conseguente inammissibilità della sua suddivisione in varie “sottocategorie” che possono condurre ad una moltiplicazione delle voci di danno, tra cui in particolare quella per ” danno esistenziale”, liquidate in relazione alla medesima situazione di sofferenza individuale. La sentenza impugnata comunque richiama anche una giurisprudenza precedente (cfr. per questo orientamento Cass. n. 13549/2006, Cass. n. 6572/2006 ; Cass. n. 2546/2007) che ammette, invece, la risarcibilìtà di plurime voci di danno non patrimoniale purché allegate e provate nella loro specificità e quindi non automaticamente liquidate in via cumulativa in relazione allo stesso evento. Tale tendenza giurisprudenziale, soprattutto in materia di lavoro, sembra in via di consolidamento posto che realizza una ragionevole mediazione tra l’esigenza di non moltiplicare in via automatica le voci risarcitorie in presenza di lesioni all’integrità psico- fisica della persone che hanno tratti unitari e che possono essere globalmente valutati e quella di valutare la possibile incidenza dell’atto lesivo su aspetti particolari che attengono alla personalità del “cittadino- lavoratore” protetti non solo dalle fonti costituzionali interne, ma anche da quelle internazionali e comunitarie (segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). Tuttavia è pacificamente onere del lavoratore provare che un particolare e specifico aspetto della sua personalità ed integrità morale (anche dal punto di vista professionale) non sia stato già risarcito a titolo di danno morale che, nel caso in esame, è già stato liquidato; altrimenti si ricadrebbe nella prassi già stigmatizzata con la richiamata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte del 2008 e si verrebbe a duplicare (o addirittura triplicare) l’entità del danno morale risarcibile senza un obiettivo e razionale fondamento. Ora la Corte territoriale ha osservato che la sentenza di primo grado aveva liquidato le somme attribuite per danno morale e per danno esistenziale in relazione alle medesime sofferenze patite dal lavoratore ed accertate in istruttoria e cioè al ridursi drastico di attività ludiche, con grave contraccolpo psicofìsico ed un senso di mortificazione nel contesto familiare nel contesto familiare, degli amici e del lavoro, portando cosi ad una duplicazione del danno risarcibile. La motivazione appare pertanto corretta, logicamente coerente e conforme alla giurisprudenza di questa Corte più aperta all’ipotesi di liquidazione di più voci di danno morale (in presenza dei rigorosi presupposti fattuali e probatori prima ricordati). Il motivo appare generico ed anche diretto ad una ” rivalutazione del fatto”, come tale inammissibile in questa sede. Le allegazioni di cui al motivo per cui in seguito all’infortunio il ricorrente avrebbe diminuito le attività sportive e l’attività relazionale e le altre circostanze ivi indicate non sono risolutive avendo la Corte territoriale accertato che per tali circostanze è già stato liquidato un risarcimento a titolo di danno morale.
Con il secondo motivo si allega l’insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La motivazione della sentenza impugnata non dimostra che tutti i danni non patrimoniali subiti siano stati risarciti.
Il motivo va dichiarato inammissibile per mancanza del quesito “riassuntivo” previsto a pena di nullità dall’art. 366 bis c.p.c. In ogni caso circa la questione dell’avvenuto o meno risarcimento de! danno non patrimoniale valgono le considerazione prima svolte.
Stante la reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità tra il F.M. e la S.. La S. va condannata al pagamento delle dette spese, liquidate come al dispositivo, nei confronti dell’INAIL avendo richiesto (pag. 56 del ricorso incidentale) il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti dall’INAIL o la loro riduzione nei limiti di giustizia.
P.Q.M.
La Corte:
riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente in via principale e quello in via incidentale. Condanna la S. al pagamento in favore dell’INAIL delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi, nonché in euro 5.000,00 per compensi oltre accessori come per legge.
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